Tipologia: Notizia

Tag:

Area: Albania

Categoria:

La rivista “Drini” e il turismo culturale in Albania

Una rivista pubblicata durante l’occupazione italiana dell’Albania, che ha raccolto scritti di rilevanti intellettuali dell’epoca sulla sue città, il suo patrimonio artistico, la sua natura

24/03/2014, Silvia Masciali -

La-rivista-Drini-e-il-turismo-culturale-in-Albania

(Pubblicato originariamente sulla rivista Albania News il 5 febbraio 2014)

Oggigiorno il turismo culturale, basato sulla valorizzazione del patrimonio culturale, materiale e immateriale, si identifica come un turismo sostenibile, un’ottima soluzione al turismo di massa che produce invece effetti negativi, come il numero elevato di visitatori e la concentrazione preferenziale di attività turistiche in aree limitate.

In tempi recenti, è emersa quindi la necessità di rivedere l’offerta turistica, puntando su un turismo sostenibile "che preveda la gestione delle risorse in modo tale che le esigenze economiche, sociali ed estetiche possano essere soddisfatte mantenendo l’integrità culturale, i processi ecologici essenziali, la diversità biologica e i sistemi viventi (OMT)(1).

Si ritiene inoltre indispensabile la conservazione delle tracce, monumenti e manufatti delle civiltà umane.

Il turismo può essere considerato sostenibile se nella sua pianificazione tiene conto della capacità di carico ecologico e socio-culturale, coinvolgendo le comunità che vivono nell’area di destinazione degli spostamenti. Il turismo culturale è una risorsa di sviluppo economico sostenibile, che prevede la partecipazione delle comunità locali e necessita di idonee strategie di gestione che preservano e promuovono il patrimonio culturale.

Il settore turistico deve essere integrato nelle politiche economiche e di crescita in atto, al fine di mitigare alcuni degli impatti negativi economici e sociali del turismo di massa.

In Albania

Il cambiamento che si sta cercando di ottenere nel settore turistico coinvolge un po’ tutti i Paesi, soprattutto nazioni come l’Albania, che più di tutte, a causa di varie situazioni storiche-sociali, necessita di simile rinnovamento, che apporti uno sviluppo economico tale da non danneggiare la società.

L’Albania negli ultimi 50 anni è rimasta nascosta sotto il regime comunista che ha isolato il Paese dal resto d’Europa, abolendo ogni tipo di libera circolazione, fino ai primi anni del ‘90, quando il regime è crollato e l’indipendenza è stata raggiunta. Ma prima del 1944 si era già intravisto un rapido sviluppo di rinascita della cultura albanese.

La rivista "Drini"

La rivista “Drini”, nata nel 1941 a Tirana, è stata il primo tentativo di far conoscere il territorio albanese all’Europa.

DRINI, bollettino mensile del turismo albanese (inizialmente ideata come agenzia giornalistica), fu fondata e diretta dal Dottor Francesco Tagliarini, allora Consulente per il Turismo presso la Presidenza del Consiglio del Regno d’Albania.

La rivista nacque nel 1941 a Tirana, la sua pubblicazione durò dal marzo 1941 all’aprile del 1943.

La nascita della rivista “Drini” si colloca in un contesto storico particolare. Tra il 1939 e il 1943, in Albania ebbe luogo l’occupazione militare italiana. La corona del Regno Albanese fu assunta da Vittorio Emanuele III d’Italia, a seguito della guerra promossa dal regime fascista e dell’instaurazione del Protettorato Italiano del Regno d’Albania.

L’occupazione militare dell’Albania da parte del Regno d’Italia, avvenne il 7 aprile 1939. La resistenza armata albanese si rivelò insufficiente contro le forze armate italiane, e di conseguenza l’Albania cessò di esistere come Stato indipendente.

Gli italiani instaurarono un governo albanese fantoccio con una nuova Costituzione che trasformò l’Albania in Protettorato Italiano del Regno d’Albania.

Gli affari esteri albanesi, come anche le risorse naturali, caddero sotto il diretto controllo dell’Italia. Nel corso di tutta l’occupazione giunsero in Albania migliaia di coloni italiani, anche lavoratori che avevano lo scopo di modernizzare il paese, costruire strade, ferrovie e infrastrutture.

Il regime fascista, nel periodo dell’occupazione italiana in Albania, si preoccupò di imprimere la sua autorità e volontà in tutti gli aspetti che una società può gestire, anche nel campo turistico e, quindi, nella promozione del territorio.

La rivista “Drini” nasce da questa volontà, e si fa portavoce della situazione in cui versava la società albanese negli anni ’40.

“Drini” era pubblicata in due lingue: italiana ed albanese, in tal modo si permise una maggiore diffusione in tutti gli ambienti interessati al turismo, anche quelli italiani.

Promuovere il turismo locale

Obiettivo primario della rivista era quello di diffondere notizie che interessavano vari settori della società albanese, in modo da promuovere il turismo locale.

Ciascun numero della rivista conteneva articoli che avevano come tematica la storia albanese, le arti popolari, luoghi turistici, soprattutto svariati articoli sulle Alpi Albanesi, sull’archeologia, sulla flora locale, sulle leggende ed anche sulle colonie albanesi in Sicilia, inoltre, nella rivista era presente una sezione con gli orari delle linee automobilistiche pubbliche che collegavano Tirana con Scutari, Durazzo ed altre località dell’Albania.

Aspetto interessante della rivista erano quegli articoli in cui si citavano le iniziative legislative che man mano erano emanate per la ristrutturazione degli alberghi, assai carenti in Albania in quegli anni, e la nascita della scuola alberghiera, nata per formare il personale addetto alle attività turistiche ricettive.

Singolare è infatti l’articolo, pubblicato in “Drini” anno III, N.5, del 1942, che ci informa la creazione di un ente che aveva lo scopo di portare una profonda ristrutturazione con le dovute, allora moderne, attrezzature in alcuni alberghi albanesi, situati nei centri più importanti dell’Albania. L’ente denominato E.T.A., Ente Turistico Alberghiero Albanese, fu fondato nel 1940 in base ad una convenzione con il governo albanese, per iniziativa dell’allora Sotto-segretario degli Affari Albanesi e con la collaborazione finanziaria dei Ministri delle Finanze e della Cultura Popolare del governo di Roma. Citando le parole dell’articolo, questo programma italo-albanese aveva come meta:

"… sollecitare lo sviluppo ricettivo alberghiero nel Regno d’Albania, dando il necessario aiuto tecnico e finanziario alle eventuali iniziative locali o affrontando da solo i problemi più gravi ed urgenti. Inoltre l’E.T.A. aveva dei determinati compiti da svolgere: a) sostituirsi alla iniziativa privata laddove essa era mancante od insufficiente; b) migliorare l’attrezzatura esistente in collaborazione con i privati albanesi; c) costruire od apportare ex novo alberghi ove la necessità o particolari condizioni lo richiedevano; d) costruire nella Capitale del Regno un grande albergo che, per la sua particolare funzione politica e di prestigio nazionale, rappresentasse quanto di meglio poteva offrire la tecnica alberghiera moderna".(2)

Questo articolo dimostra che “Drini” era particolarmente sensibile all’aspetto turistico albanese e si preoccupava non solo di diffondere notizie di carattere culturale del territorio, ma portava alla luce le varie iniziative tecniche emanate in quegli anni, volte allo sviluppo del turismo in Albania.

Il successo della rivista fu agevolato dal coinvolgimento di prestigiosi collaboratori, tra loro emergevano personalità come il grande albanologo Padre Giuseppe Valentini S.J., il famoso alpinista Piero Ghiglione, gli esperti geografi Antonio Baldacci e Pellegrino Sestieri, il poeta Adriano Grande, l’illustre giornalista Indro Montanelli, il celebre scrittore albanese Ernest Koliqi, ed altri importanti figure.

I collaboratori che scrivevano per la rivista “Drini”, erano appassionati dell’Albania e arrivati lì per cause diverse, successivamente, avevano fatto del loro lavoro un’esperienza unica che poi hanno voluto trasmettere agli altri attraverso i loro articoli. Queste persone, così come i viaggiatori che, nel corso della storia, hanno esplorato l’Albania, intuirono che questo Paese era una risorsa culturale rara che doveva essere rivelata.

Parchi naturali

Il geografo Baldacci, nel suo articolo, Per un parco nazionale in Albania considerava importante tutelare l’aspetto naturalistico del territorio albanese, auspicando la creazione di un parco nazionale albanese.

(…)

Nonostante l’uso recente di tale norme in Europa, già negli anni ’40 si delineava, come dimostra l’articolo di Baldacci, il pensiero di proteggere la natura che ci circonda.

Nella rivista “Drini”, anno III n. 11 del 1 novembre 1942, nell’articolo di Antonio Baldacci, si ipotizzava la nascita di un parco nazionale albanese, con l’obiettivo di proteggere e tutelare alcune specie di fauna selvaggia e allo stesso tempo, contribuire alla riproduzione di tale specie per rispondere all’aiuto dell’agricoltura.

Antonio Baldacci fu un geografo e un botanico, esperto di studi etnografici, politici e socio economici.

La vita dello scienziato fu caratterizzata da significative imprese pionieristiche, una vita dedita alla scoperta delle terre balcaniche, soprattutto dell’Albania, all’epoca ancora ignota al pubblico italiano.

Per esprimere la sua passione verso questa terra, Baldacci usa parole significative, che vale la pena citare:

"L’Europa è tutta sconosciuta meno l’Albania – la terra incognita del nostro continente – la quale dista pochi chilometri dalla terra dove la civiltà è sorta per irradiarsi sul mondo. Se noi italiani riusciremo a diffondere la conoscenza di questo misterioso lembo di Europa, avremo un vanto che molte altre nazioni, benché profondano tesori per la scienza, dovranno invidiarci.(3)

Baldacci inizia l’articolo, Per un parco nazionale in Albania, ponendo come concetto basilare, nell’esistenza umana, la natura.

Infatti lo scienziato afferma che, nonostante l’uomo si sia spostato nei centri urbani, la natura non può essere dimenticata, ecco perché l’individuo, nella società civile dove vive, crea degli spazi verdi, come giardini o parchi. Si realizza in questo modo un cordone ombelicale tra civiltà e natura.

"Dalla natura vergine la civiltà ha gradatamente portato l’uomo nei centri urbani senza potergli mai togliere però, nelle nuove condizioni, la visione dei paesaggi sconfinati dove il pensiero dell’uomo ritorna continuamente nostalgico per alleggerire la mente dei pesi che la civiltà gli procura. Per questo estremo impulso atavico, l’uomo è venuto al bisogno nelle città, degli impianti dei giardini, perché grandiosi o no, gli ricordassero in qualche modo le bellezze naturali lasciate lontane".

Successivamente, Baldacci prosegue l’articolo ripercorrendo la storia della nascita e cura dei giardini, dal popolo Babilonese fino ad arrivare ai nostri antenati Romani.

Si nota un certo vanto quando lo scrittore assegna il merito della creazione dei parchi agli italiani del Rinascimento, con l’esempio significativo del parco di Torino, voluto da Carlo Emanuele I.

"Gli italiani del Rinascimento, eredi della civiltà dell’Urbe, ampliarono e abbellirono i modelli degli antichi e lasciarono alle altre nazioni, con l’amore delle piante e ai fiori, il germe di ogni arte più squisita per i parchi, il cui esempio più prossimo a noi è stato dato da Caro Emanuele I col parco di Torino…"(4)

Il parco di Torino costituì un modello per altre nazione d’Europa, ma soprattutto per gli Stati Uniti d’America, primo paese ad aver avuto l’idea di istituire un parco nazionale, come lo si intende nei giorni nostri.

Nell’articolo infatti si riconosce il primato all’America e si spiega il concetto di parco nazionale che per molto tempo è rimasto sconosciuto. Baldacci spiega con queste parole il significato e la funzione che ha un parco nazionale:

"I parchi nazionali occupano territori di solito molto vasti per la difesa della flora e della fauna contemplate all’infuori di qualsiasi considerazione utilitaria, bensì come un dovere dell’uomo verso la natura, e quindi direttamente per il rispetto alla scienza, la quale esige che tutte le specie viventi vengano conservate(5)

(…)

A questo punto riprende il modello di parco nazionale americano, affermando che la scelta in America di istituire determinate zone in parchi nazionali, risponde all’esigenza di proteggere ambienti naturali che giovano alla salute dell’uomo. La bellezza di questi parchi, aggiunge Baldacci, genera un flusso turistico notevole e per questo l’America si è preoccupata di dotare i territori interessati di qualsiasi servizio, utile a soddisfare ogni esigenza del turista: servizi per campeggio, escursioni, ecc., tenendo conto anche di facilitare ogni via di comunicazione.

Lo scienziato continua sulla linea di modelli da seguire, e fa riferimento ad uno dei pochi parchi nazionali presenti in Italia, in quel tempo: il parco abruzzese, tenendo sempre in alto alla classifica l’esempio americano.

Baldacci sostiene che il parco abruzzese rappresenti in modo adeguato il prototipo di un futuro parco albanese.

Il parco abruzzese è l’habitat di molte specie di fauna selvaggia simile alla fauna presente sulle montagne albanesi. Il geografo vedeva nella creazione di un parco nazionale in Albania un duplice beneficio: conservazione della fauna selvaggia e riproduzione di queste specie utili all’agricoltura e al commercio.

"Quindi il parco nazionale, inteso ad istituirsi in Albania come zona di rifugio per la protezione della selvaggina, sarà pure, parallelamente, anche zona di propagazione delle specie di selvaggina utile all’agricoltura oltre al commercio"(7)

(…)

La promozione

La conservazione della natura e l’integrità culturale necessari per avviare un sistema di turismo sostenibile non può esistere se non si fa buon uso della promozione turistica, elemento essenziale per lo sviluppo turistico in un territorio, senza la quale non riusciremo mai a conoscere luoghi degni di essere visitati.

Questo concetto era stato già individuato dalla rivista “Drini” che ne fece uno dei suoi obiettivi. Alcuni dei suoi articoli costituirono strumenti di divulgazione turistica innovativi, considerato il periodo storico e l’isolamento geografico dell’Albania.

Note turistiche, un itinerario nell’Albania storica, di Francesco Tagliarini, direttore della rivista, pubblicato il 1 novembre del 1942, rappresenta la prima “brochure” turistica che descrive diverse città albanesi, associando ognuna di esse a loro passato glorioso. Il connubio turismo e storia si rivela una carta vincente nella scoperta di luoghi che conservano ancora i resti di un’eredità culturale.

Francesco Tagliarini, che scrive con lo pseudonimo di Tieffe, pone subito nell’articolo l’importanza storica che l’Albania può offrire al turista.

"Al visitatore l’Albania offre attraverso i resti archeologici, i monumenti e le opere d’arte una dovizia di ricordi che testimoniano di civiltà illustri avvicendatesi nei secoli e dimostrano come il destino dell’Albania fin dall’antichità era segnato quale campo di incontro tra l’est e l’ovest, tra Roma e Bisanzio e Asia.(9)

L’autore inizia, dopo questa breve premessa, a descrivere le città che potrebbe incontrare il visitatore nella scoperta dell’Albania. Prima città è Durazzo, importante ponte che collegava l’Oriente con l’Occidente.

"… e se questa città conserva, ancora oggi, solo pochi resti, ricordi superstiti di una radiosa civiltà in cui Durazzo fu « Urbs admirabilis» cionondimeno la storia e gli eventi che nel tempo vi si produssero ci
insegnano che durante un lungo periodo essa rappresentò il più importante centro di comunicazione tra occidente e oriente".
(10)

Segue l’esposizione di altre due importanti città: Apollonia e Butrinto

"Apollonia d’Illiri sta rinascendo nello scenario variato della natura circostante con ritorno alla luce delle sue vestigia che stanno ancora oggi a dimostrare la bellezza dell’antica città. Butrinto dopo 2000 anni è ancora vivente con le sue mura ciclopiche, il teatro, le basiliche, le terme, le porte, il foro e i sacelli.(11)

Tagliarini continua:

"E girando ancora per questi luoghi del sud dell’Albania ovunque troveremo resti di antiche città, ruderi di monumenti, epigrafi sepolcrali, statue romane che attestano lo sviluppo civile assunto dal Paese al tempo dell’Impero di Roma che legò il suo nome all’Albania con le opere civili.

[…]

E la storia, questa grande maestra, di verità e di giustizia che illuminando la vita dei popoli sopravvive a quella effimera degli uomini e delle cose, attesta per il presente e per il futuro le glorie passate di questi rinomatissimi centri d’intellettualità, di cultura, di commerci, di lavoro che inducono a meditare e trarre da essi ispirazione".(12)

L’itinerario attraversa anche la città di Scutari:

"Se prendiamo come centro di irradiazione la più illustre città del nord, Scutari, scorgeremo come in essa ed attorno ad essa, in ogni tempo si siano succeduti eventi notevoli di cui ancora testimoniano le cose, le pietre, i costumi, e i canti del popolo".(13)

L’itinerario proposto in questo articolo percorre città che hanno assistito, nel corso della storia, a numerosi eventi che hanno forgiato il territorio albanese e hanno contribuito a formare un panorama storico-culturale che non può essere dimenticato.

Padre Valentini

Nell’ambito della promozione turistica del territorio albanese, non possiamo non citare un personaggio di notevole spessore che ha contribuito in maniera significativa, con i suoi scritti, a far conoscere l’Albania all’Europa.

Padre Valentini fu considerato uno dei maggiori esperti di lingua e cultura albanese. Era stato in Albania a più riprese.

Sul finire del 1943 i comunisti albanesi, approfittando di una imprudenza dei seminaristi di Scutari – la stampa e la diffusione clandestina di un manifesto –, occuparono il collegio in cui soggiornava Padre Valentini e arrestarono il superiore della Missione, padre Giovanni Fausti, il rettore del seminario, padre Daniele Dajani e il prefetto dei seminaristi, padre Giacomo Gardin. Fortunatamente Padre Valentini riuscì a fuggire in Italia, ma non dimenticò mai l’Albania, mantenne i contatti con i fuorusciti albanesi, distinguendo gli amici fidati dalle spie governative e cercando di ricavarne notizie utili da trasmettere al Vaticano.

Nel 1941 – 1942 la Casa editrice Dispatur di Tirana aveva progettato di pubblicare un libro del grande albanologo, che raccogliesse i suoi articoli pubblicati sulla rivista del turismo “DRINI”. Il libro sarebbe stato pubblicato, come i precedenti della stessa casa editrice, in lingua italiana e in lingua albanese

Il libro, Passeggiate storiche nell’alta Albania: un progetto di Padre Valentini S. J., doveva essere corredato da numerose illustrazioni delle località descritte nel testo e dei monumenti più importanti. Purtroppo le note vicende del 1942 – 1943 sospesero l’iniziativa.

In questo elaborato proporrei un articolo che Padre Valentini aveva scritto per il mensile “Drini” che rappresenta, anch’esso, un esempio di itinerario turistico, alla scoperta del territorio albanese. 

Alessio, venne pubblicato nel giugno del 1941. Ecco alcune parti dell’articolo:

"L’abitato attuale che si stende tra il piede della collina e la sponda del Drino occupa il posto dell’antico mercato lungo il porto fluviale; più in là, in un’insenatura ora quasi tutta interrata, fra Alessio e l’attuale porto di S. Giovanni di Medua, c’era anche il porto marittimo, chiamato ninfeo.

La posizione è delle più favorevoli, strategicamente e commercialmente. Due buoni porti, sufficienti per le necessità degli antichi navigli, ben custoditi contro imprese nemiche dalle alture che loro sovrastano, retroterra ricco di prodotti agricoli (pianura di Zadrima) e minerari (territorio dei Pirusti, probabilmente l’attuale Medizia meridionale); strade importanti che vi fanno capo, una fluviale (il Drino), l’altra terrestre per Dagno (ora Vau i Dejës) dove si biforcava andando da un lato a Scutari, dall’altro su per la valle del Drino ad Apicaria (Puka) e Naisso (Nish in Serbia) e di là a Singidunum (Belgrado). […] (14)

Entriamo ora nella fertile e bella piana della Zadrima. Rivolgendo lo sguardo ad Alessio che abbiamo lasciata, possiamo nuovamente godere della vista di Lissos città e dell’Acrolissos. Le domina la maestosa montagna di Velia, classico nome che ricorda la Velia di Lucania. Quale relazione ci sarà tra le due?

Il primo paese che incontriamo è Balldreni, antico toponimo che significa «fronte di Drino», che difatti il Drino andiamo costeggiando […]

Ora si costeggia la catena calcarea detta di Kakarriqi dal paesello che le sta ai piedi verso la metà: impressionante gruppo di bicocche di sasso, che qualche decennio fa, così campate a strapiombo sulla strada, davano il brivido ai passeggeri e alle carovane che vi passavano a cavallo. Era stata anch’essa un paesino di qualche importanza e feudo dei Dukagjini con Balldreni; la chiesetta è un po’ della stessa epoca e stesso tipo. Anche Kukli che vediamo addossata alla collina un po’ più in là del punto dove la strada se ne stacca ha avuto una più numerosa popolazione e un certo numero di piccoli feudatari sotto i Veneziani.

Procedendo adesso in pianura ci si fa incontro a Barbullushi, il paese, diremmo noi, di S. Barbara. Barbarossi dicevano i Veneziani, benché di S. Barbara non ci sia ricordo. Invece su una minuscola pendice a destra della strada prima di abbandonare del tutto il paese, vediamo restaurata una chiesuola, piccina di mole ma gloriosa di gran memorie. […]

Passando fra alcune leggere collinette, sbocchiamo in altro settore della pianura del Drin, e vediamo di fronte una bella collina verdeggiante ai cui piedi spicca una bella chiesa: è Bushati ultimo termine a cui si spingeva la vasta estensione delle vigne dei signori scutarini nel medio evo; ciò le valeva anche il nome di Bulchia (campagna) grande. [. ..]

Con tutto il fasto e le comodità che richiedevano le usanze turche del tempo, e che la ricchezza commerciale di Scutari allora permetteva, questa specie di culla dinastica dei vesir di Scutari divenne un vero luogo di piacere che avrebbe voluto gareggiare nel suo piccolo con le ville nei dintorni di Stambul; giardini e bagni, frutteti e vigne e tenute di caccia, tutto rovinò e scomparve con la caduta dei Bushatli, lasciando solo un ricordo nelle leggende e nella toponomastica.

Il gruppo di basse colline verso cui ci avviamo dopo Bushati risponde al nome di Beltoja, la Blatomia medioevale […]

Dentro per le vallette che solcano i fianchi della collina fra Beltoja e Berditza nella notte del 9 febbraio 1813 stavano in agguato i turchi e i dibrani di Esad pascià Toptani che sostenevano l’assedio di Scutari; i serbi, mossi da Bushati in aiuto dei montenegrini, venivano con la solita fiducia boriosa, quando, impigliatisi ai reticolati, cominciarono a sentire la fitta grandine delle mitragliatrici appostate, la fucileria, i cannoncini micidiali; ma, ostinati come sempre, tentavano e ritentavano, quando dalla loro e nostra destra, cominciarono a sentirsi avviluppati dovettero ceder lasciando poco più di 250 prigionieri e il resto, un migliaio, di morti; la collina brulla e giallastra che sfioriamo alla nostra sinistra è tutto un cimitero".(15)

La storia, il turismo

Nelle descrizioni riportate nell’articolo sopra indicato, si può notare che ogni città possiede la sua storia e quanto essa sia fondamentale per conoscere a fondo un luogo. Citando le parole di Francesco Tagliarini, la storia è: "…una grande maestra, …attesta per il presente e per il futuro…le glorie passate… e inducono a trarre ispirazione".

Il turismo culturale, in questa ottica, assegna alla parola “viaggio” un nuovo significato e scopo: conoscere il passato dell’umanità.

Il direttore della rivista “Drini” dava molto importanza alla funzionalità della cultura, in questo caso la cultura albanese. In uno dei suoi articoli si discute come il turismo rivolto alla conoscenza della cultura possa solo portare "all’elevazione di un popolo".

L’articolo evidenzia come la rilevanza culturale permane, tra ieri ed oggi, punto fondamentale nella conoscenza e promozione turistica, anche se sono mutate le modalità di presentazione e divulgazione.

Francesco Tagliarini in Atti- Note turistiche, pubblicato a novembre del 1942, affermava:

"Il turismo si rivela un mezzo poderoso per l’evoluzione culturale e sociale di un popolo civile, per cui nel quadro delle attività nazionali di un Paese l’industria del forestiero, oltre a costruire un contributo notevole alla prosperità economica della collettività, contribuisce in modo vasto e positivo alla migliore evoluzione dei popoli, per il complesso dei riflessi educativi che ne derivano.[…] Leggi e regolamenti non mirano semplicemente alla tutela di interessi economici, ma anche a quelli del prestigio nazionale, fattore politico di primissimo piano".

Il turismo del cemento

Questo concetto è stato negli anni trascurato, perché i vari governi hanno preferito la crescita economica sopra la cultura di un popolo, l’immagine di una nazione. Ora si è arrivati, sempre per interessi economici, a distruggere la cultura e l’ambiente, generando un turismo invasivo. Fortunatamente si sta cercando di contrastare questo fenomeno attraverso una politica di promozione e di valorizzazione delle risorse culturali attuata dall’Unione europea.

L’Albania, uscita in anni recenti da una chiusura politica, ha voluto guadagnare tempo, arrivando, come altri Paesi europei, a sfruttare in maniera lesiva il suo territorio, basti pensare le enormi infrastrutture costruite sui litorali albanesi.

Il turismo culturale e quello sostenibile si pongono l’obiettivo di spostare l’affluenza turistica su determinate zone, ormai sature di visitatori, e indirizzarle su luoghi poco conosciuti in cui non sono solo protagoniste le bellezze storiche ma anche il folclore popolare. E ciò rende il viaggio più interessante e attrattivo.

Il turismo culturale riguarda anche la ricerca di identità culturali differenti, alla scoperta della vita quotidiana delle comunità ospitanti. Questo tipo di turismo sta avendo recentemente sempre più successo, perché è cambiata la domanda e l’offerta, ma rimane sempre il fatto che il turista è sempre invogliato a scoprire nuovi posti, vuole viaggiare verso qualcosa che gli è ignoto. Anche Tagliarini in Note turistiche, spiega che:

"A bene esaminare il fenomeno turistico si rivela come il fattore determinante di esso sia di ordine psicologico […]

Anche quando il turista si muove per ragioni esclusive di riposo, di cura o di svago, esso subisce notevolmente l’influenza del fattore psicologico. La propaganda turistica stessa è fondata su delicati motivi psicologici.

Ora se scrutiamo l’anima umana scorgeremo che a tutti noi è comune un desiderio: conoscere l’ignoto, vedere da vicino quelle cose di cui abbiamo avuto o una teorica conoscenza attraverso lo studio o la lettura tramandata dal racconto degli altri; godere da vicino paesi diversi e osservare le loro genti e conservare qualche documento che racchiuda in se l’essenza delle cose viste.

Questo processo spirituale ha inizio nella nostra anima per l’innata ricerca della novità e promana dal desiderio confessato o inconfessato, avvertito o inavvertito di vedere ed ammirare cose nuove e belle, di osservare il vario e mutevole aspetto delle terre e delle genti; si conclude in una sintesi della mente con l’arricchire il sapere di tante immagini storiche morali ed artistiche, abitua progressivamente gli individui al senso estetico del bello, li affina alla percezione dei valori storici ed artistici: e il tutto è ravvivato nel tempo dai ricordi nostalgici, stimolati dal godimento dell’essenza stessa del viaggio".

Questa citazione è sorprendenteme

editor's pick

latest video

news via inbox

Nulla turp dis cursus. Integer liberos  euismod pretium faucibua

Possono interessarti anche