La Francia apre ai lavoratori rumeni
Nel dicembre 2013 anche i nove paesi UE che non lo hanno fatto sino ad ora dovranno aprire le loro frontiere a tutti i lavoratori comunitari. La Francia ha iniziato a prepararsi, con lo scheletro nell’armadio della crisi con la Romania nell’estate 2010
Dicembre 2013 si avvicina e i paesi che continuano a mantenere restrizioni per l’accesso dei lavoratori romeni (e bulgari) sul proprio mercato iniziano a sentire la pressione della scadenza e quella dell’UE. Così, per rendere più graduale l’ingresso, che sarà libero dalla fine del prossimo anno, la Francia, uno dei nove stati che ha mantenuto le barriere, ha deciso di raddoppiare i settori di impiego dei romeni sul territorio francese. Una mossa, quella dell’esecutivo francese, che ha suscitato reazioni contrastanti: da Bucarest c’è stato un plauso alla scelta dei ministri Manuel Valls e Michel Sapin, mentre la destra francese ha gridato allo scandalo.
I settori in cui lavoratori romeni potranno presentare le proprie candidature sono passati da 150 a 291, quasi il doppio. Si tratta di ambiti carenti di manodopera locale, secondo quanto sottolineato dal governo di Parigi. Tra le “nuove” professioni ci sono quella di giardiniere, parrucchiere, meccanico, cuoco, cameriere e operaio. Spazi anche nel settore dell’Information Technology, dei servizi e dell’agricoltura, secondo quanto appare nel testo. L’apertura è datata 22 agosto, ma la pubblicazione in Gazzetta ufficiale è avvenuta soltanto il primo ottobre. Insieme ai nuovi settori di impiego il governo francese ha deciso di eliminare le imposte a carico del datore di lavoro per l’assunzione di cittadini romeni e bulgari.
Il potenziale del mercato unico
L’ampliamento della gamma di lavori per romeni e bulgari, ha spiegato Parigi, risponde a una “doppia preoccupazione”: da un lato “anticipare il graduale ingresso di Romania e Bulgaria nel mercato unico europeo, che avverrà entro e non oltre il 31 dicembre 2013”, dall’altro “facilitare l’integrazione” dei cittadini stranieri con “azioni concrete” come l’accesso al lavoro, “uno degli aspetti fondamentali di tale integrazione”.
L’apertura francese è stata l’occasione per il presidente Traian Băsescu di rimarcare quanto sia negativo e controproducente che una buona parte dei paesi UE tenga ancora chiuse le frontiere. Parlando con il commissario europeo per il Mercato interno UE, il capo di stato ha affermato che le restrizioni per i lavoratori romeni ostacolano “il pieno sfruttamento del potenziale del mercato unico. In questo contesto, è importante che gli sforzi della Commissione siano concentrati sul principio fondamentale della libera circolazione, perché la mobilità dei lavoratori è una delle risorse principali del mercato interno”.
I neocomunitari meglio degli extracomunitari, dice la Commissione
E l’UE, che non vuole essere tirata per la giacca, già a dicembre scorso ha rinnovato l’invito ad aprire le frontiere del mercato del lavoro: Belgio, Germania, Irlanda, Francia, Lussemburgo, Malta, Olanda, Austria e Gran Bretagna sono state avvertite. Bruxelles ha rimarcato che l’impatto dei lavoratori neocomunitari sulle economie dei paesi ospitanti è stato complessivamente positivo, perché ha integrato il mix di abilità richiesto e colmato i posti di lavoro vacanti, senza abbassare i salari o aumentare la disoccupazione, ha sottolineato la Commissione. "Non ci sono giustificazioni di tipo economico – ha spiegato Bruxelles in una risoluzione ad hoc – per restringere il diritto fondamentale di poter vivere e lavorare in qualsiasi paese UE".
La legislazione UE consente agli stati membri di mantenere le restrizioni contro lavoratori romeni e bulgari fino al 2013 solo se c’è il rischio che l’arrivo dei neocomunitari provochi gravi distorsioni nei rispettivi mercati del lavoro. Giustificazione usata fino ad ora e posizione sposata a pieno da Marine Le Pen che ha definito “scandalosa” la decisione del governo francese perché il Paese è colpito da una disoccupazione “di massa”. Secondo il Front National "il governo anticipa di pochi mesi una norma europea assurda, con il sostegno sia del Partito socialista che dell’opposizione".
Posizione condivisa da molti partiti di destra ed estrema destra nei paesi dove ancora vige la barriera al mercato del lavoro. Resta il fatto che volenti o nolenti i nove “irremovibili” dovranno fare i conti con l’apertura delle frontiere tra poco più di un anno. C’è da scommettere che nei prossimi mesi la battaglia per un ulteriore rinvio in sede europea sarà pressante: Olanda e Germania, tra gli altri, potrebbero usare lo stesso metodo con cui hanno ottenuto il rinvio dell’ingresso in Schengen di Bucarest per chiedere una proroga anche su questo aspetto del mercato unico.
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