L’Albania delle buone relazioni
Il nuovo premier albanese, Edi Rama, nominato martedì scorso dal parlamento, ha scelto il filosofo Shkëlzen Maliqi come consigliere speciale per le relazioni regionali. Per rafforzare i legami con tutti gli stati vicini. Un’intervista
(Pubblicato originariamente da Balkan Web il 7 settembre del 2013, selezionato e tradotto da Le Courrier des Balkans e OBC)
Filosofo, critico d’arte, saggista, Shkëlzen Maliqi (nato nel 1947 a Orahovac/Rahovec, Kosovo) è una delle principali figure intellettuali della società civile kosovara. Alla direzione del Kosovo Civil Society Foundation (1995–2000) e del Comitato di Helsinki del Kosovo (1990-1997), è stato molto coinvolto nel dialogo con la comunità serba. E’ fondatore di “Gani Bobi”, Istituto di scienze sociali.
Conoscete Edi Rama da molto tempo…
Negli anni ’90 ero vicino a un gruppo di intellettuali legato alla Fondazione Soros in Albania. Si sono riuniti con noi per pubblicare sette numeri della rivista MM, pubblicata a Pristina. Era il primo progetto comune di questa tipologia, realizzato in condizioni difficili: si dovevano far passare 500 copie della rivista su barche attraverso il lago di Scutari o piccole quantità nascoste in alcune valigie, attraverso la Macedonia, per distribuirle in Albania.
Ero molto legato a Edi Rama e a Fatos Lubonja, quando essi erano molto vicini anche uno all’altro. La discesa in politica di Edi Rama è stata poi malvista da Lubonja, che ha interpretato questo cambiamento come il “tradimento” da parte di un militante della società civile.
Edi Rama è stato a lungo percepito come un “paracadutato” in politica, un cavaliere solitario, incapace di raccogliere un ampio sostegno popolare. Era atipico, individualista e un po’ cinico, ma aveva anche il carisma di chi ha una visione, di chi vede più lontano, di chi spinge per i cambiamenti.
Come ministro per la Cultura ha avuto idee innovative, ma ha soprattutto brillato come sindaco, trasformando radicalmente Tirana. Non si trattava solo di ridipingere delle facciate, ma di far passare la città in una nuova era e tutto questo ha fatto di Edi Rama una personalità amata e popolare, una speranza per tutti coloro che erano stanchi dell’eterno contrasto tra Sali Berisha e Fatos Nano….
Edi Rama ha contribuito alla transizione albanese apportandovi una dimensione di creatività che ha aperto nuove vie, uscendo dal contrasto tra antichi enveristi e antichi anti-eneveristi, andando oltre le teorie bizantine del complotto e degli intrighi del potere…
Come siete diventato consigliere di Edi Rama?
Mi ha anticipato la cosa il giornalista Baton Haxhiu per sapere se fossi interessato alla carica. Poi Edi Rama è venuto a Pristina e abbiamo discusso.
Quali sono gli obiettivi che vi ponete, quale l’impegno che vi prendete?
Una delle priorità poste da Edi Rama è di sviluppare relazioni migliori con tutti i paesi della regione, il tutto approfondendo le relazioni tra l’Albania e il Kosovo… il mio compito sarà di consigliarlo in materia.
Si sostiene che vi siate opposto ai bombardamenti della NATO contro la Serbia nel 1999….
E’ una menzogna. Al contrario, ero a sostegno del principio degli attacchi contro la Serbia fin dalla guerra in Bosnia Erzegovina, perché dell’aggressione era responsabile Belgrado. Il mio “peccato” dell’epoca della guerra in Kosovo dipende da una cattiva interpretazione dei dubbi che avevo espresso in un dibattito televisivo e nei miei articoli sul fatto che l’UCK, con le sue forze, sarebbe stato in grado di vincere realmente la guerra contro le forze serbe, ben più potenti.
In quel momento, un intervento della NATO non era un’opzione certa e temevo che il Kosovo finisse come la Bosnia. La mia riflessione era legittima, perché la popolazione del Kosovo stava soffrendo molto per la politica della terra bruciata praticata dalle forze serbe.
Come avviene anche oggi – l’Occidente esita ad intervenire in Siria – vi erano anche all’epoca esitazioni da parte di alcuni paesi della NATO nell’intervenire contro la Serbia. Del resto alcuni paesi della NATO non riconoscono ancora l’indipendenza del Kosovo.
Quali dovrebbero essere i rapporti dell’Albania con la Serbia, la Grecia, il Montenegro e la Macedonia?
Relazioni di buon vicinato, considerando anche che un gran numero di albanesi vivono in questi paesi. L’Albania e la Grecia si sono recentemente “confrontati” a proposito della chiesa ortodossa di Permet. Non è la prima disputa sulla questione, né sarà l’ultima. Occorre anche affrontare la questione dei toponimi greci sul passaporto. Un’altra ombra sulle relazioni tra i due paesi è legata al famoso accordo marittimo. A mio avviso, il governo non può tralasciare queste questioni, ma le deve risolvere attraverso il dialogo. Non le considero dispute tra stati ma provocazioni rilanciate da gruppi estremisti che non tentano che di creare tensioni.
Come vedete al questione dei Çam, quale soluzione proponete?
La prima cosa è che occorre permettere ai Çam di circolare liberamente e di ottenere la restituzione delle loro proprietà. E’ assurdo che la Grecia abbia ancora in vigore leggi adottate ai tempi di una guerra terminata da più di sessant’anni. Infine occorrerà avviare negoziati per garantire i diritti delle minoranze sui due lati del confine e non certo per spostare confini o per “appropriarsi” di chiese e fedeli ortodossi…
La chiesta ortodossa albanese è autocefala e se saranno necessarie delle chiese greco-ortodosse in Albania, allora saranno necessarie chiese ortodosse e moschee per gli albanesi in Grecia. Sono questioni che possono essere risolte, se vi è la volontà di farlo e se si rispettano alcuni principi cardine. I problemi vengono dai provocatori estremisti.
Quali i vostri consigli in merito alla Vallata di Presevo e dei diritti degli albanesi che vi vivono?
Anche in questo caso va adottato il principio di reciprocità rispetto a quanto i serbi otterranno in Kosovo. Occorre che gli albanesi della Vallata godano di diritti equivalenti.
In Macedonia la relazione tra comunità albanese e istituzioni statali è difficile…
In Macedonia è in vigore l’accordo quadro di Ohrid che non è stato ancora implementato totalmente. Una delle condizioni della stabilità della Macedonia è che questo accordo sia pienamente messo in pratica. Infine, se sarà necessario, può essere che si debbano stabilire anche altre regole per garantire l’uguaglianza.
Come consigliere del primo ministro che governerà l’Albania ma su cui pesa anche l’onere di difendere gli interessi degli albanesi che non abitano all’interno dei confini nazionali che linea politica suggerite?
Tirana ha sempre avuto un’attitudine costruttiva nei confronti dei vicini. L’Albania non esporta estremismo e non ha alcuna pretesa territoriale sui paesi confinanti. Si deve continuare su questa strada, senza cedere alle provocazioni ma neppure abbassando la testa.
La politica dovrà basarsi su alcuni principi, la reciprocità e la sincerità sono pre-condizioni per il successo nelle relazioni coi vicini. Occorre in particolar modo che questi paesi non temano l’affermarsi di uno spazio culturale albanese nella regione.
Inoltre ritengo che la petizione lanciata da Koço Danaj a favore della revisione degli accordi di Londra del 1913 non porterà certo a far rivivere l’Albania naturale… Ciascuno è libero di raccogliere delle firme, ma è un’illusione pericolosa quella di reclamare l’annullamento della Conferenza di Londra, perché questo apre la strada ad altri revisionismi di trattati internazionali ritenuti ingiusti e l’intera politica internazionale potrebbe affondare su questo campo minato…
Vi trasferirete a Tirana?
Certo, è evidente.
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