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La Macedonia (del Nord) e gli accordi di Prespa, trionfo o disfatta?

Reazioni contrastanti in Macedonia (del Nord) alla ratifica degli accordi di Prespa da parte greca. Il governo parla di occasione unica e investimento nel futuro, l’opposizione di accordo squilibrato e perdita di identità

06/02/2019, Ilcho Cvetanoski - Skopje

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Il 25 gennaio scorso, con 153 voti a favore su 300, il parlamento greco ha ratificato gli accordi di Prespa, soddisfacendo così la penultima condizione prima che il suo vicino settentrionale cambi nome in Macedonia del Nord. L’ultimo compito del primo ministro greco Tsipras e della coalizione guidata da Syriza sarà la ratifica del protocollo di adesione della NATO. Poi, la Repubblica di Macedonia avvierà l’attuazione delle modifiche costituzionali previste e informerà gli stati e le organizzazioni internazionali del suo nuovo nome ufficiale.

Come previsto, le reazioni a Skopje sono andate dall’euforico al catastrofista, dimostrando ancora una volta la profonda polarizzazione della società macedone. Il governo, insieme alla maggioranza dei media, intellettuali e analisti pro-accordo, ha celebrato il voto come un investimento per il futuro. D’altra parte, media e intellettuali dell’opposizione hanno lamentato la perdita del nome ufficiale dello stato e le possibili clausole nascoste, invocando scenari oscuri per il futuro del paese.

Entrambe le parti, tuttavia, hanno concordato su una cosa. Il discorso di Tsipras durante il dibattito sull’accordo di Prespa, insieme a quelli di altri due parlamentari di Syriza, è stato un enorme passo avanti per le relazioni di buon vicinato, dal momento che il primo ministro greco ha parlato apertamente di "slavo-macedoni" e del loro destino prima, durante e dopo la guerra civile greca. Considerando il non stellare curriculum della Grecia in tema di diritti delle minoranze, in particolare per quanto riguarda quella macedone, questo è stato davvero un momento storico.

Le principali narrazioni

Secondo i sostenitori, gli accordi di Prespa rafforzeranno e affermeranno ulteriormente l’identità della Macedonia, con potenziali effetti positivi sull’economia e sulla sicurezza dello stato a seguito dell’adesione alla NATO. Alcuni media hanno sottolineato che i titoli di stato della Macedonia sono saliti alle stelle dopo il voto di Atene, sostenendo che la tendenza aumenterà ulteriormente una volta firmato il protocollo di adesione della NATO e aperti i colloqui di adesione all’Ue. Un altro argomento molto gettonato fa riferimento agli investimenti nel futuro tramite il rafforzamento delle relazioni di buon vicinato e la costruzione di un partenariato strategico con la Grecia.

Invece, i critici hanno lamentato il rischio di perdita di identità e denunciato l’asimmetria dell’accordo, descrivendo l’intero processo come una forma di capitolazione nazionale. Secondo lo stesso Zoran Zaev, la Grecia non si riferirà mai ai cittadini della (Nord) Macedonia come macedoni, ma come "slavo-macedoni", come ha fatto Tsipras durante il dibattito, o come "Skopjani" come facevano prima. Quindi i critici temono che, in seguito al cambio formale del nome, i media, politici e intellettuali internazionali useranno l’aggettivo macedoni del Nord invece di macedoni, come previsto nell’accordo di Prespa.

Affare fatto, e poi?

Due questioni sono state discusse in una serie di dibattiti su diverse emittenti nazionali: quali politiche dovrebbero seguire la ratifica degli accordi e come utilizzare questo slancio per un ulteriore avanzamento delle relazioni bilaterali?

Riguardo alla prima domanda, è stato sottolineato che élite e istituzioni macedoni dovrebbero concentrarsi completamente sull’attuazione completa dell’accordo, ignorando le voci conservatrici che ne invocano una revisione. Secondo questi analisti, l’opposizione conservatrice in entrambi i paesi critica l’intesa in vista delle elezioni presidenziali in Macedonia e delle elezioni europee e parlamentari in Grecia, ma a porte chiuse è favorevole e felice che qualcun altro abbia finalmente risolto l’annosa questione.

Il secondo dilemma è più ostico. In un editoriale per Deutsche Welle, Kica Kolbe – scrittrice, filosofa e membro del team macedone nel Comitato congiunto interdisciplinare di esperti su argomenti storici, archeologici ed educativi (un organismo istituito dagli accordi di Prespa per garantire che nessun materiale educativo contenga riferimenti irredentisti/ revisionisti) – ha sottolineato che "la strada verso il perdono e la riconciliazione inizia con l’affrontare il passato".

Per raggiungere questo obiettivo, ha sottolineato Kolbe, i macedoni dovrebbero dimenticare le fantasie di cancellare il Trattato di Bucarest del 1913 per unire in uno stato unitario le quattro le parti della regione geografica Macedonia: fantasie alimentate, come in tutti gli stati balcanici, attraverso endemiche narrazioni di vittimizzazione.

Affrontare il passato

Il discorso di Tsipras è l’inizio della tanto necessaria riconciliazione? Sì, se uno giudica dalle reazioni estatiche dei media macedoni. Nella sua critica alla decisione del Partito comunista di non appoggiare l’accordo, Tsipras ha menzionato la guerra civile greca, i "combattenti slavo-macedoni dell’Esercito democratico di Grecia", i rifugiati della guerra civile, privati dallo stato greco del diritto di ritorno in patria nel 1983, e la combattente partigiana "slavo-macedone" Mirka Ginova, conosciuta come Irene Ginny: la prima donna condannata e giustiziata dal governo durante la guerra civile greca.

Sulla stessa linea, il deputato di Syriza Nikos Filis, commentando la narrativa nazionalista greca che "la Macedonia è una, ed è greca", ha dichiarato che la Macedonia non è solo greca. "Forse non suona bene, ma è la verità. La Macedonia greca è greca, e lasciatemi chiarire, è stata resa greca perché, fino al 1912/1913 e 1921/1922, quando arrivarono i rifugiati, non c’era una maggioranza greca in Macedonia: solo in alcune regioni del sud", ha detto Filis.

Secondo le élite liberali in Macedonia, questa narrazione è chiaramente un effetto positivo dell’accordo di Prespa e mostra la volontà della società liberale greca di aprire la dolorosa questione dei diritti delle minoranze e dei diritti dei rifugiati della guerra civile greca. Tra i discendenti di questi rifugiati ci sono Kica Kolbe, il ministro degli Esteri macedone Nikola Dimitrov, l’ex primo ministro Nikola Gruevski, ecc..

Prospettive dell’accordo di Prespa

Alexis Heraclides, professore di Relazioni internazionali e risoluzione dei conflitti presso l’Università di Scienze sociali e politiche Panteion di Atene, ha sottolineato in una recente intervista che i diritti etnici e linguistici avrebbero dovuto essere inclusi nell’accordo di Prespa.

"I membri di questa ‘minoranza fantasma’ sono cittadini greci che risiedono nel nord della Grecia, a Florina, Pella e Kastoria. Sono la maggioranza in alcune regioni e parlano un’altra lingua; la loro lingua madre è lo slavo-macedone o forse un dialetto bulgaro. Esistono, sono lì; possiamo andare a vederli e parlare con loro (sono bilingui)", ha detto Heraclides, aggiungendo che circa la metà di loro afferma di essere di origine slava, ma si considera greca.

Tuttavia, continua Heraclides, l’altra metà "si vede come qualcosa di diverso e ricorda come i suoi antenati furono trattati sotto la dittatura di Metaxas e negli anni ’50. La metà di loro fuggì dalla Grecia alla fine della guerra civile; si noti che nella seconda parte degli anni ’40, durante la guerra civile greca, gli slavo-macedoni costituivano la maggioranza dell’ELAS (Esercito di liberazione del popolo greco)".

Molti altri studiosi greci hanno scritto ampiamente su come l’eredità slava della Macedonia è stata spazzata via dall’oppressione linguistica o come la Grecia abbia ignorato la questione macedone. Ciò è confermato dalla missione di inchiesta del 2008 di Gay McDougall, esperto indipendente delle Nazioni Unite sui problemi delle minoranze, che "ha esortato il governo greco ad abbandonare la disputa sull’esistenza di una minoranza macedone o turca in Grecia e concentrarsi sulla protezione dei diritti all’autoidentificazione, alla libertà di espressione e alla libertà di associazione di quelle comunità".

Dopo tutti questi anni, la questione minoranza/etnia/lingua rimane al centro della controversia, e il suo progresso determinerà sicuramente l’eredità degli accordi di Prespa: sarà considerato come l’inizio di un partenariato strategico o solo un altro accordo miope, rivolto principalmente ai bisogni geopolitici degli alleati occidentali?  

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