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L’Azerbaijan e la libertà del web: oltre le verità ufficiali

Per le autorità in Azerbaijan Internet è libero e di piena libertà godono anche la stampa e gli altri media. E’ questo il mantra continuamente ripetuto in patria e nei consessi internazionali. Ma cosa vi è oltre questa scintillante facciata?

20/12/2013, Arzu Geybullayeva -

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Nel suo discorso introduttivo al “Terzo forum umanitario di Baku”, tenutosi nell’ottobre di quest’anno, il presidente azero Ilham Aliyev si è soffermato con orgoglio su come l’Azerbaijan abbia sviluppato rapidamente le sue tecnologie riguardanti Internet.

Ha parlato dell’esistenza di un web e di media “completamente liberi”, assicurando la platea che “qualsiasi pressione governativa su questo sia assolutamente fuori discussione”.

E’ vero, l’Azerbaijan ha fatto molta strada dai primi anni post-indipendenza per quanto riguarda le competenze tecnologiche. E non è per questo sorprendente che sia stato proprio l’Azerbaijan, l’anno scorso, ad ospitare l’Internet Governance Forum (IGF) un incontro annuale promosso dalle Nazioni Unite per discutere questioni pubbliche legate ad Internet.

Quindi sembrerebbe tutto bene, anche per quanto riguarda un recente lancio di un satellite e l’avvio di sviluppi infrastrutturali.

Ma se si va oltre la facciata delle dichiarazioni positive e piene di promesse fatte dal presidente sul fatto che il mondo di Internet e dei media in Azerbaijan è totalmente libero e privo di qualsiasi pressione da parte del governo, la storia che affiora è un’altra. E parla di un passato pieno di violazioni. La verità, là fuori, è infatti radicalmente diversa.

Falsa libertà

Tornando al 2012, quando l’Azerbaijan ha orgogliosamente aperto le proprie porte al 7mo International Internet Governance Forum vi era molta speranza che l’ospitare un evento di tale portata internazionale avrebbe impattato sulla comprensione del governo dell’importanza del garantire libertà di Internet e dei media, a tutti i livelli, e nello spingere il paese verso le necessarie riforme.

Sfortunatamente nulla di tutto questo è avvenuto. Alla nausea è stato ripetuto dai rappresentanti governativi che nel paese non vi era alcuna problematica relativa a rispetto dei diritti umani, libertà dei media o questioni relative alla libertà di Internet. Paradossalmente, mentre 1500 delegati internazionali partecipavano ai lavori del forum, almeno 8 giornalisti e 3 attivisti per i diritti umani erano in prigione, per non menzionare i ragazzi e le ragazze che erano incarcerate solo per qualcosa che avevano postato on-line.

Un anno dopo la stessa storia si è ripetuta in occasione dell’ottavo Internet Governance Forum, tenutosi a Bali, Indonesia. Una sessione aveva per titolo “L’open forum del governo dell’Azerbaijan apre ponti: l’eliminazione del digital divide” e raccoglieva un panel di persone che la pensavano tutte allo stesso modo, si lodavano a vicenda, commentavano la mutua amicizia; tutto questo piuttosto che porre in luce questioni effettivamente rilevanti in Azerbaijan.

Questa situazione affabile è stata interrotta da una domanda dalla platea sulla tutela dei diritti in Azerbaijan e sugli interventi repressivi da parte del governo. “Posso tranquillamente dire che non vi sono violazioni rilevanti dei diritti umani o della libertà di parola in Azebaijan” ha risposto Nariman Hajiyev, un rappresentante azero presso le Nazioni Unite. Ai tempi di questa dichiarazione 9 giornalisti, due bloggers e due attivisti per i diritti umani erano detenuti per aver espresso le loro opinioni on-line.

Un recente rapporto pubblicato dall’Institute for Reporter’s Freedom and Safety (IRFS) in Azerbaijan ha descritto la libertà millantata dal governo come “falsa”, sottolineando il dilemma che si trova ad affrontare l’Azerbaijan: da una parte sta espandendo i settore dell’information technology, dall’altra teme le implicazioni che questo progresso potrebbe avere.

“Il nostro rapporto evidenzia come la situazione è peggiorata dopo l’International Global Internet Forum dello scorso anno” afferma Emin Huseynov fondatore ed alla guida dell’IRFS “uno degli sviluppi negativi è stato l’estensione delle conseguenze penali della diffamazione anche ai contenuti on-line, per non nominare l’intensificazione degli arresti di attivisti per i diritti umani e di chi si batte per la libertà d’espressione”.

“Chi ancora ha il coraggio di praticare il proprio diritto d’espressione lo fa a suo rischio e pericolo” scrive in una propria riflessione sulla libertà d’espressione il blogger azero Ali Novruzov “dal punto di vista prettamente tecnico Internet è libero […] ma in realtà vi sono molti ostacoli politici e sociali che impediscono che quella libertà venga goduta".

"Quello che avviene nel nostro paese è che si può esercitare la libertà d’espressione, ma a proprio rischio e pericolo. E come se questo fosse scritto su un contratto invisibile prima che ciascuno apra il suo browser. Sei libero di condividere, come attivista, materiale critico on-line ma poi le conseguenze sono serie e sei da solo ad affrontare le dura risposta delle autorità che tentano di controllare Internet e schiacciare il dissenso”, sottolinea Novruzov.  

Ma il governo dell’Azerbaijan non concorda. Tra il 3 ed il 5 dicembre scorso il paese ha ospitato il primo Regional Internet Governance Forum. Nei giorni dell’evento il giornalista d’opposizione Natig Adilov è stato convocato presso la sede centrale della polizia di Baku dove gli è stato chiesto conto di alcune sue posizioni espresse su Facebook. Qualche settimana prima Altay Goyushov, professore universitario, è stato licenziato dall’Università pubblica di Baku sembrerebbe per il suo attivismo on-line e il blogger Rashad Ramazanov è stato condannato a nove anni di carcere per “traffico di droga”. Poco dopo il Regional Internet Governance Forum una corte di Baku ha condannato il direttore di un portale locale di informazioni on-line, Nijat Aliyev, a dieci anni di carcere per “possesso di droga”. E la lista potrebbe continuare.

Dove sta la verità?

E allora dove sta la verità? Nelle parole dei funzionari di stato che affermano non vi siano problemi o nell’alto numero di arresti e nei rapporti che denunciano la grave violazione dei diritti umani? Secondo l’indice di democrazia 2012 redatto dall’Economic Intelligence Unit’s (EIU) l’Azerbaijan è al 139mo posto al mondo tra i 167 paesi monitorati (non lontano dalla Cina) con un punteggio di 3.15. Freedom House lo classifica come un paese “non libero” nel suo rapporto annuale titolato “La libertà nel mondo”.

Vi è certamente un limite di quanto la realtà possa essere camuffata e nascosta. Soprattutto in questi anni in cui le innovazioni per quanto riguarda le nuove tecnologie e una sempre maggiore crescita del mondo di Internet rendono possibile che vi sia sempre un modo per i sostenitori della libertà d’espressione di postare un aggiornamento, mandare un tweet, superare le restrizioni e circumnavigare l’oscuramento dei siti.

Il governo dell’Azerbaijan da molta importanza alla propri reputazione e immagine all’estero ma per tutelarla non basta ospitare forum e conferenze internazionali, non bastano le dichiarazioni vuote e la distorsione dei fatti. Forse è arrivato il tempo di rendersi conto che di verità, là fuori, ce n’è veramente poca.

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