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La Pasqua sotto Enver

Come si festeggiava la ricorrenza della Pasqua in Albania durante il regime comunista? Un ricordo

29/03/2018, Adela Kolea -

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(Pubblicato in contemporanea con Albania News )

Quando Pasqua bussava alle porte, che si fosse cattolici o ortodossi, i nostri nonni e genitori, tenevano dentro sé l’attesa. E poi la ricorrenza veniva festeggiata di nascosto in famiglia, con parenti o con gli amici più fidati.

Il nostro è sempre stato un paese dove hanno convissuto pacificamente tre religioni: musulmani, la maggioranza, e poi cattolici e ortodossi. Delle nostre stesse famiglie e della nostra parentela facevano parte anche zii e zie che avevano sposato persone di fede diversa dalla propria, senza pregiudizi. O meglio: un po’ di pregiudizi c’erano da parte delle generazioni più anziane, ma da parte dei giovani no.

A onor del vero anche il grado di intensità della fede, era maggiore negli anziani, in coloro i quali avevano potuto frequentare istituzioni religiose, praticare culti e preghiere. Alla nostra generazione, quella più giovane, che non aveva mai avuto modo di conoscere una chiesa oppure una moschea, risultava un po’ difficile e astratto il discorso della fede. Il regime sotto cui vivevamo e la sua linea ideologica ci avevano precluso la pratica della religione.

L’occorrenza della Pasqua, oltre ad essere ricordata con le preghiere individuali, veniva festeggiata anche a tavola, con piatti tipici e secondo le possibilità economiche di ciascuna famiglia.

Ma l’aspetto più divertente e più particolare per me, allora bambina, era il momento della colorazione in casa delle uova sode! Con quanta gioia aiutavo mia nonna in cucina e mi sporcavo le mani di colori!

La colorazione delle uova non era affatto facile ed era una vera impresa. Innanzitutto perché prima di iniziare a colorare dovevamo procurarci la materia prima, cioè le uova. Era un prodotto talmente ricercato e limitato che, per la riuscita del festeggiamento di questa ricorrenza, ci si doveva organizzare per tempo. Una volta procurate le uova, per le sostanze coloranti non ti potevi rivolgere al negozietto di alimentari vicino casa e tanto meno al supermercato (che non esisteva). Occorreva lavorare di fantasia ed ingegno.

La nonna per colorare le uova di verde mi faceva raccogliere in un campo accanto a casa mia delle ortiche. Le metteva a bollire e ne risultava un liquido verde, dal colore forte e acceso. Per le uova rosse metteva a bollire la barbabietola rossa, che lasciava un liquido rosso scuro, vicino al bordeaux. Il colore giallo era un po’ più complicato in quanto si cercava di ottenerlo dai funghi di campo. Ma non era facile trovarli e poi si doveva essere in grado di riconoscerli. Allora la nonna chiedeva l’aiuto di un nostro caro amico di famiglia, un signore anziano che aveva la passione di esplorare la natura e la sua flora, che girava nei campi e nelle colline attorno alla città, per procurarsi delle erbe medicinali, che poi adoperava per le cure e i medicamenti tradizionali. Ed ecco, una volta procurati i funghi, la nonna li metteva a bollire ed otteneva il colorante giallo per le uova!

Questi preparativi erano particolari non solo perché laboriosi ma anche perché tutto si svolgeva di nascosto, appoggiandosi solo a persone di comprovata fiducia, persone che sapevi non ti avrebbero tradito.

Un ultimo particolare. A me le uova piacevano non soltanto colorate, ma anche decorate con qualche disegno. A quei tempi, non ci potevano venire in aiuto colori a pastello o di altri tipi, perché alla fin fine, avevamo sì e no le matite colorate per la scuola… Ma anche in questo caso veniva in aiuto la fantasia della nonna. Prendeva delle foglie di prezzemolo, le attaccava sopra le uova prima di colorarle, le legava con un ritaglio di calze o collant di filanca e, dopo la bollitura in acqua colorata, il posto ricoperto dalla foglia di prezzemolo rimaneva bianco. Ecco fatto il disegno!

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