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La lotta alla tratta, da una prospettiva di genere

Uno studio commissionato dal Parlamento europeo analizza la lotta alla tratta di esseri umani da un prospettiva di genere. L’analisi prende in considerazione 12 stati membri Ue, tra cui Bulgaria, Romania, Grecia e Cipro

08/07/2016, Marco Sala -

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La Tratta di Esseri Umani (THB – Trafficking of Human Being), nelle sue molteplici forme, costituisce una grave violazione dei diritti fondamentali dell’uomo, con ripercussioni non solo nella vita sociale, ma anche nella sfera economica e in quella giuridico-politica.

L’articolo 2 della direttiva 2011/36/UE, definisce questa pratica come un’attività criminale che comprende il rapimento, il reclutamento e il trasferimento di persone, attraverso la minaccia dell’uso o l’uso stesso della forza o di altre forme illecite di coercizione come frode, inganno, abuso di potere o della posizione di vulnerabilità, ai fini dello sfruttamento.

La direttiva 2011/36/UE, entrata in vigore nell’aprile 2011, è un importante punto di riferimento legislativo per quanto riguarda la tratta di esseri umani. Prevede una serie di obblighi a carico degli stati volti alla prevenzione e alla repressione del trafficking, ma anche alla protezione delle vittime. Gli stati membri sono responsabili della realizzazione di un quadro giuridico che risponda a tali obblighi. Tutti gli stati membri, ad eccezione di Germania e Danimarca, hanno notificato alla commissione la piena trasposizione della direttiva.

La dimensione di genere

Il 19 aprile 2016 la commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere (FEMM) del Parlamento europeo ha presentato una relazione di Catherine Bearder (ALDE, Regno Unito), in cui si evidenzia che la dimensione di genere dovrebbe essere monitorata costantemente nell’ambito dell’attuazione della legislazione dell’UE in materia di lotta alla tratta di esseri umani.

La relazione parte dal presupposto che le diverse forme di THB, e le connesse misure anti-trafficking, hanno un diverso impatto a seconda che le vittime siano donne, uomini o transgender sottolineando l’esigenza di prevedere una prospettiva di genere nelle misure di prevenzione di tale pratica, nonché nell’identificazione, nel trattamento e nella protezione delle vittime. Europol mostra che lo sfruttamento sessuale è la maggior forma rilevata di THB (90%) e la gran parte delle vittime segnalate sono donne, quasi sempre di cittadinanza europea, in particolare provenienti dall’est Europa.

La ricerca

Per assistere la Commissione FEMM nel suo lavoro, il Servizio Ricerca del Parlamento Europeo ha chiesto a diversi gruppi di esperti di analizzare l’implementazione e l’applicazione della direttiva in questione in un sottoinsieme rappresentativo di 12 stati membri, da una prospettiva di genere.

Lo studio evidenzia un ineguale implementazione degli obblighi previsti dalla Direttiva tra gli stati membri presi in esame. L’analisi riguarda anche Bulgaria, Romania, Grecia e Cipro, paesi del sud-est Europa dove il fenomeno del trafficking è un problema rilevante e attuale, intensificatosi a causa dei recenti flussi migratori.

Considerando la dimensione di genere, la valutazione dell’implementazione sottolinea le difficoltà nell’identificazione delle vittime di tratta così come l’ineguale livello di protezione ed assistenza offerto ad esse. La dimensione di genere spesso non viene presa neppure in considerazione nell’applicazione della direttiva negli stati membri.

I dati evidenziano che la maggior parte delle vittime di THB rilevate in Europa sono donne provenienti da Bulgaria e Romania, entrambi paesi membri dell’Unione europea, che da tempo hanno ratificato la Direttiva 2011/36/EU.

Bulgaria, Romania

La Bulgaria è emersa come uno dei maggiori paesi d’origine di THB. Moltissime ragazze e bambine bulgare vengono ancora smerciate nel mercato del sesso in direzione dell’Europa (prevalentemente Austria, Belgio, Paesi Bassi, Germania, Francia, Spagna e Italia), della Russia e del Medio Oriente. Non solo mercato sessuale, la Bulgaria è una delle principali “fonti” anche per quanto riguarda altri tipi di THB come il traffico di donne incinte e neonati per la compravendita di bambini, lo sfruttamento del lavoro e l’accattonaggio forzato. La Grecia risulta la destinazione più frequente per quanto riguarda il traffico di donne incinte. Lo studio sottolinea che la maggior parte delle vittime di questo tipo di trafficking provengono dalle comunità rom della Bulgaria, dove le ragazze, che vivono in condizioni di estrema povertà (e quindi vulnerabilità), vengono reclutate con l’utopica promessa di una vita migliore.

Per quanto riguarda la Bulgaria, lo studio del PE conclude che reali ed efficaci misure di prevenzione sono quasi del tutto assenti. Il livello delle attività di prevenzione implementate dal governo bulgaro non è in conformità con la Direttiva anti-trafficking e non soddisfa la pressione derivata dall’elevata gravità del problema nel paese.

Anche la Romania emerge come un paese d’”origine” e presenta una difficile situazione, nonostante il sistema legislativo rumeno preveda per le vittime di tratta – nazionali e non – la garanzia di un periodo di ricovero di 90 giorni in un centro specializzato e varie forme di sostegno. Esse possono lì beneficiare di consulenza psicologica, assistenza sociale, medica e legale, così come cibo e alloggio. Le vittime di tratta hanno diritto ad avviare una causa civile per un risarcimento danni dal fondo statale, ma troppo spesso esse non vengono informate di tale possibilità.

Il report sottolinea che il numero delle vittime che hanno ricevuto tale risarcimento è molto basso, anche a causa di perduranti problemi burocratici nei procedimenti penali. Inoltre, non sempre viene presa in considerazione la dimensione di genere, non facendo distinzioni di trattamento a seconda del sesso delle vittime.

Grecia, Cipro

La relazione analizza anche gli sforzi che stanno sostenendo i governi di Cipro e Grecia nella lotta al THB, entrambi paesi di “destinazione”. Gli esperti affermano che Cipro non ha implementato adeguatamente la Direttiva da una prospettiva di genere. In tutti i suoi sforzi per combattere il THB, la dimensione di genere risultare essere totalmente non considerata. Le autorità hanno predisposto un rifugio/ricovero per le vittime di sfruttamento sessuale, ma lo studio rileva che “sembra più un ostello che un rifugio”, senza alcun servizio di supporto offerto alle vittime.

D’altra parte, per quanto riguarda la Grecia, i dati evidenziano una significativa diminuzione delle vittime identificate negli ultimi anni, dimostrando l’efficienza degli sforzi sostenuti dal governo greco nella prevenzione e nella lotta al trafficking. Le autorità da tempo hanno avviato una serie di corsi di formazione per gli ufficiali di “prima linea”, responsabili di identificare potenziali vittime di tratta. Sebbene la dimensione di genere talvolta non venga considerata adeguatamente, i risultati ottenuti dal governo greco dimostrano un approccio più comprensivo del fenomeno e concreti progressi nella giusta direzione.

Tuttavia il quadro generale analizzato rimane preoccupante. Il trafficking continua ad essere un problema attuale e serio che la Direttiva 2011/36/UE non è riuscita ad arginare. Gli autori ribadiscono la necessità di migliorare “drasticamente” il processo di identificazione delle vittime, il quale è fondamentale per poter garantire loro un’adeguata protezione. Inoltre è essenziale una migliore formazione degli ufficiali di prima linea sugli aspetti di genere delle differenti forme di THB, e una migliore cooperazione tra la pubblica amministrazione e le ONG competenti. Infine è necessario giungere ad una reale riduzione della domanda, sviluppando una prevenzione a livello più ampio, attraverso la sensibilizzazione dell’opinione pubblica.

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