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La morte del signor Lazarescu

Si è concluso la scorsa settimana il Trieste Film Festival. Il vincitore è il regista rumeno Cristi Puiu, con il suo "Moartea domnului Lazarescu". Nella sezione documentari il Premio Alpe Adria Cinema è andato a "Oyun – La rappresentazione teatrale"

03/02/2006, Nicola Falcinella - Trieste

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La morte del signor Lazarescu

Un film rumeno, il naturale favorito, ha vinto la 17° edizione del Trieste Film Festival Alpe Adria chiusosi la scorsa settimana. La giuria internazionale (il produttore Andrea Fornari, la studiosa ungherese Judit Pintér e Jelka Stergel, direttrice del Festival di Lubiana), ha assegnato il Premio Trieste (5.000 euro) per il miglior lungometraggio in concorso, a "Moartea domnului Lazarescu – La morte del signor Lazarescu" di Cristi Puiu, presentato in anteprima nazionale e già vincitore a Cannes nella sezione "Un Certain Regard".

"E’ un film che sa trattare di problemi universali partendo da una storia comune. Con uno stile documentaristico e un linguaggio coerente, il regista riesce a trascendere dalla quotidianità per arrivare a un piano metafisico" hanno motivato il premio. E la scelta non poteva essere più giusta.

In due ore e mezzo, Puiu racconta il malore, e la morte di un anziano. Tutto mentre è trasportato in ambulanza da un ospedale all’altro di Bucarest alla ricerca di un posto dove possa essere assistito. Con uno stile solo apparentemente molto semplice, il regista mostra l’uomo e la società, in un racconto a fisarmonica che parte molto intimo nella stanza dell’uomo, si apre ampio a osservare e registrare dolori, ansie, frustrazioni della città e torna a richiudersi sull’anziano morente. Molto bravo il protagonista Ioan Fiscuteanu e Luminita Gheorghiu che interpreta l’infermiera che lo assiste fino all’ultimo respiro.

Menzione Speciale per la regia a "Stestí – Qualcosa come la felicità" di Bohdan Sláma "per il ritratto commovente ed equilibrato di personaggi così autentici e diversi tra loro". Il film, premiato al Festival di San Sebastian con "Odgrobadogroba" dello sloveno Jan Cvitković (scelto, fuori concorso, per l’apertura di Trieste), racconta con leggerezza amori e amicizia, sogni e delusioni, in una cittadina industriale.

Fuori dai premi altri due ottimi film, all’interno di una selezione diseguale e varia, con un film mediocre come il bulgaro "Leidi Ze" (ma vincitore al Sarajevo Film Festival), il curioso ungherese "I percorsi della luce" di Attila Mispal e il lineare ma riuscito "Delo Osvobaja – Il lavoro rende liberi" dello sloveno Damjan Kozole. Sono il kosovaro "Kukumi" di Isa Qosja e una delle sorprese di stagione, "Ryna" dell’esordiente Ruxandra Zenide, trentenne nata in Romania e trasferita a Ginevra.

Il primo racconta, con poche parole e immagini taglienti, di tre persone che, dopo l’inizio dei bombardamenti Nato nel 1999, lasciano l’ospedale psichiatrico dove sono rinchiusi e scoprono un mondo che dovrebbe essere libero ma dove si ripetono i pregiudizi e gli odi di prima. Tanto che, al culmine della violenza intorno a loro, i due sopravvissuti preferiscono far rientro in manicomio.

Ryna è un’adolescente non bella ma conturbante e con un’innata predisposizione verso i motori vive con il padre gelosissimo e all’antica in un piccolo villaggio di pescatori sul delta del Danubio. Quando compare un giovane antropologo francese la situazione precipita. La giovane regista evita gli stereotipi e le strade più semplici, sa gestire la carica dirompente e selvaggia del personaggio (e dell’attrice rivelazione Dorotheea Petre), insinuandosi insieme nei meandri delle anime e di un paesaggio forte.

Tra i cortometraggi, dove ha vinto il ceco-islandese "Slavek the Shit" di Grímur Hákonarson, menzioni speciali al piano sequenza senza dialoghi "Before Dawn – Prima dell’alba" dell’ungherese Bálint Kenyeres (lavoratori clandestini nascosti e catturati in un suggestivo e misterioso campo di grano) e al bulgaro "Zivut sus Sofija – La vita con Sofia" di Svetla Cocorkova. Nella sezione documentari, il Premio Alpe Adria Cinema è andato a "Oyun – La rappresentazione teatrale" della regista turca Pelin Esmer per "come le donne di un piccolo paese turco, che si fanno carico della dura realtà sia nel lavoro che nella loro vita familiare, riescono a trascendere questa realtà con l´apprendimento del processo della creazione teatrale". Con una menzione speciale al documentario "Fabrika – Fabbrica" di Sergej Loznica.

Gli spettatori in sala, con i loro voti, hanno assegnato i premi del pubblico al lungometraggio polacco "Mistrz" di Piotr Trzaskalski e al documentario bulgaro "Georgi i peperudite" di Andrej Paounov.

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