La cultura della memoria in Serbia: tra arbitrio e russofilia
"La cultura della memoria nella Serbia di oggi è caratterizzata da una dinamica insolita, da comportamenti manipolativi e trasformazioni provocate dalla politica dell’attuale governo". L’analisi del professor Nenad Makuljević docente presso la facoltà di Filosofia dell’Università di Belgrado
(Originariamente pubblicato dal portale Peščanik il 20 maggio 2019)
La cultura della memoria rappresenta uno degli aspetti più importanti della vita individuale e di ogni forma di vita sociale e istituzionale organizzata. Ciò che ricordiamo e il modo in cui lo facciamo determina non solo il nostro rapporto con il passato, ma ancora di più il nostro presente. La stabilità della vita individuale, così come la stabilità dei sistemi sociali e di governo, poggia, tra l’altro, su alcuni punti fermi della memoria individuale e collettiva. La cultura della memoria non è statica, le sue trasformazioni seguono il flusso generale della vita privata e pubblica. Le guerre, le rivoluzioni e i mutamenti radicali dei sistemi politici provocano brusche rotture e trasformazioni estreme.
La cultura della memoria nella Serbia di oggi è caratterizzata da una dinamica insolita, da comportamenti manipolativi e trasformazioni provocate dalla politica dell’attuale governo. Questo emerge chiaramente dall’atteggiamento del potere nei confronti dei monumenti pubblici che rappresentano luoghi della memoria e dal modo in cui vengono istituite e celebrate le feste nazionali.
Il monumento a Dimitrije Tucović
Che la cultura della memoria in Serbia stesse per subire notevoli cambiamenti lo si poteva intuire già nel 2014. Nel luglio di quell’anno il consiglio comunale di Belgrado ha approvato la proposta di spostare il monumento a Dimitrije Tucović [uno dei principali esponenti del Partito socialdemocratico serbo agli inizi del Novecento, ndt] dal centro di Piazza Slavija in un piazzale, che oggi porta il suo nome, situato tra Slavija e via Kralja Milutina; poi la proposta di proclamare il 10 maggio Giorno della memoria delle vittime dell’Olocausto, nonché la proposta di erigere nel parco di Kalemegdan, nei pressi del lungofiume Sava, un monumento ai soldati russi e serbi morti nella Prima guerra mondiale.
Il monumento a Dimitrije Tucović, insieme alla sua salma, è stato rimosso da Piazza Slavija nel 2016 e al suo posto è stata costruita una fontana di cattivo gusto con effetti coloristici e sonori. La salma di Tucović, che è stata spostata sei volte, oggi si trova nel Nuovo cimitero di Belgrado, mentre il suo busto è stato collocato nel 2018 nel summenzionato piazzale antistante la sede della Banca nazionale. Così il monumento a Dimitrije Tucović è finito tra una “fontana musicale moderna” e una banca, in una sorta di interspazio, un non-luogo, come un oggetto completamente irrilevante nascosto dietro la principale piazza della città. Forse non si è trattato di un gesto intenzionale, ma la ricollocazione del monumento a Tucović dimostra chiaramente quanto siano irrilevanti oggi in Serbia le idee socialiste, e i monumenti come questo, così come le cerimonie ufficiali per la celebrazione della Festa del lavoro, vengono visti come un male necessario, funzionale ai tentativi di fingere la dedizione all’idea di giustizia sociale. Con la ricollocazione del monumento a Dimitrije Tucović, la memoria di questo pensatore socialista è stata marginalizzata, per lasciare spazio a un nuovo simbolo, un “monumento” dell’attuale potere e l’emblema di una Belgrado che assomiglia a un parco dei divertimenti.
Altri gravi episodi di distruzione della cultura della memoria si sono verificati nel 2014, in occasione della celebrazione dell’anniversario della liberazione di Belgrado dall’occupazione nazifascista, e nel 2019, in occasione della Giornata della vittoria sul nazismo. Nel 2014, l’anniversario della liberazione di Belgrado è stato celebrato con una parata militare, svoltasi il 16 ottobre, ovvero quattro giorni prima della data ufficiale della liberazione.
Il motivo principale per cui la celebrazione è stata anticipata era quello di permettere al presidente russo Vladimir Putin di partecipare alla parata. Nel tentativo di accattivarsi le simpatie del presidente russo, l’amministrazione comunale di Belgrado e il governo serbo, guidati dal Partito progressista serbo, si sono discostati da una prassi pluridecennale, contravvenendo al calendario delle feste nazionali e calpestando così la propria tradizione. Tutta l’assurdità di questa mossa è emersa durante la parata militare, che non è stata organizzata per commemorare la liberazione di Belgrado, bensì per conquistare le simpatie del presidente russo. Forse il momento più “impressionante” della parata militare è stato quando il presidente serbo e gli esponenti del governo si sono lasciati bagnare dalla pioggia, senza nemmeno tentare di ripararsi, mentre il presidente russo se ne stava sotto l’ombrello. In quell’occasione è emersa fortemente la differenza tra il presidente russo, potente e asciutto, e la leadership di Belgrado, servile e bagnata.
La degenerazione della cultura della memoria
Il processo di degenerazione della cultura della memoria in Serbia è culminato nella primavera di quest’anno, quando il governo serbo ha annunciato che, in occasione del ventesimo anniversario dell’inizio dei bombardamenti della NATO sulla Serbia, nella città di Niš si sarebbe svolta una parata militare. Subito dopo l’annuncio del governo sono stati avviati i lavori di adeguamento/ampliamento di viale Nikola Tesla a Niš per consentire lo svolgimento della sfilata militare.
L’idea di organizzare una parata militare per commemorare l’anniversario dell’inizio di un conflitto armato, concluso con la sconfitta dell’allora Repubblica Federale di Jugoslavia e con la firma dell’accordo di Kumanovo, è probabilmente nata come parte integrante dei più recenti tentativi di reinterpretare i bombardamenti NATO del 1999. Sembra che si stia cercando nuovamente di riattualizzare la retorica del regime di Milošević, secondo cui la Serbia avrebbe sconfitto le forze della NATO, e sempre più spesso vengono sottolineate le vittorie compiute dall’esercito serbo, mentre i fatti riguardanti le cause, le dinamiche e l’esito del conflitto in Kosovo e Metohija vengono completamente tralasciati.
Alla fine il governo ha rinunciato a organizzare una parata militare in occasione dell’anniversario dei bombardamenti, senza fornire alcuna spiegazione, annunciando però un’altra parata per il 9 maggio, quando si celebra il Giorno della vittoria sul nazismo nella Seconda guerra mondiale. Tuttavia, la celebrazione dell’anniversario della vittoria sul nazismo, che ricorre lo stesso giorno in cui si celebra la Festa dell’Europa, ha preso una svolta inaspettata. Il governo ha deciso di celebrare il Giorno della vittoria con una marcia del Reggimento immortale, organizzata a Belgrado, Niš e Novi Sad. La marcia del Reggimento immortale è concepita come una manifestazione pubblica in ricordo dei caduti della Seconda guerra mondiale, durante la quale i cittadini sfilano in un corteo portando le fotografie dei loro antenati che hanno combattuto contro il nazismo.
La manifestazione, svoltasi per la prima volta a Tomsk nel 2011 per iniziativa di alcuni cittadini , negli anni ha assunto la forma di un evento istituzionale , patrocinato dal governo russo. In Serbia, i partecipanti alla marcia del Reggimento immortale, oltre a ricordare i caduti della Seconda guerra mondiale, hanno portato anche le fotografie delle persone che hanno combattuto nelle guerre degli anni Novanta, e il corteo organizzato a Niš è stato guidato dall’ex generale Vladimir Lazarević, condannato dal Tribunale dell’Aja. Così è stata creata una festa ibrida russo-serba, durante la quale sono state ricordate le vittime della Seconda guerra mondiale, ma al contempo si è voluto dare particolare risalto al conflitto in Kosovo e alla guerra contro la NATO, un aspetto ulteriormente rafforzato con la proiezione, nell’ambito del programma ufficiale delle celebrazioni del 9 maggio a Belgrado, di un film intitolato “Balkanska međa” [Il confine balcanico; frutto di una coproduzione russo-serba, ispirato ad alcuni eventi accaduti durante la guerra in Kosovo nel 1999, ndt].
L’evento principale previsto nell’ambito delle celebrazioni del Giorno della vittoria, compresa una parata delle forze armate e di polizia, è stato posticipato, a causa di sopravvenuti impegni del presidente serbo, al 10 maggio, data precedentemente proclamata Giornata della memoria delle vittime dell’Olocausto. In questo modo, la Repubblica di Serbia si è completamente discostata dalla cultura della memoria europea. La mancata celebrazione del Giorno della vittoria sul nazismo il 9 maggio, che è anche la Festa dell’Europa, è l’ennesima dimostrazione del potere autocratico del presidente serbo, ovvero della sua propensione a non rispettare il calendario delle festività, a ignorare alcune date importanti per la cultura della memoria europea e a privatizzare le feste nazionali.
La trasformazione della cultura della memoria
La trasformazione della cultura della memoria è proseguita con la decisione del governo serbo, adottata il 16 maggio scorso, di istituire una nuova festa nazionale: il 24 maggio, giorno in cui la Chiesa ortodossa celebra la festa dei santi Cirillo e Metodio, è stato proclamato Giornata della scrittura slava. La festa dei santi Cirillo e Metodio assume significati diversi a seconda del paese in cui si celebra. In Bulgaria viene celebrata come una festa nazionale, istituita nel XIX secolo.
In Russia la festa dei santi Cirillo e Metodio fu introdotta nella seconda metà del XIX, assumendo fin da subito una forte connotazione slavofila. All’epoca dell’Unione sovietica, in occasione dei 1100 anni dalla morte di Metodio, il 24 maggio è stato dichiarato per la prima volta Festa della cultura e scrittura slava. Nel 1991 la Federazione russa ha istituito ufficialmente la Giornata della cultura e scrittura slava come festa nazionale, e dal 2010 la cerimonia principale si svolge a Mosca. La celebrazione di questa festa ha assunto, nel corso degli anni, una sempre maggiore rilevanza sociale, ed è strettamente legata all’espansione della sfera di influenza culturale e politica della Russia. La Chiesa ortodossa serba festeggia i santi Cirillo e Metodio come ravnoapostolni [i santi che si sono distinti per il loro impegno a servizio della Chiesa, ndt], portatori del Vangelo e fondatori dell’alfabeto slavo. Riconoscendo la Giornata della scrittura slava come festa nazionale, il governo serbo ha introdotto nella vita pubblica del paese una festa contemporanea russa, strettamente correlata all’espansione dell’influenza culturale e politica della Russia.
Gli esempi di cui sopra dimostrano che in Serbia è in corso una profonda trasformazione della cultura della memoria, evidenziando chiaramente alcune caratteristiche di questa tendenza – dall’arbitrio alla russofilia dell’attuale leadership al potere. Lo spostamento del monumento a Dimitrije Tucović e la sua sostituzione con una fontana di cattivo gusto hanno segnato una forte discontinuità nello spazio pubblico di Belgrado. La questione riguardante lo spostamento della celebrazione del Giorno della liberazione di Belgrado nel 2014 e della Giornata della vittoria nel 2019 ha fatto emergere l’arbitrio e il carattere autocratico dell’attuale governo.
Il sentimento filorusso si distingue per la sua intensità. La parata militare organizzata in onore di Putin, la marcia del Reggimento immortale, la Giornata della scrittura slava, la decisione di erigere un monumento ai soldati russi e serbi morti nella Prima guerra mondiale, nonché la costruzione di un monumento a Stefan Nemanja a Belgrado dimostrano una tendenza verso l’allineamento della cultura della memoria serba a quella russa.
Così la Serbia si è allontanata ancora di più dall’idea di un’identità europea condivisa, e lo conferma anche il fatto che il governo serbo non ha organizzato alcuna cerimonia per celebrare, nello spirito della riconciliazione tra i popoli europei, il centenario dell’armistizio della Prima guerra mondiale. Invece di celebrare ufficialmente il Giorno della vittoria e la Festa dell’Europa, il governo serbo ha organizzato una marcia filorussa. Tutti questi esempi dimostrano che la Serbia si sta allontanando dall’Europa e suggeriscono che è in atto un tentativo di riattualizzare l’idea emersa negli anni Novanta, secondo cui la Serbia dovrebbe diventare una provincia della Russia.
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