La Romania dei diritti mancati
Dopo la sua visita in Romania nell’aprile scorso, il Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa Nils Muižnieks ha ora pubblicato un rapporto sullo stato dei diritti nel paese. Una rassegna
Circa 17mila disabili in istituti di cura, una soluzione che non è temporanea ma può durare tutta la vita; la metà dei minori a rischio povertà; 170mila minori fuori dal sistema scolastico, la maggior parte di etnia rom; quasi 1.500 neonati e bambini abbandonati negli ospedali; più di 7.000 bambini tra Bucarest e altre zone catalogati come bambini di strada.
Sono questi alcuni dei drammatici numeri che emergono dal rapporto del Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa Nils Muižnieks in seguito alla sua visita in Romania dello scorso aprile. Dati che confermano e “esplodono” in tutta la loro durezza le preoccupazioni già lanciate dal Commissario nel giorno di chiusura della visita. Timori e allarmi per la situazione dei disabili, dei bambini e dei rom in Romania, esclusione sociale, strutture carenti, maltrattamenti, difficile accesso all’istruzione, al sistema giudiziario e al mondo del lavoro. Un rapporto che elenca le zone critiche e nello stesso tempo dà consigli e suggerimenti a Bucarest ammettendo alcuni passi positivi già fatti sui temi più caldi.
Disabili
Secondo i dati riportati nel rapporto, reso pubblico oggi, al 31 dicembre 2013 risultavano più di 648mila adulti e circa 70mila bambini disabili in Romania, cioè il 3,52% della popolazione. Statistiche che però non includono un numero abbastanza ampio di disabili che vivono e vengono curati in casa e sono rappresentati sotto il nome di “persone affette da invalidità”, sottolinea il rapporto di Muižnieks.
Il Commissario in particolare ha voluto portare all’attenzione delle autorità alcune carenze strutturali e legislative che affliggono il sistema: ritardi nell’allineamento con le Convenzioni Onu sui diritti dei disabili, difficoltà nell’implementazione della legislazione esistente, problemi strutturali nel sistema sanitario nazionale, limitatissimo accesso all’istruzione e al mondo del lavoro.
In particolare, nonostante l’obiettivo di ridurre l’ingresso in istituti stabilito nella Strategia nazionale per la protezione e l’inclusione sociale dei disabili 2006-2013, il numero di centri di cura è più che raddoppiato in otto anni da 141 a 335, anche causa dello smembramento di entità più grandi a favore di più piccole.
Inoltre, nonostante in sei anni la Romania abbia investito 27,6 milioni di fondi Ue per la ristrutturazione delle case di cura, l’attuale situazione non corrisponde ancora agli standard internazionali con numerosi abusi e maltrattamenti registrati dalle Organizzazioni non governative che monitorano la situazione. Alla fine del 2013 il 97,6% della popolazione diversamente abile viveva in casa o in strutture private, mentre il 2,4%, 17.123 unità, la maggior parte con problemi psicologici, in strutture pubbliche. Una soluzione che da provvisoria spesso diventa una condizione di vita permanente (per il 67% del totale).
I motivi sono diversi e tutti allarmanti, come segnala Muižnieks: la difficoltà di accesso al sistema giudiziario limita la possibilità di aprire autonomamente una richiesta di revisione del proprio status; vi è la mancanza di automatismo per periodiche revisioni; l’accesso al mondo del lavoro e all’autonomia che ne conseguirebbe è quasi una chimera perché enti e aziende preferiscono pagare una tassa piuttosto che assumere un diversamente abile. Oltre a questi problemi di sistema, permangono distorsioni e abusi gravissimi per gli istituzionalizzati: carenze igieniche, strutture fatiscenti, malnutrizione, isolamento, confinamento fino alla costrizione a letto forzata.
Minori
Doloroso anche il capitolo che riguarda i minori: disabili, di strada, abbandonati, senza genitori, rom e sotto la soglia di povertà. Tutte categorie con diritti negati.
Per quanto riguarda i minori disabili solo il 50% conclude l’iter di studi della scuola primaria e, fatto ancora più preoccupante, i dati ufficiali non tengono conto della segregazione in cui vivono molti dei minori che studiano. Il tasso di abbandono scolastico è doppio rispetto ai normodotati e esiste una mancanza strutturale di personale qualificato tra gli insegnanti. I genitori, sottolinea il rapporto, spesso sono costretti a pagare di tasca propria insegnanti di sostegno per i figli.
In generale il Commissario per i diritti umani ha sottolineato che la popolazione romena sotto i 18 anni si è ridotta da 6,6 milioni dei primi anni ‘90 a 3,65 milioni del gennaio del 2013: fenomeno dovuto alla riduzione della natalità e all’emigrazione di gran parte della popolazione. Nel 2012 si segnalava che la metà della popolazione minore (52,2%) era a rischio povertà o esclusione sociale. Inoltre più di 170mila bambini in età scolare non frequenta le scuole. Questo dato è ancora più stringente per i minori di etnia rom. Il 40% di questi ultimi non ha un adeguato accesso all’alimentazione, il 28% della fascia tra i 15 e i 19 anni è già sposato e il livello di istruzione è del 50% più basso dei coetanei non rom.
Il commissario ha rimarcato anche la sua preoccupazione per il fenomeno dei minori lontani dai genitori o abbandonati. Nel 2008, all’indomani dell’ingresso della Romania nell’Ue, 350mila minori – l’8% della popolazione minore – viveva senza uno dei genitori, a causa della diaspora. Di questi 126mila con entrambi i genitori all’estero. Del totale, nella fascia sotto i 10 anni il 16% non aveva visto i genitori per almeno un anno, il 3% per quattro anni. Attualmente più di 80.000 bambini vivono in Romania senza uno dei genitori. Le principali conseguenze, non principalmente economiche, sono emotive e l’aumento del rischio di abbandono scolastico.
Preoccupante rimane inoltre il numero di neonati abbandonati negli ospedali. Secondo i dati tra il 2010 e il 2012 il tasso è aumentato del 12%. Nel 2013 un totale di 1.449 bambini è stato lasciato dai genitori in ospedale di questi 915 nei reparti maternità.
Al 31 dicembre i minori nel Sistema di protezione erano 61.749 di questi il 35,9% ospitati in orfanotrofi pubblici e il 61,3% presso famiglie affidatarie. Mentre il numero di bambini in orfanotrofio è drasticamente diminuito dai 100mila casi degli anni Novanta, dal 2007 si è rallentato il processo di uscita dagli istituti.
Ultimo tasto dolente quello dei cosiddetti bambini di strada su cui non ci sono statistiche ufficiali, ma che per le ONG sarebbero 2000 nella sola Bucarest a cui andrebbero sommati altri 5000 in altre città rumene. Un dramma nel dramma è rappresentato dalle due nuove categorie di bambini di strada che si aggiungono rispetto al passato: quelli di seconda generazione e quelli che arrivano per l’impoverimento delle famiglie legato alla recente crisi.
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