L’alleato storico ha deluso l’Armenia, ma sostituirlo è difficile
La lunga alleanza di Yerevan con Mosca è diventata sempre più insignificante, come dimostra l’inazione della Russia nel recente conflitto con l’Azerbaijan. Tuttavia, non è chiaro quali siano le alternative a disposizione dell’Armenia
(Pubblicato originariamente su OC Media il 23 settembre 2022)
Dopo gli attacchi azeri all’Armenia del 13 settembre, il Presidente della Russia, Vladimir Putin, si è limitato a dichiarare che "qualsiasi conflitto tra stati a noi vicini ci preoccupa seriamente". Sebbene ciò sia in linea con le espressioni di "profonda preoccupazione" proferite dagli organismi internazionali, per gli armeni le sue parole e le sue azioni sono state decisamente insufficienti.
L’Armenia ha sottoscritto un patto difensivo bilaterale con la Russia ed è anche membro dell’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva (OTSC), un’alleanza militare simile alla NATO tra sei stati post-sovietici, tra cui la Russia. L’articolo 4 del trattato OTSC stabilisce che un attacco a un membro sarà considerato un attacco a tutti e obbliga gli altri membri a fornire supporto militare.
In questo contesto, gli armeni speravano comprensibilmente in un sostegno più sostanzioso, dato che l’Azerbaijan, per la prima volta nella storia post-sovietica dei due paesi, ha attaccato l’Armenia all’interno dei suoi confini riconosciuti a livello internazionale – conquistando territori, bombardando 36 insediamenti e lasciando 207 soldati armeni morti o dispersi.
Ma le parole miti di Putin e il suo rifiuto di nominare l’aggressore in un conflitto che è costato circa 300 vite umane – su entrambi i lati del confine – sono state in realtà molto coerenti con i pregressi della Russia e della OTSC nel partenariato con l’Armenia.
Nonostante il duplice vincolo russo a fornire assistenza militare all’Armenia, tutto ciò che è stato dato sono raccomandazioni su come "normalizzare" la situazione, la promessa che la OTSC avrebbe inviato una missione conoscitiva e, naturalmente, "seria preoccupazione" espressa pubblicamente.
Il punto di rottura
Per molti armeni questa è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Sia il governo che la popolazione hanno rotto il protocollo e hanno iniziato a denunciare pubblicamente le carenze del loro principale "alleato strategico", un alleato che sembra non fare nulla che meriti questo titolo.
Il Segretario del Consiglio di Sicurezza ha dichiarato che Yerevan non aveva "alcuna speranza" che la OTSC fornisse assistenza militare all’Armenia, mentre gli armeni sono scesi in piazza per protestare.
Specularmente all’inazione della Russia, gli Stati Uniti hanno mostrato un impegno senza precedenti e inaspettato nel conflitto. Sono stati gli Stati Uniti a mediare il cessate il fuoco, il Segretario di Stato americano Antony Blinken ha mantenuto i contatti con i leader dell’Azerbaijan e dell’Armenia nei giorni di tensione successivi all’armistizio e, infine, ancora Blinken ha organizzato il primo incontro tra i ministri degli Esteri dei due paesi, meno di una settimana dopo lo scoppio dei combattimenti.
Altrettanto degna di nota è stata la visita a Yerevan della presidente della Camera degli Stati Uniti Nancy Pelosi – il terzo funzionario più alto in grado degli Stati Uniti – pochi giorni dopo gli scontri.
Il coinvolgimento degli Stati Uniti nel conflitto ha fatto sperare a molti armeni e commentatori stranieri che fosse imminente un cambiamento storico nella politica estera dell’Armenia. Alcuni si sono spinti a suggerire che l’Armenia dovrebbe aderire alla NATO e all’UE, rifiutando una volta per tutte l’alleanza con la Russia.
Queste speranze di un rapido allontanamento dall’alleanza con la Russia sono comprensibili, ma è improbabile che si concretizzino a breve. Anche se dovesse verificarsi, è improbabile che tale cambiamento sia del tutto positivo per l’Armenia, poiché il paese porta con sé l’eredità di trent’anni di colonizzazione russa.
200 anni di truppe russe
Sebbene la rabbia nei confronti della Russia sia salita a livelli mai visti in Armenia a memoria d’uomo, con numerose proteste anti-russe e anti-OTSC che hanno avuto luogo dopo la guerra, è probabile che sciogliere gli stretti legami del paese con Mosca si riveli nel migliore dei casi doloroso.
La completa rottura dei legami con la Russia significherebbe liberarsi delle truppe russe di stanza in Armenia, una presenza militare che persiste nel paese da oltre due secoli.
Insediatesi per la prima volta in Armenia nel XIX secolo, le truppe russe non hanno lasciato il paese dopo il crollo dell’Unione Sovietica, a differenza che in altri paesi del Caucaso meridionale. Alla fine del 1993, circa 9.000 effettivi di truppe russe erano di stanza in basi militari armene.
Nel 2022, i numeri rimangono più o meno gli stessi: la Russia ha almeno 10.000 soldati all’interno dei confini riconosciuti a livello internazionale dell’Armenia, tra cui circa 4.500 guardie di frontiera e circa 5.000 truppe a Gyumri.
Le guardie di frontiera sono per lo più dislocate lungo i confini tra Armenia e Turchia e tra Armenia e Iran, per un totale di 375 chilometri. I restanti 5.000 operano dalla base militare del Cremlino a Gyumri, con il permesso di stazionare in Armenia per almeno altri 22 anni, e la possibilità di un’ulteriore estensione.
Se le truppe russe si ritirassero dall’Armenia, il confine tra Armenia e Turchia rimarrebbe senza protezione. L’esercito armeno, notevolmente indebolito dalla guerra del 2020, avrebbe enormi difficoltà a presidiare i confini e a rimanere pronto a gestire il rischio concreto di conflitti di frontiera con l’Azerbaijan o addirittura di una guerra su larga scala.
Inutile dire che se l’Armenia dovesse chiedere la partenza delle truppe russe senza avere un altro alleato internazionale a garantire la sua sicurezza, gli eventi potrebbero concludersi tragicamente per il paese. Tenendo conto dell’ulteriore dipendenza economica dell’Armenia dalla Russia, la decisione di mantenere o meno stretti legami con il suo stato partner non è una decisione che l’Armenia può prendere con leggerezza.
Mantenere la pace nel Nagorno Karabakh
Quando nel 2020 si è svolta la seconda guerra del Nagorno Karabakh, i paesi occidentali si sono mantenuti distanti dal conflitto, non impegnandosi attivamente per porre fine alla guerra o per normalizzare le relazioni tra i due paesi. Questo ha dato alla Russia ampio spazio per agire come mediatore chiave e assumere il ruolo di "salvatore" della popolazione armena del Nagorno Karabakh. Così facendo, la Russia si è anche assicurata la sua presenza nell’unico conflitto post-sovietico in cui non era ancora coinvolta, dispiegando oltre 2.000 peacekeepers nella regione.
Dopo il ritiro postbellico dell’esercito armeno dalla regione contesa, le truppe russe sono diventate l’unico garante della sicurezza degli oltre 120.000 armeni che vivono nel Nagorno Karabakh. Tuttavia sono state le già limitate forze armene, ulteriormente indebolite a seguito della guerra, a continuare a proteggere i confini del Nagorno Karabakh con l’Azerbaijan e a combattere in diversi scontri dopo il 2020, con scarso o nullo supporto da parte delle forze di pace.
Sebbene il dislocamento delle truppe russe dopo il cessate il fuoco del 2020 non abbia impedito lo scoppio delle ostilità nel Nagorno Karabakh, né abbia impedito all’Azerbaijan di prendere il controllo di tre insediamenti che avrebbero dovuto essere sotto il controllo russo, la loro presenza è ancora considerata vitale per la sicurezza della popolazione armena locale.
Tuttavia, dopo gli ultimi attacchi si è registrato un netto cambiamento di umore nella regione, con l’inazione della Russia che si è aggiunta ai crescenti dubbi sul ruolo che il paese svolge nella regione.
In risposta, Arayik Harutyunyan, presidente del Nagorno Karabakh, ha definito i sentimenti anti-russi come propaganda di forze straniere e ha espresso la speranza che le truppe russe rimangano nella regione il più a lungo possibile.
Da molto prima che le sue truppe fossero stanziate nel Nagorno Karabakh, la Russia ha usato il conflitto come leva per estendere la sua influenza sull’Armenia. Sebbene fosse vista come il principale alleato dell’Armenia contro l’Azerbaijan, i punti di vista di Armenia e Russia sulla risoluzione del conflitto non sono sempre stati allineati. Questa differenza di approccio si è accentuata dopo la seconda guerra del Nagorno Karabakh. Ora, alla luce dell’incapacità della Russia di intervenire nell’interesse dell’Armenia nei conflitti di settembre, i paesi sembrano lavorare su schemi completamente diversi.
Dipendenza economica
L’influenza militare della Russia in Armenia è già sufficiente a rendere molto difficile per lo stato armeno cambiare il proprio orientamento di politica estera. In più l’economia armena è strettamente legata al mercato e allo stato russi.
L’Armenia e la Russia hanno forti legami economici, sia bilaterali che multilaterali, questi ultimi all’interno dell’Unione economica eurasiatica (UEEA) guidata dalla Russia. Nel 2013, nonostante la possibilità di un accordo di associazione con l’Unione europea (UE) fosse stata inizialmente ventilata, l’Armenia ha deciso di aderire all’UEEA, chiudendo di fatto la porta a un’ulteriore integrazione con l’UE. L’attuale Accordo di partenariato globale e rafforzato (CEPA) tra l’Armenia e l’UE rappresenta il più alto livello di cooperazione accessibile all’Armenia finché rimarrà parte dell’UEEA.
Nonostante la limitata diversificazione degli scambi commerciali dell’Armenia negli ultimi anni, la Russia è ancora il principale importatore ed esportatore di beni da e verso l’Armenia; la diversificazione degli scambi richiederebbe cambiamenti significativi nell’economia armena.
Infine, ma non meno importante, lo stato e le imprese russe detengono quote in quasi tutti i settori centrali dell’economia e delle infrastrutture armene: gas, elettricità, ferrovie e centrali nucleari. Nomi di uomini d’affari russi si trovano anche tra gli azionisti delle maggiori compagnie minerarie armene, il settore industriale più rilevante e sviluppato del paese.
La situazione in cui si trova oggi l’Armenia è il risultato delle decisioni prese dal governo armeno negli ultimi tre decenni di indipendenza, e del processo di deliberata colonizzazione da parte della Russia.
Può sembrare che l’Armenia abbia ora l’opportunità storica di guardare a occidente e trovare partner che mantengano i loro impegni, ma la situazione è piena di rischi. Qualsiasi decisione avventata da parte del governo armeno potrebbe essere non solo dannosa, ma anche suicida per l’Armenia e la popolazione armena del Nagorno Karabakh.
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