Tipologia: Notizia

Area: Romania

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LECA, coesistere con i grandi carnivori nei Carpazi e in Europa

I grandi carnivori tornano a popolare sempre più aree naturali del Vecchio continente: un successo per la conservazione degli ecosistemi, ma anche causa di conflitti con la popolazione. La convivenza si costruisce armonizzando leggi, buone pratiche e conoscenze scientifiche. Il progetto Interreg LECA si muove in questa direzione

11/07/2023, Marco Ranocchiari -

LECA-coesistere-con-i-grandi-carnivori-nei-Carpazi-e-in-Europa

Se il rapporto con i grandi carnivori è un tema antico quanto l’uomo, ogni paese l’ha declinato in maniera diversa. Da quando si è passati da politiche più o meno dure di persecuzione alla stretta protezione, sotto l’ombrello di Convenzioni internazionali come quella di Berna per la Conservazione della vita selvatica e in Europa della Direttiva Habitat, la situazione è cambiata. Eppure, nonostante le dichiarate unità di intenti, una gestione condivisa resta un miraggio.

Le foreste dei Carpazi ospitano la maggiore popolazione di orso bruno del continente (intorno agli 8000 esemplari), tra le più numerose di lupo (oltre 4000 individui) e circa 2500 linci dei Carpazi, una sottospecie della lince euroasiatica. Un’oasi di biodiversità fondamentale, eppure messa a rischio dagli elevati tassi di deforestazione, dal bracconaggio ancora diffuso e da una percentuale ancora relativamente bassa di aree protette. Se nel settore orientale, soprattutto in Romania, la presenza dei carnivori è un fatto dato quasi per scontato, lo stesso non può dirsi per i paesi a ovest della catena. In Polonia, Slovacchia, Repubblica Ceca le discrepanze nella gestione rischiano non solo di esasperare problemi e conflitti con gli umani, ma di compromettere nel lungo termine il ritorno di specie fino a pochi anni fa quasi scomparse.

Per queste ragioni lo scorso aprile è stato lanciato LECA (Supporting the coexistence and conservation of Carpathian LargE CArnivores ), un progetto triennale nell’ambito del programma Interreg Central Europe, coordinato dall’Università Mendel di Brno, dal budget di 2,93 milioni di euro, finanziati all’80% dal Fondo Europeo di Sviluppo Regionale. Fino al marzo 2026 i paesi aderenti (Repubblica Ceca, Slovacchia, Polonia, Ungheria, Ucraina e Romania) più la Slovenia, unico partner esterno ai Carpazi, lavoreranno per armonizzare il monitoraggio e la gestione di lupi, linci e orsi e prevenire i conflitti con le attività umane.

Il monitoraggio

"I grandi carnivori non conoscono confini, e le loro popolazioni si spostano tra più paesi. Perciò la coesistenza a lungo termine non è possibile senza la cooperazione internazionale", commenta Martin Dul’a, ricercatore dell’università di Brno e coordinatore del progetto.

Il primo passo, spiega il ricercatore, è armonizzare il monitoraggio e la raccolta di dati scientifici. "Abbiamo bisogno di prendere decisioni basate sulle evidenze scientifiche. Servono procedure armonizzate per contare e osservare i comportamenti dei carnivori su tutti i lati dei confini. Solo con questi dati potremo agire sulla prevenzione dei conflitti".

Gli esperti hanno scelto di concentrarsi su quattro aree pilota transfrontaliere, dedicate in maniera prioritaria alle diverse specie. Sui monti Kysucké Beskydy, tra Slovacchia e Repubblica Ceca, si studierà il lupo, in stretta collaborazione con gli esperti del servizio forestale della Slovenia.

Un’area dei monti Tatra condivisa tra Polonia e Slovacchia sarà invece dedicata all’orso bruno, questa volta con il contributo della Romania, paese che ospita la più grande popolazione di plantigradi in Europa.

Le altre due – la zona dei monti Bieszczady tra Slovacchia, Polonia e Ucraina, e una che comprende il "Carso Slovacco", tra Slovacchia e Ungheria – saranno dedicate alla lince.

Per il monitoraggio del lupo gli esperti cechi e slovacchi lavorano insieme al Servizio forestale della Slovenia, paese che vanta una lunga esperienza nella gestione dei grandi carnivori e in cui i danni causati dal lupo, nonostante una popolazione in aumento, sono in diminuzione da alcuni anni.

"Useremo i radiocollari per ottenere i dati dell’espansione delle popolazioni che dall’area dinarica colonizzano quella alpina, per poi confrontarli con quelli del Kysucké Beskydy", spiega da Lubiana la ricercatrice Vesna Mihelič Oražem. "In una fase successiva lavoreremo sulle misure concrete di prevenzione e sull’educazione, in modo da collegare il programma educativo con il lavoro nelle aziende agricole".

Coppia di lupi © Mikhail Semenov/Shutterstock

Coppia di lupi © Mikhail Semenov/Shutterstock

Gestione dei conflitti ed emergenze

Se l’opinione diffusa è che il conflitto sia ovunque in aumento, si legge sulla pagina ufficiale del progetto, in realtà non si sa nemmeno se ciò sia dovuto all’aumento delle popolazioni dei carnivori o semplicemente al fatto che i dati finora non sono stati raccolti in maniera omogenea.

Quando si pensa ai rischi per l’incolumità umana, in Europa è sicuramente l’orso bruno a primeggiare, con oltre 300 aggressioni negli ultimi vent’anni.

"L’orso crea tensioni con allevatori e apicoltori, ma la possibilità di attacchi alle persone pone il conflitto su un altro livello rispetto agli altri carnivori", commenta Dul’a. "A volte chi vive nelle immediate vicinanze delle foreste e i turisti sono spaventati e preferiscono evitare di recarsi nei boschi. Pensano che gli orsi siano ovunque".

Anche qui, per lo studioso, l’importante è mantenere un approccio basato sui fatti e agire sulla comunicazione. "Gli orsi generalmente evitano le persone. Le probabilità di incontro aumentano in alcuni periodi dell’anno come la stagione degli amori, tra la primavera e l’inizio dell’estate, in cui i maschi sono particolarmente attivi. Le femmine invece, a volte, scelgono aree di prossimità con i villaggi, per evitare che i maschi si imbattano nei cuccioli. Ma queste cose dobbiamo spiegarle". Con i comportamenti corretti, spiega, il rischio di aggressioni cala enormemente.

L’area di maggior conflitto è quella dei Monti Tatra, in particolare sul versante slovacco, dove nel 2021, per la prima volta dall’indipendenza del paese nel 1993, ha avuto luogo un attacco mortale. "Se analizziamo i dati il numero degli attacchi non appare aumentato in modo significativo. Ci sono alcune fluttuazioni principalmente legate alla stagione dell’accoppiamento degli orsi, e anche alla presenza o meno di gruppi specifici di persone come i cacciatori e chi lavora nelle foreste".

Anche se il progetto è incentrato sulle aree occidentali dei Carpazi, per la coesistenza con l’orso il team si avvale della collaborazione della Romania. Tra sforzi riusciti di conservazione e dall’altro lato, il maggior numero di attacchi nel continente, in nessun altro paese la coesistenza con il plantigrado è tanto radicata.

"Siamo stati scelti come aree di riferimento sulla base delle nostre numerose esperienze, sia positive che negative, con i grandi carnivori. Esperienze che si sono declinate in vari progetti relativi al miglioramento della tolleranza delle persone, nella prevenzione e nel controllo del bracconaggio", spiega Radu Mot, dell’ong romena Zarand. "Su piccola scala, rispecchiamo molte delle situazioni che si verificano oggi, o che potrebbero verificarsi in futuro, non solo nei Carpazi occidentali ma nel resto d’Europa".

Anche la gestione delle emergenze cambia da paese a paese. "In Slovacchia abbiamo una squadra speciale di emergenza che si occupa degli orsi problematici, e anche in Polonia sui monti Tatra c’è anche un gruppo ufficiale di intervento sugli orsi", spiega Dul’a, ma a livello transnazionale mancano però procedure condivise. Anche se a differenza di quanto avvenuto recentemente in Trentino, commenta lo studioso, la polarizzazione dell’opinione pubblica è attenuata dal fatto che in tutti i paesi partner gli esemplari "problematici" vengono rimossi (cioè, quasi sempre, abbattuti) senza tanto clamore mediatico.

Per quanto riguarda il lupo, il pericolo di aggressioni agli umani è praticamente nullo, ma non si può dire lo stesso per l’allevamento, in particolare nelle aree a più recente colonizzazione, dove si è persa l’abitudine a proteggere adeguatamente il bestiame.

"Gli animali al pascolo sono cibo troppo facile per i lupi. L’adozione di misure preventive come recinti elettrici e cani da guardiania è per ora del tutto insufficiente. E poi c’è il conflitto con i cacciatori, poiché ci si contende le stesse prede. Il conflitto si fa sentire soprattutto in Repubblica Ceca e in Slovacchia, dove la gestione venatoria della selvaggina è molto intensiva, con un numero enorme di riserve di caccia, soprattutto per gli ungulati".

Alla competizione, in teoria, concorrono anche orsi e linci, ma le evidenze stanno dimostrando in modo sempre più inequivocabile che il contributo del plantigrado è marginale e quello della lince trascurabile. "Pur rientrando tra i grandi carnivori, ci stiamo accorgendo che il conflitto con la lince è bassissimo".

Tenere sotto controllo il conflitto con le attività umane non è solo fondamentale per tutelare le attività degli umani che vivono in montagna, in aree spesso svantaggiate, ma anche per prevenire il bracconaggio, ancora dilagante in molti settori della catena. Il fenomeno, spiega lo studioso, rappresenta oggi nei Carpazi il fattore più limitante per le popolazioni dei grandi carnivori.

Esemplare di lince nella foresta slovacca © Tomas Hulik ARTpoint/Shutterstock

Esemplare di lince nella foresta slovacca © Tomas Hulik ARTpoint/Shutterstock

Sguardo europeo

Un altro grande tema che i partner si troveranno ad affrontare sono i prelievi, "in deroga" alle leggi che li proteggono, di un certo numero di esemplari. Lo scopo, in teoria, è quello di tenere sotto controllo le popolazioni e quindi le occasioni di conflitto. Nella pratica i paesi partner adottano criteri completamente differenti con esiti che si propagano ben oltre i confini.

In Slovacchia, per esempio, tra il 2000 e il 2009 sono stati abbattuti legalmente oltre 70 orsi, e fino al 2021 ogni anno sono stati uccisi circa otto esemplari di lupo, a prescindere da una valutazione dello stato di salute della popolazione, e questo ha influito negativamente sul ritorno della specie in Repubblica Ceca.

"Il problema va ben oltre i Carpazi e riguarda anche i paesi alpini", commenta Rok Černe del Servizio Forestale sloveno. "E questo crea problemi di accettazione. È difficile convincere gli allevatori che una specie non si può toccare mentre giusto oltre la frontiera avviene il contrario. Tutti i paesi dovrebbero prendersi le stesse responsabilità nel mantenere popolazioni stabili di carnivori, anche se naturalmente è necessario tenere conto della specificità delle situazioni".

Andare oltre i confini dei Carpazi è presente nel progetto sin dalle fasi iniziali. Dopo aver testato sul campo i diversi approcci e le diverse misure di prevenzione, i partner di progetto prepareranno delle linee guida armonizzate che condivideranno con altre realtà.

"Vorremmo condividere le esperienze e i risultati, compresi gli eventuali riscontri avversi, e replicare le buone soluzioni a livello nazionale e transnazionale", spiega Dul’a. "Non solo con i paesi che aderiscono alla Convenzione dei Carpazi, ma anche quella delle Alpi, oltre che con gruppi di scienziati o istituzioni di nazioni, come l’Italia, che si trovano in questi anni ad affrontare il grande tema della coesistenza".

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