La parola alla Corte
“L’indipendenza del Kosovo è in armonia con il diritto internazionale?” È la domanda che la Serbia ha deciso di rivolgere, previa approvazione da parte dell’Assemblea generale dell’Onu, alla Corte Internazionale di Giustizia, il principale organo giudiziario delle Nazioni Unite
Vuk Jeremić, il ministro degli Interni serbo, a metà agosto ha presentato una proposta di Risoluzione della Serbia sul Kosovo secondo la procedura ufficiale dell’Assemblea Generale dell’Onu. Con la risoluzione si chiede all’Assemblea Generale di sollecitare il parere consultivo della Corte Internazionale di Giustizia sulla legalità della dichiarazione d’indipendenza del Kosovo.
Presentando la proposta di Risoluzione la Serbia ha avviato la procedura ufficiale presso l’Assemblea Generale dell’Onu, che si riunirà regolarmente a partire da settembre.
Nel testo della risoluzione presentata dal ministro Jeremić, come riporta Tanjug [agenzia di stampa serba, ndt.] si dice:
«Considerando le finalità e i principi delle Nazioni Unite, rammentiamo che il 17 febbraio 2008 le istituzioni provvisorie dell’amministrazione autonoma del Kosovo hanno proclamato l’indipendenza dalla Repubblica della Serbia. Consapevoli che questo atto è stato accolto in maniera differenziata dai membri dell’Onu in relazione alla sua armonizzazione con l’assetto esistente del diritto internazionale, decidiamo che in base all’art. 96 della Carta delle Nazioni Unite si richieda alla Corte di Giustizia Internazionale, richiamandosi all’art. 56 del suo Statuto, di fornire un parere consultivo sulla seguente questione: La dichiarazione unilaterale di indipendenza proclamata da istituzioni provvisorie dell’amministrazione autonoma del Kosovo è in armonia con il diritto internazionale?»
Lo scopo dell’iniziativa è quello di sospendere il processo di riconoscimento dell’indipendenza del Kosovo fintanto che la Corte Internazionale non si pronunci su tale questione. In questo modo la Serbia tenta anche di ostacolare l’entrata del Kosovo nelle istituzioni internazionali. Nell’argomentare la nuova iniziativa Jeremić ha affermato che questa è parte della strategia adottata dal governo della Repubblica della Serbia e che costituisce una parte del Piano d’azione il cui contenuto non è ancora stato rivelato all’opinione pubblica serba.
Jeremić ha dichiarato che con questa mossa la Serbia vuole riportare la questione del Kosovo sul piano del diritto internazionale, dove, secondo le parole del funzionario di Belgrado, la Serbia ha più argomenti per difendere la tesi sull’integrità territoriale e la sovranità.
«Se l’Assemblea Generale stabilisse che tale domanda va posta alla Corte Internazionale di Giustizia, credo che l’effetto a breve termine sarebbe che i paesi che non hanno riconosciuto l’indipendenza del Kosovo, a nostro parere una proclamazione illegale dell’indipendenza del Kosovo, non lo farebbero fino a che la Corte non avrà espresso il suo parere», ha dichiarato Jeremić in un’intervista per B92. «Se a settembre, a New York, raggiungeremo il nostro obiettivo, penso che non ci saranno nuovi riconoscimenti, e in quel momento il Kosovo non diventerà membro di nessuna importante organizzazione internazionale», ha affermato Jeremić. Il ministro ha poi aggiunto che la Serbia si aspetta che il parere della Corte confermi che l’indipendenza del Kosovo è contraria al diritto internazionale, cosa che riporterà le parti del processo al tavolo delle trattative.
Jeremić ha sottolineato che il parere della Corte Internazionale non ha potere vincolante, ma ha una grande influenza morale, politica e giuridica.
Il ministro si aspetta una forte opposizione alla risoluzione presentata dalla Serbia, in particolare dai paesi che hanno già riconosciuto l’indipendenza del Kosovo. Jeremić ha aggiunto che sa bene che si tratta di alcuni dei paesi attualmente più potenti, ma che la «Serbia è assolutamente determinata a persistere in questa iniziativa e per questo, in questi giorni, sono in corso intensi colloqui diplomatici con il mondo intero». Il ministro ha dichiarato che la Serbia non si fermerà. «Utilizzeremo tutti i mezzi politici, giuridici e diplomatici per difendere la sovranità e l’integrità territoriale del nostro paese.
Affinché l’iniziativa venga accolta sono necessari i voti di 96 più uno dei 192 stati membri che compongono l’Assemblea generale. I funzionari di Belgrado ritengono che ci siano ampie possibilità che la risoluzione venga accolta, in quanto nella prassi adottata finora dall’Assemblea non è mai accaduto che una tale iniziativa venisse respinta.
Gli analisti serbi ritengono che la Repubblica della Serbia, se avrà il sostegno dell’Assemblea generale, otterrà un grande valore morale. Nella trasmissione «Uvećanje», [Ingrandimento, ndt.] su B92 dedicata a questo argomento, l’esperto di diritto internazionale Vladimir Đerić ha affermato che è impossibile prevedere come voteranno i paesi su questa risoluzione, ma sicuramente si tratterà di una decisione assai complicata. «Non è reale aspettarsi che dopo il parere della Corte si annullino le decisioni sul riconoscimento dell’indipendenza del Kosovo né che si apra un nuovo processo di negoziazione. Il parere della Corte, però, avrà un grande valore morale e giuridico» ha sottolineato Đerić. L’ex ministro degli Esteri Goran Svilanović ritiene che la risoluzione della Serbia sia una buona mossa. Egli sostiene che così la questione del Kosovo smetterà di dominare la scena politica serba e che ci vorranno almeno due anni per avere il parere della Corte.
L’iniziativa della Serbia a molti non piace. I funzionari americani hanno già mandato un monito alla Serbia, e Bernard Kouchner, ministro degli Esteri francese, ha fatto presente alla Serbia che ciò potrebbe rallentare il cammino del paese verso l’integrazione europea. Sonja Licht, presidente del Centro belgradese per l’eccellenza politica, non ritiene tuttavia che la risoluzione sarà l’ostacolo della Serbia sulla strada verso l’adesione all’Ue. La Licht ha messo in evidenza che se la Serbia continuerà a rispettare gli impegni internazionali nessuno metterà in discussione il suo futuro di stato membro dell’Ue. «Ci saranno diverse interpretazioni. Qualcuno dirà che la risoluzione non va bene, e qualcuno dirà, per fortuna, che finalmente la Serbia, in una situazione in cui si trova a fronteggiare un grosso problema, lo affronta utilizzando dei mezzi legali, e non un confronto fuori misura», ha aggiunto Sonja Licht.
Dušan Lazić del Forum per le relazioni internazionali si aspetta che, dopo l’iniziativa diplomatica di successo della Serbia, sia bilateralmente che unilateralmente, molti stati decidano di sostenere la risoluzione. Lazić sostiene che questi non lo faranno per il Kosovo o la simpatia nei confronti della Serbia, ma per poter proteggere in futuro i propri interessi e stabilire un meccanismo di tutela nel diritto internazionale. Lazić aggiunge che la risoluzione ha «più possibilità» di essere approvata dopo la guerra tra Georgia e Russia e la questione dell’indipendenza dell’Ossezia del sud e dell’Abkazia.
Se l’iniziativa della Serbia otterrà l’approvazione nell’Assemblea generale delle Nazioni Unite questa sarà la prima volta che la Corte Internazionale di Giustizia si pronuncerà sulla secessione di una parte di territorio di uno stato.
Il procedimento della Corte Internazionale è complesso. La Corte richiede il parere del paese che presenta l’iniziativa, in questo caso la Serbia, ma anche degli altri paesi che la sostengono all’Assemblea generale dell’Onu. Al procedimento possono prendere parte anche i paesi che non hanno appoggiato l’iniziativa e che vogliono essere ascoltati dalla Corte. Il procedimento termina con la lettura del parere consultivo in una seduta pubblica. Il parere non è giuridicamente vincolante, e la sua messa in pratica dipende dalla decisione dell’organo, ovvero dell’organizzazione che lo ha richiesto. La principale forza del parere sta nel prestigio della Corte Internazionale di Giustizia.
La Corte Internazionale di Giustizia è stata fondata nel 1946, ha sede all’Aja, ed è uno dei sei organi più importanti delle Nazioni Unite. Alla Corte Internazionale vengono sottoposte le controversie mosse dagli stati, casi in cui la Corte emette un verdetto. Altra competenza della Corte è dare un parere consultivo nel caso in cui questo venga richiesto da un organo delle Nazioni Unite.
I principi secondo cui opera la Corte sono obiettività e indipendenza, i giudici non vengono scelti su proposta degli stati membri, ma le loro candidature vengono presentate da esperti di tutto il mondo, e l’elenco di nomi dei candidati proposti viene depositato nell’ufficio del Segretario generale delle Nazioni Unite.
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