L’autodeterminazione di Albin Kurti
Lo storico leader del movimento studentesco kosovaro degli anni novanta, oggi è alla guida del movimento civile "Autodeterminazione", impegnato in azioni di massa a favore dell’autodeterminazione del Kosovo. Un’intervista
Con la loro ultima azione, volta a chiedere la cessazione dell’UNMIK, i giovani del movimento "Vetevendosje!" (Autodeterminazione), nato il 12 giugno 1995, non hanno avuto paura di scrivere con lo spray sulle macchine dell’UN la parola FUND, che in albanese significa appunto "Fine".
Ma questa non è la prima parola creata col prefisso UN, c’erano già state: UNMIKistan, UNMIKolonialismo, UNMIK-Armik (nemico) TUNG che vuol dire "Ciao", grosso modo tutte con accezioni negative e denotanti quanto sia indesiderata la missione delle Nazioni Unite.
Ormai lo slogan "No negotiation, self-determination" si trova in tutto il Kosovo. Gli attivisti del movimento "Vetevendosje!" sono guidati da Albin Kurti, storico leader delle proteste studentesche del 1997 contro l’allora regime serbo, finito poi nelle carceri della Serbia. Come un tempo, quando era studente, Kurti cerca di portare per le strade migliaia di persone, per far sapere alla comunità internazionale che la volontà del popolo è assoluta e che finalmente la gente deve ottenere la libertà. Sembra un movimento rivoluzionario, ma privo di violenza. Durante le loro azioni gli attivisti spesso sono vittime della repressione della polizia.
Lo definiscono un movimento anticolonialista, una comunità di persone che rifiutano di essere soggiogate, una generazione che intende realizzare l’autodeterminazione del Kosovo e prevenire il progetto di decentralizzazione in atto. Le parole del suo leader.
Oltre alla sensibilizzazione della società, dove volete arrivare con le azioni "No negotiations, Self-determination"?
Desideriamo far crescere le adesioni al movimento per le proteste e la partecipazione alle dimostrazioni che abbiamo in programma. Queste proteste saranno condotte per lungo tempo se sarà necessario, fino alla realizzazione del nostro intento. Che altro non è che l’autodeterminazione del Kosovo. Sono sei anni che l’UNMIK è detta "provvisoria", ma senza un termine di scadenza che indichi quando se ne andrà dal Kosovo. Noi pensiamo che questo termine debba coincidere con l’esercizio del diritto all’autodeterminazione del Kosovo, espresso mediante un referendum. Prima si fa, meglio è. Noi siamo nella fase di preparazione, e nel frattempo facciamo delle azioni. Abbiamo anche un giornale che si chiama "Autodeterminazione" e una trasmissione radiofonica che si chiama "Confronto" .
Perché il movimento "Vetëvendosje!" protesta contro i negoziati per il Kosovo?
I politici del Kosovo dicono continuamente stupidaggini, sostengono che grazie a questi negoziati il Kosovo diverrà indipendente. Dire che negoziando con la Serbia vincerà l’indipendenza del Kosovo è pura idiozia e demagogia. È logico che sin dall’inizio dei negoziati l’indipendenza è esclusa come possibilità. La Serbia vuole proprio questo, negoziare per lo status di autonomia territoriale per i serbi del Kosovo e proprio per questo la decentralizzazione è il progetto più pericoloso per il Kosovo. Questo non è strano, se le richieste del politici del Kosovo sono per avere più competenze, che sembrano le richieste per migliorare le condizioni dentro una prigione. La Serbia vuole il territorio, come è stato per la Croazia e la Bosnia. In Bosnia ha vinto la Republika Srpska. I negoziati hanno un significato se sono svolti tra parti uguali, mentre la Serbia, che è uno stato, non è nella stessa posizione del Kosovo, che invece è considerato una provincia della Serbia.
Noi non dobbiamo negoziare con la Serbia per la nostra casa; la libertà non è negoziabile, non può essere negoziabile il futuro di un popolo, per di più con quello che è il suo nemico da secoli. L’autodeterminazione è la compensazione morale minima per le ingiustizie subite.
Ho l’impressione che la decisione riguardante l’indipendenza del Kosovo dipenderà dall’equilibro di forze delle grandi potenze e dai loro interessi. Cosa fa il vostro movimento se questi fattori decideranno di concedere l’indipendenza condizionata per il Kosovo?
Proprio per questo stiamo creando una legittimità fuori dalle istituzioni e quando riusciremo ad organizzare le proteste di massa, la firma per lo status sarà inutile, senza valore. Perché loro non rappresentano il popolo, che invece sarà nelle strade per protestare contro di loro. Se la nostra fortuna dovesse dipendere dai consensi e dagli equilibri delle grandi potenze, allora non credo che il Kosovo diventerà mai indipendente e sovrano. Alla fine, anche l’atteggiamento delle grandi potenze dipende dal nostro atteggiamento e dalla nostra determinazione. Noi siamo contro ogni soluzione che non sia basata sulla volontà del popolo, pertanto anche contro l’indipendenza condizionata. Quest’ultima intende che il primo atteggiamento dei kosovari sia di scendere al livello della indipendenza condizionata, che altro non è che una fase verso l’autonomia. Nello stesso tempo cerca di far giungere all’orecchio delle gente questa parola, come è stato fatto con le parole status, negoziati e compromesso. Noi faremo di tutto per prevenire ogni soluzione basata su compromessi.
Lei parla in nome della volontà del popolo. Lo stesso dicono anche i politici kosovari. Perché pensate di essere diversi da loro?
Quando un politico del Kosovo chiedeva l’indipendenza negli anni ’90, si basava sulla volontà del popolo del Kosovo, confermata con il referendum del settembre 1991. Con l’arrivo dell’UNMIK, quel referendum non viene più riconosciuto. La storia di un popolo è inclusa nelle sue istituzioni, ma in Kosovo non è così. L’UNMIK, come ogni amministrazione colonialista, considera il tempo a partire da se stessa e nega il passato. Per l’UNMIK il Kosovo era una terra nulius.
L’autodeterminazione non è per i politici del Kosovo, ma per il Popolo. Noi cerchiamo di allontanare il caso del kosovo dalla sfera di influenza di 4 -5 politici corrotti. L’autodeterminazione è il principio del processo di disintegrazione della ex – Jugoslavia. Ma la maggiore differenza è che i politici continuano a parlare di indipendenza, ma lavorano al compromesso con la Serbia
Voi pensate di essere riusciti a convincere i cittadini delle vostre idee?
Noi non stiamo cercando il voto dei cittadini e non stiamo nemmeno chiedendogli di seguirci. Abbiamo detto continuamente di essere loro stessi. Che la loro volontà, che attualmente viene violata, è sopra ogni cosa. Non è facile per noi, ci dobbiamo confrontare con un intero sistema che controlla ogni cosa: la politica, la diplomazia, le forze armate, il budget, i media, le ONG. Il nostro movimento non è ancora al livello che vorremmo, ma senza dubbio stiamo crescendo ogni giorno.
Perché non avete il supporto della classe politica kosovara alle vostri azioni?
Per le leadership dei partiti politici la situazione attuale è in accordo con i loro interessi. Vivono bene e hanno molto privilegi. Lo stesso vale anche per i funzionari dell’UNMIK, che oltre ad una regia antidemocratica ha anche altre caratteristiche dell’amministrazione colonialista. Per i principali politici del Kosovo, che operano dentro le istituzioni di questo sistema, la maggior preoccupazione è la sopravivenza politica e sociale, compreso pure il sistema stesso che gli garantisce i benefici di cui godono. Loro sono obbedienti e servili con l’UNMIK e con l’amministratore Petersen.
Di quanti membri è composto il movimento "Autodeterminazione"?
Attualmente la nostra rete ha circa 10mila membri che sono strutturati nei 16 centri di "Vetevendosje!" sparsi in tutto il Kosovo. La metà di questi centri dispone anche di uffici. Tutte cose date dalle gente, come dona per il nostro lavoro.
Lei ha detto che se il Kosovo non riuscirà a diventare indipendente, organizzerete proteste con tutta la popolazione. Che tipo di cambiamenti porteranno queste proteste secondo di voi?
Le proteste creeranno la necessaria legittimità fuori da questo sistema politico e da queste istituzioni. La discordanza tra la volontà del popolo e il sistema politico, che sempre è stato ingiusto, diventerà insopportabile. La polarizzazione politica e il conflitto democratico senza violenza cambieranno la situazione.
Quante persone del vostro movimento sono state arrestate e come spiega una tale reazione della polizia?
A cominciare dal 12 giugno di questo anno, fino ad ora sono stati arrestati 166 attivisti del movimento "Autodeterminazione". La polizia è sempre più impaziente, perché lo è anche l’UNMIK. Questo perché da una parte si stanno preparando per i negoziati, per il compromesso con la Serbia, e per la realizzazione del processo di decentralizzazione, e dall’altra parte perché per questi cattivi progetti è necessario sconfiggere tutto il popolo. Certo non è facile per noi, ma faremo di tutto per fare sì che la loro impresa risulti impossibile. La violenza della polizia contro di noi è stata sempre ordinata dai capi della SHPK (Kosovo Police Service) e anche loro sono agli ordini della polizia dell’UNMIK. La polizia e il potere giudiziario sono parte della I Colonna dell’UNMIK, sono parte del regime e lo strumento della sua politica. Per di più secondo il Regolamento 1999/1 dell’UNMIK, in Kosovo sono valide le leggi della Serbia, approvate fino al 24 marzo 1999. Noi siamo stati arrestati e condannati secondo la legge del 1981 relativa all’ordine pubblico della Provincia Autonoma Socialista del Kosovo. È chiaro di quale legge si parla. Inoltre in ogni sistema democratico non c’è la legge sopra la politica, ma viceversa. In Kosovo non esiste il dominio delle legge, ma degli ordini arbitrari della gente di potere.
Certo, le auto dell’UNMIK sono proprietà dell’UNMIK, ma sono nel posto sbagliato (non credo che per loro esista un posto giusto!) Però, per il Kosovo sono molto più nocive queste macchine, che il nostro atto simbolico di scrivere la parola F-UN -D (fine) con lo spray.
Cosa pensi della condizione, ormai accettata senza esitazioni dalla classe politica kosovara, che non ci sarà alcuna unione con l’Albania?
Loro lo hanno accettato in modo di piacere alla comunità internazionale. I politici credono che se ripudiano l’unione nazionale con l’Albania, crescerà la possibilità di ottenere l’indipendenza. Ma questo non è vero, perché con queste istituzioni e questi processi politici è impossibile ottenere l’indipendenza. Negoziare vuol dire compromesso, decentralizzazione e frammentazione del Kosovo.
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