La Salonicco degli indignati
Salonicco è scesa in piazza ieri mattina, insieme a tutte le principali città greche, per dare inizio a due giorni di sciopero generale, passione e protesta contro le nuove misure di austerità che dovrebbero essere votate oggi e domani dal parlamento di Atene. Un reportage pubblicato oggi da Il Riformista
“La Grecia non è in vendita”. Sulla torre bianca che domina il lungomare di Salonicco, sentinella e simbolo della seconda città greca in ordine di grandezza, campeggiano da giorni gli striscioni della rabbia popolare. Tutti gli occhi sono puntati su Atene, ma anche la Grecia profonda da ieri è in strada per dire “no alle misure di degrado sociale” promosse dal governo del socialista George Papandreou, secondo uno degli slogan urlati più forte dalla piazza.
E’ proprio partendo dalla torre, circondata dalle tende-presidio degli “indignati” greci, sorte ad immagine di quelle che occupano piazza Syntagma ad Atene, che Salonicco è scesa in piazza ieri mattina, insieme a tutte le principali città greche, per dare inizio a due giorni di sciopero generale, passione e protesta contro le nuove misure di austerità che dovrebbero essere votate oggi e domani dal parlamento di Atene.
“Non abbiamo alternative alla protesta, si tratta di noi, del nostro futuro, della nostra vita”, mi dice Kyriakos, studente di informatica nella locale università tecnica. “Cercare una strada alternativa a quella che ci costringono a seguire, credere nel cambiamento di questa classe politica corrotta non è più una speranza. Ormai è un dovere”.
10.000 in piazza
A Salonicco, secondo le stime, sono scese in piazza 10mila persone: poco meno che ad Atene, dove il numero dei dimostranti in mattinata era intorno ai 15mila. E questo è solo l’inizio. L’appello dei sindacati a bloccare del tutto la vita del Paese è però solo parzialmente riuscito. Se i dipendenti pubblici hanno aderito in massa allo sciopero e servizi pubblici, trasporti e uffici sono rimasti bloccati dalle prime ore della mattina, una parte significativa del settore privato ha deciso di andare al lavoro.
Moltissimi negozi a Salonicco ieri sono rimasti aperti, anche se i clienti sembravano latitare. Ma a chiudere molti esercizi, anche nelle strade più lussuose intorno alla centralissima piazza Aristotele, ci ha già pensato la crisi. Sul percorso della manifestazione il cartello “Enoikiazetai” (affittasi) campeggia malinconicamente su vetrine polverose, manichini spogli e banchi ormai vuoti: forse l’immagine che meglio racconta una crisi che sembra senza fine e il cui esito resta incerto. Anche alcune banche hanno abbassato le serrande, per il timore di divenire bersaglio della rabbia dei manifestanti.
Il corteo ha fatto varie volte il giro del centro, ripercorrendo le stesse strade: forse la metafora inconsapevole di un paese che sembra aver perso la bussola e fatica a cercare una via d’uscita al vicolo cieco in cui si è cacciato. A Salonicco, comunque, la manifestazione è stata pacifica, con pochi momenti di tensione solo quando i manifestanti sono arrivati di fronte alla prefettura, per urlare la propria rabbia ai rappresentanti di un potere visto ormai come lontano e screditato.
Ad Atene, invece, la situazione si è fatta subito incandescente, con scontri e scaramucce nella zona del parlamento. Un segnale poco incoraggiante per oggi, quando tutto il Paese sarà, anima e corpo, nelle strade della capitale.
Si attende battaglia fuori e dentro le aule del parlamento. Il governo Papandreou si regge oggi su una fragile maggioranza di cinque voti (155 su 300), e deve far passare una nuova e controversa ondata di misure di austerità in grado di far risparmiare 28 miliardi di euro allo Stato ellenico nei prossimi cinque anni. Queste misure sono state recentemente richieste da UE e FMI come condizione necessaria per sbloccare la quinta tranche, pari a 12 miliardi di euro, del pacchetto di salvataggio (di 110 miliardi) lanciato nell’aprile 2010.
Nervosismo PASOK
Il partito del Premier (PASOK), mostra però evidenti segni di nervosismo, nonostante il rimpasto di governo della settimana scorsa che avrebbe dovuto compattarne le fila. Quattro deputati socialisti hanno già messo in dubbio il loro sostegno alle misure di austerità. Oggi, sotto la pressione della piazza, non è affatto scontato che l’esecutivo riesca a reggere la prova. Gli “indignati” di piazza Syntagma, tra l’altro, hanno già annunciato che tenteranno di impedire fisicamente ai deputati di recarsi in aula per votare.
Gli ultimi sondaggi mostrano che il 70-80% dei greci è contro il “pacchetto austerità”. In queste condizioni, l’unica strategia politica perseguibile per Papandreou è fare di nuovo appello al senso di responsabilità del Paese anche perché, nonostante gli inviti provenienti anche dalla comunità internazionale, il maggiore partito di opposizione, i conservatori di Nuova democrazia, ha annunciato che non appoggerà in alcun modo la strategia del governo.
Papandreou ha ricordato che, senza i prestiti internazionali, la Grecia sarà costretta a dichiarare bancarotta entro la metà di luglio. Il nuovo ministro delle Finanze, Evangelos Venizelos, da parte sua ha pubblicamente ammesso che parte dei tagli previsti sono “ingiusti”, ma che il governo non ha alternative. Resta da vedere se la Grecia ha ancora riserve di fiducia e pazienza o se la giornata di oggi segnerà il divorzio definitivo tra l’agorà dei cittadini e quella dei suoi rappresentanti politici.
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