La monarchia in Serbia: un trucco pre-elettorale
Il rafforzamento del blocco politico reale indebolisce i due più forti partiti serbi: l’ultranazionalista Partito radicale serbo (SRS) e il moderato conservatore Partito democratico della Serbia (DSS).
Con la richiesta che la Serbia, dopo sei decenni, ritorni alla guida monarchica la Chiesa ortodossa serba (SPC) si è immischiata direttamente nella campagna per le elezioni politiche anticipate che si terranno il 28 dicembre.
Il capo della SPC, il patriarca Pavle, il 29 novembre – esattamente 60 anni da quando il potere comunista in Jugoslavia ha proclamato la repubblica e allontanato dal potere il re Petar II Karađorđević – ha appoggiato nuovamente la costituzione di una monarchia parlamentare costituzionale in Serbia.
Il patriarca nella lettera indirizzata a Aleksandar II Karađorđević, figlio dell’ultimo re, ha fatto riferimento alla significativa casa reale dei Karađorđević nella storia serba affermando che gli stati europei che hanno mantenuto la monarchia "rappresentano l’esempio di stati avanzati, organizzati e portatori delle vere democrazie".
"La chiesa è dell’idea che la decisione sulla eliminazione della monarchia sia una conseguenza della tirannia e deve essere immediatamente annullata" ha scritto il patriarca.
Aleksandar Karađorđević già il giorno successivo ha salutato l’iniziativa del patriarca e per la prima volta, da quando è caduto Slobodan Milošević vive in Serbia, apertamente si è dichiarato come pretendente al trono.
In quella occasione egli ha dichiarato che il ritorno della monarchia in Serbia è "una cosa di diritto e di giustizia".
Il ritorno della monarchia in Serbia, invece, non è letta dagli analisti dell’opinione pubblica come una questione che possa essere appoggiata, avendo presente che negli ultimi dieci anni la monarchia nell’opinione pubblica non ha mai avuto l’appoggio di più di un quinto della popolazione.
L’analista dell’opinione pubblica Srećko Mihajlović dell’Istituto per le scienza sociali di Belgrado afferma che "non esiste un referendum con cui i cittadini della Serbia potrebbero accettare la monarchia come forma di governo".
Egli afferma che dal 1990 la monarchia ha ottenuto solo una volta più del 18 percento dei cittadini.
"Già prima dell’atteso bombardamento della NATO (1999) e nel contesto dell’alternativa Milošević-Karađorđević, più di due quinti si sono decisi per il re" dice Mihajlović spiegando questo come il tentativo disperato dei cittadini per evitare i bombardamenti.
Ma, aggiunge l’analista, già dopo i bombardamenti il livello di sostegno alla monarchia era caduto drasticamente.
Gli analisti spiegano questo col fatto che in Serbia da tempo non esiste una coscienza dei cittadini sulla monarchia.
Dopo l’unione jugoslava dopo la Seconda guerra mondiale, la dinastia serba dei Karađorđević (affermatasi all’inizio del XIX secolo) governò la Jugoslavia per 23 anni, fino al 1941, quando sotto l’occupazione tedesca il re Petar Secondo Karađorđević emigrò in Gran Bretagna.
L’avvento del comunismo alla guida del paese, proclamò la repubblica e il re Petar nel 1969 morì in esilio.
Suo figlio Aleksandar, nato in Gran Bretagna, per la prima volta ha visitato la Serbia nel 1991 per poi abitarvi soltanto nel 2001.
Teniamo presente, tuttavia, che non conosceva nemmeno la lingua serba, che non si era occupato di politica e di questioni diplomatiche e che è stato esposto alla propaganda di Milošević, con ciò non ha mai goduto di una grande popolarità presso i cittadini.
Questo sarebbe, affermano gli analisti, un altro motivo importante per cui la monarchia non gode di un forte sostegno.
Si dice tuttavia che sia possibile in questo momento che il sostengo alla monarchia possa essere un po’ più alto del normale benché non sufficiente per far sì che il re ritorni a capo del paese.
I motivi di ciò sono la mancanza di fiducia nella speranza dei cittadini, i quali nemmeno dopo la caduta di Milošević sono riusciti a migliorare la qualità della vita e nemmeno la Serbia è riuscita a diventare uno stato politicamente stabile.
Il risultato di tutto questo sono i tre tentativi falliti in un anno per eleggere il presidente della repubblica, dal momento che a causa delle forti divisioni politiche i cittadini demotivati in nessun caso sono andati alle elezioni in numero sufficiente per far sì che il presidente venisse eletto (necessario il 50% dei voti).
Ecco perché l’argomento principale dei monarchici riguarda il fatto che il re a capo di una monarchia parlamentare sarebbe un certo tipo di autorità che garantirebbe la stabilità politica.
Un altro motivo è il riferimento alle monarchie europee: Gran Bretagna, Svezia, Danimarca, Olanda e Spagna, che fanno parte degli stati stabili ed economicamente prosperi.
"Il ritorno della monarchia non sarebbe retrogrado, come alcuni tentano di rappresentare, perché in Europa ci sono repubbliche che non sono del tutto democratiche, ma non c’è alcun regno che non sia ricchissimo, con più alto livello di sicurezza per tutti coloro che vi abitano", afferma Vuk Drašković, leader del Movimento per il rinnovamento serbo (SPO), il più forte partito monarchico.
L’iniziativa del patriarca ha dato con le elezioni parlamentari le ali a Drašković, la cui coalizione monarchica era prima del 29 novembre – secondo le indagini sull’opinione pubblica – sulla soglia del quorum del cinque percento di sostegno dei cittadini, quanto è appunto necessario per far sì che un partito entri in parlamento.
Dopo l’invito della Chiesa al ritorno della monarchia non è quasi più in questione l’ingresso di Drašković al parlamento serbo.
A causa di ciò gli altri partititi non hanno accolto con favore l’iniziativa del patriarca benché si siano astenuti dal condannare pubblicamente la Chiesa.
Il Partito democratico della Serbia (DSS) partito moderatamente conservatore e principale favorito alle imminenti elezioni al quale l’iniziativa del patriarca potrebbe sottrarre il maggior numero di voti, nella campagna pre-elettorale considera "imposta" la questione sulla monarchia.
"Consideriamo non necessario porre la domanda sulla repubblica o la monarchia in questo momento, perché esistono questioni più importanti", ha detto il vicepresidente di questo partito Dragan Maršićanin, il quale afferma che questa questione dovrebbe essere risolta con un referendum.
Per questo a Belgrado c’è anche chi pensa che la Chiesa sia stata volutamente manipolata al fine di sollevare la questione sulla monarchia per fare in modo che la coalizione monarchica possa indebolire l’influenza, tra gli elettori conservatori, sui due maggiori partiti DSS e l’ultranazionalista Partito Radicale Serbo, SRS.
Tali opinioni, che generalmente non sono pubbliche si motivano dal fatto che il principe Aleksandar, molto vicino all’Occidente, ai loro centri è servito a suo tempo come esponente nella lotta contro Milošević.
In queste elezioni i governi occidentali mostrano il chiaro interesse di indebolire i Radicali, che componevano lo squadrone dei partiti filo-Milošević col suo leader Voijslav Sešelj, ora all’Aia accusato per crimini di guerra.
Dall’altra parte, il DSS di Vojislav Koštunica, che con un ampio blocco di partiti democratici sconfisse Milošević alle elezioni del 2000, ha dichiarato pubblicamente durante la campagna elettorale di non desiderare, insieme con il partito riformista G17 Plus, di entrare in coalizione col Partito democratico (DS), il maggior partito della coalizione governativa.
In Occidente non nascondono affatto il desiderio di un governo fatto da DSS, G17Plus e DS, benché Koštunica non desideri l’alleanza col DS, che accusa di metodi antidemocratici e gli ascrive la responsabilità per le non riuscite riforme.
Se il blocco monarchico venisse rinforzato dall’iniziativa del patriarca, sarebbe un duro colpo alle forze di estrema destra, ma indebolirebbe anche Koštunica, che sarebbe allora forse più accondiscendente verso il DS.
Se questa teoria si dimostrasse esatta, ciò significherebbe che l’Occidente mediante la conservativa Chiesa serba intende rafforzare le forze filo-occidentali del paese.
Tuttavia, benché non si metta in discussione il fatto che la monarchia in Serbia non abbia delle grosse possibilità, resta la domanda se il rafforzamento del blocco reale possa indebolire significativamente il SRS e il DSS.
Gli analisti affermano ancora che questi due partiti, benché reciprocamente nemici, si divideranno non meno di due milioni di voti, che sarà sicuramente il sostegno di più della metà degli elettori che si recheranno alle urne.
Vedi anche:
–La Serbia non ritorna a Miloševic
editor's pick
latest video
news via inbox
Nulla turp dis cursus. Integer liberos euismod pretium faucibua