Legge sull’accesso alle informazioni: salvezza o condanna per i giornalisti?
L’omicidio del giornalista slovacco e della sua fidanzata ha a che fare molto probabilmente con l’accesso alle informazioni. Non è raro infatti che le istituzioni che ricevono una richiesta di accesso alle informazioni informino immediatamente chi è oggetto dell’inchiesta giornalistica
(Originariamente pubblicato dal portale di giornalismo investigativo OCCRP , il 12 marzo 2018)
Non appena pubblicata l’ultima inchiesta del loro collega assassinato, il reporter slovacco Jan Kuciak, i suoi colleghi giornalisti si sono concentrati su un’altra importante questione: perché è stato ucciso? E come hanno fatto i suoi assassini a sapere che stava lavorando ad un’inchiesta su di loro?
La prima risposta è semplice. Kuciak e la sua fidanzata sono stati uccisi nella loro casa a fine febbraio da uno o più sicari professionisti. La polizia e i colleghi ritengono che il movente dev’essere stata un’inchiesta a cui stava lavorando o aveva lavorato. Giornalisti e polizia hanno una lista di sospettati e l’indagine è in corso.
La seconda domanda è molto più problematica e la probabile risposta è inquietante: la persona o le persone che hanno ordinato l’uccisione di Kuciak potrebbero aver appreso che stava lavorando ad una storia su di loro a causa di una fuga di notizie da parte di funzionari pubblici. L’origine della soffiata, ritengono i colleghi, potrebbe essere una delle richieste fatte nell’ambito della legge sulla libertà di informazione: uno degli strumenti più preziosi a disposizione dei giornalisti.
Kuciak lavorava presso Aktuality.sk , il principale portale di notizie in Slovacchia. In collaborazione con il Progetto inchieste su criminalità organizzata e corruzione (Organized Crime and Corruption Reporting Project – OCCRP ), stava indagando sulle infiltrazioni della ‘ndrangheta nel suo paese. Stava seguendo alcuni indizi che lasciavano intendere che del denaro delle imposte UE sarebbe finito nelle mani della ‘ndrangheta attraverso i sussidi agricoli che Bruxelles aveva assegnato alla Slovacchia. Aveva anche trovato una serie di collegamenti problematici tra funzionari slovacchi a vari livelli, specialmente nel partito di governo SMER, e le famiglie italiane con legami con la mafia calabrese. Stava anche indagando su problemi di corruzione in altre agenzie statali.
Kuciak aveva ottenuto molte delle informazioni necessarie per queste inchieste grazie alla legge sulla libertà di informazione (FOI). Infatti, all’età di 27 anni, era considerato uno dei giornalisti più prolifici ed esperti del paese quando si trattava di presentare tali richieste. Aveva anche esperienza con le banche dati pubbliche in Slovacchia.
La funzione fondamentale delle leggi sulla libertà di informazione (FOI o leggi sull’accesso alle informazioni), che esistono nella maggior parte dei paesi UE, è quella di garantire che i cittadini siano informati sulle attività del loro governo. Questo è considerato vitale per il funzionamento di una società democratica. Ma i giornalisti, per usufruire di queste leggi, spesso devono identificarsi presso gli uffici governativi a cui richiedono informazioni.
Secondo il capo-redattore di Kuciak, Marek Vagovic, che dirige il dipartimento investigativo di Aktuality.sk, Jan era generalmente molto bravo nel gestire le informazioni sensibili.
"So quanto fosse attento alla sicurezza", ha dichiarato a OCCRP. "Tutte le sue bozze, annotazioni e prove erano criptate. Ecco perché penso che le informazioni siano state divulgate dalla polizia, dai pubblici ministeri, dai tribunali o dagli impiegati a cui ha inviato richieste di informazioni comunicando i suoi dati personali, come il suo indirizzo".
Per peggiorare le cose, nelle sue richieste Kuciak tendeva a includere molti dettagli sulle inchieste a cui stava lavorando, nella speranza di aumentare le possibilità di ottenere le informazioni. Secondo Vagovic, questo avrebbe reso le cose ancora più facili per gli assassini.
"Le istituzioni a cui Jan si è rivolto potevano vedere ciò a cui era interessato e che cos’altro sapeva, e rivelare queste informazioni agli interessati".
Kuciak aveva presentato decine di richieste FOI relative alla sua ultima inchiesta presso varie agenzie statali come catasto, agenzie agricole, pubblici ministeri e tribunali. In alcune aveva fornito il proprio nome e indirizzo anziché quello del datore di lavoro.
L’OCCRP ha contattato alcune delle agenzie a cui Jan aveva richiesto informazioni, ovvero l’Agenzia per i pagamenti agricoli della Slovacchia, che gestisce le sovvenzioni dell’UE, l’ufficio del pubblico ministero a Trebisov, a est di Bratislava, il tribunale regionale di Bratislava e SEPAS, l’agenzia energetica slovacca.
Tutte hanno negato di aver condiviso informazioni sulla richiesta del giornalista con i soggetti interessati. Tuttavia, sebbene il giornalista OCCRP avesse fatto solo domande sulle regole e procedure generali, la maggior parte degli intervistati ha immediatamente chiesto se le domande fosse relative al caso Kuciak, negando qualsiasi coinvolgimento.
Questo non ha convinto Vagovic o altri avvocati contattati da OCCRP.
"Dicono che nella parte orientale della Slovacchia tutto è incredibilmente interconnesso", ha detto Vagovic.
Un problema più ampio
Kuciak non è l’unica persona in Slovacchia le cui informazioni personali potrebbero essere state divulgate ai soggetti coinvolti in un’inchiesta.
Chi fa uso della legge dice che i soggetti coinvolti nelle inchieste sono soliti venire a conoscenza delle relative richieste FOI. Boris Stancl, un avvocato di Bratislava, afferma che una delle sue richieste FOI è stata condivisa con la persona interessata e un’altra ha avuto una conclusione ancora più insolita. Dopo aver presentato una richiesta, Stancl aveva chiamato l’agenzia chiedendo se l’avessero ricevuta. Alla fine della telefonata, l’agenzia gli ha chiesto se le informazioni sarebbero state usate a favore o contro il soggetto, un influente funzionario. Quando Stancl ha risposto "contro", il funzionario dell’agenzia sembrava sollevato. "Ok, buona fortuna, e le manderò tutte le informazioni richieste", ricorda Stancl.
Secondo i giornalisti, si tratta di un problema generale in Europa e nei paesi limitrofi. Diversi partner dell’OCCRP hanno ricevuto chiamate da persone su cui stavano indagando o da funzionari che li scoraggiavano dal continuare la ricerca di informazioni.
Ad esempio, l’Agenzia anticorruzione serba ha la prassi di informare chi è oggetto della richiesta di informazioni e chiedere il consenso a fornire tali informazioni. Secondo Stevan Dojčinović, direttore del KRIK (un partner dell’OCCRP), i registri delle imprese e il catasto del paese hanno fatto trapelare informazioni a soggetti di inchieste, compromettendo non solo le indagini, ma anche la sicurezza dei giornalisti.
Allo stesso modo, in Montenegro, i giornalisti del partner di OCCRP MANS stavano indagando sullo sviluppo di hotel in aree protette intorno alla città costiera di Perast quando hanno ricevuto una chiamata da una persona che chiedeva perché stessero esaminando i suoi affari. Aveva ottenuto i loro contatti dal ministero della Cultura, che lo aveva messo al corrente della richiesta.
In un altro caso, i reporter di MANS avevano presentato richieste di atti pubblici riguardanti persone legate al contrabbando di sigarette. Anche in questo caso, queste persone li hanno contattati dopo essere state informate dalle istituzioni a cui erano state presentate le richieste.
Casi del genere si sono verificati anche nei paesi UE.
Nel corso di un’inchiesta sul traffico di rifiuti condotta dal Progetto di Reporting Investigativo in Italia (IRPI), i giornalisti hanno ricevuto telefonate intimidatorie da contrabbandieri che li invitavano a "smettere di ficcare il naso nei loro affari".
I contrabbandieri avevano ricevuto numeri di telefono, indirizzi, date di nascita ed estremi dei documenti dei giornalisti dagli uffici destinatari delle richieste di informazioni. In Italia, le persone hanno il diritto di appellarsi alla decisione di fornire informazioni su di loro, sebbene gli uffici possano decidere di farlo comunque. Tuttavia, se l’ente pubblico non rispetta le norme sulla protezione dei dati, a questo punto i soggetti dell’indagine potrebbero già disporre dei dati sensibili dei giornalisti.
Fornire queste informazioni è sbagliato, dicono gli esperti.
"Costringere coloro che richiedono informazioni a identificarsi mina questo diritto fondamentale e può mettere chiaramente in pericolo la vita dei giornalisti investigativi", ha affermato Helen Darbishire, fondatrice e direttrice di Access Info Europe , un controllore della libertà di informazione.
"Non si può permettere che accada di nuovo", ha sottolineato. "L’Unione europea deve stabilire degli standard che garantiscano la protezione delle identità dei richiedenti".
Non vi è alcun obbligo specifico dell’UE che impegna gli stati membri ad adottare le leggi sull’accesso alle informazioni. Tutti i paesi UE, ad eccezione del Lussemburgo, hanno leggi simili, che variano però enormemente in termini di qualità. La maggior parte non affronta specificamente la questione della protezione del richiedente. La maggior parte richiede i dati del richiedente. Se le informazioni richieste riguardano una terza parte, l’ente pubblico può notificare tale persona o società, ma le leggi sulla protezione dei dati dovrebbero garantire che il nome del richiedente sia protetto. Tuttavia, la mancanza di disposizioni esplicite a tutela dell’identità dei richiedenti ha portato le singole agenzie a sviluppare le proprie prassi. Una soluzione migliore, dicono gli esperti, è consentire le richieste anonime.
Per Jan Kuciak e la sua fidanzata è troppo tardi. Tuttavia, i suoi colleghi chiedono maggiore chiarezza e protezione.
"Sarebbe un vero crimine se un burocrate di basso livello avesse ucciso il nostro collega", ha dichiarato Drew Sullivan, redattore capo di OCCRP. "A questo equivarrebbe presentare la sua richiesta di informazioni a uno dei gruppi criminali più pericolosi del mondo, confezionata in un pacchetto regalo con il suo nome e indirizzo. È tutto ciò che serve ad un killer professionista".
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