La Croazia si conta
Da metà settembre a metà ottobre è previsto in Croazia il censimento generale. In questi giorni è in atto una campagna dell’estrema destra per intimorire la minoranza serba. Sotto i riflettori anche lo spopolamento
Mancano pochi giorni all’inizio del censimento in Croazia e già emergono le prime tensioni. La conta degli abitanti inizierà il prossimo 13 settembre e si protrarrà fino al 17 ottobre, producendo una nuova fotografia della giovane repubblica, a 10 anni di distanza dall’ultimo screening della popolazione. Due questioni in particolare aspettano di trovare una risposta nei dati dell’ufficio statistico nazionale: da un lato ci si chiede di quanto è diminuita la popolazione rispetto al 2011 e dall’altro le forze politiche sono curiose di conoscere i nuovi rapporti di forza tra le minoranze, sia a livello nazionale che locale.
Pressioni sulla minoranza serba
Proprio su quest’ultimo tema è scoppiata la scorsa settimana una polemica che non accenna a sgonfiarsi e che mostra quanto sia alta la posta in gioco. Venerdì scorso, un manifesto gigante è apparso a Fiume , invitando i serbi di Croazia a dichiararsi al censimento come "croati", "ortodossi" e appartenenti alla "Chiesa ortodossa croata". Il cartellone pubblicitario è firmato dalla "Associazione croata dei veterani di guerra ortodossi", una realtà fittizia che non risulta registrata da nessuna parte. Online, l’operazione è rivendicata dalla cosiddetta "Chiesa ortodossa croata", che sul suo sito assicura di aver installato un’ottantina di cartelli di questo tipo in varie città del paese e mostra evidenti legami con l’estrema destra (ad esempio delle foto con Zlatko Hasanbegović, lo storico revisionista ex ministro della Cultura).
"Ad ogni elezione ci sono pressioni da parte dell’estrema destra sulla comunità serba e adesso le riceviamo anche per il censimento. La loro volontà è che il numero di serbi in Croazia si riduca", ha commentato il vicepremier Boris Milošević , esponente del Partito Democratico Indipendente Serbo (SDSS). Secondo il vicepremier, l’estrema destra "invita i serbi ad identificarsi come croati e come fedeli della Chiesa ortodossa croata, una chiesa che non esiste e che è esistita unicamente all’epoca dello Stato indipendente di Croazia (lo stato fantoccio guidato da Ante Pavelić e alleato dei nazifascisti, esistito tra il 1941 e il 1945, ndr.) quando alla sua guida c’era un russo, mentre ora c’è un bulgaro". In altri termini, si tratta di una campagna volta a creare confusione e in ultima stanza ad "assimilare i serbi", per usare le parole della deputata SDSS Dragana Jeckov .
L’importanza dei numeri
"La maggior parte dei diritti delle minoranze è determinata in base al numero dei suoi membri. Pertanto, è chiaro che c’è chi vuole che il numero dei serbi e dei membri della Chiesa ortodossa serba in Croazia sia il minore possibile", ha spiegato Jeckov. In effetti, anche se la costituzione croata garantisce 8 seggi alle minoranze nazionali su un totale di 151 deputati al Sabor, per molti altri strumenti di rappresentanza si fa riferimento al peso numerico di ogni rispettiva minoranza (anche a livello locale). "Diversamente dalla Slovenia, che garantisce diritti di rappresentanza alle due minoranze (ungherese e italiana) senza valutarne la consistenza numerica, in Croazia tutto il sistema giuridico costituzionale è basato sulla conta", commenta Maurizio Tremul, il presidente dell’Unione Italiana, l’organizzazione che rappresenta gli italiani di Slovenia e Croazia.
"È un principio al quale siamo sempre stati contrari – quello del prevedere una dichiarazione di appartenenza etnica nel censimento – ma con il quale dobbiamo lavorare, perché ci sono soglie minime per l’accesso ai diritti, ad esempio per l’ottenimento di un vicesindaco o di un consigliere comunale a livello locale", aggiunge Tremul. Per questo, la comunità italiana, quella serba e le altre minoranze presenti in Croazia, si stanno ora attivando per informare i propri membri dell’importanza del censimento e della dichiarazione etnica. L’Unione italiana ha in programma di inviare 30mila lettere ai suoi membri, a cui si aggiungeranno cartelloni pubblicitari e spot sui giornali. Allo stesso modo, Milošević e gli altri rappresentanti della comunità serba hanno lanciato la campagna «budi e-srbin» (diventa un e-serbo), i cui cartelloni sono già stati danneggiati in diverse città del paese. L’obiettivo, ancora una volta, è quello di far capire ai membri della comunità quali sono i diritti aggiuntivi a cui la minoranza potrà accedere se avrà un peso sufficiente nelle diverse città e regioni.
Meno di 4 milioni di abitanti
Ma oltre alla questione delle minoranze, il censimento chiarirà anche il profilo della popolazione croata. Negli ultimi anni e in particolare a partire dal 2013, con l’ingresso della Croazia nell’Unione europea, l’emigrazione ha rappresentato un flagello costante, con decine di migliaia di croati che si sono trasferiti in Germania, Irlanda, Austria e altri paesi membri dell’Ue. Il censimento chiarirà dunque l’ampiezza del "crollo demografico", di cui ha parlato il demografo Stjepan Šterc, in una recente intervista su Globus .
Šterc ha ricordato che già da trent’anni la Croazia registra ogni anno più morti che nascite (la differenza è di 21mila unità) e dei circa 4 milioni di abitanti che si stima vivano nel paese, 2,5 milioni sono inattivi e solo 1,5 milioni lavora. "La quota di popolazione che ha più di 65 anni ha già superato quella con meno di 18 anni", ha avvertito il demografo. Si tratta di statistiche preoccupanti da un punto di vista economico e sociale, in un paese in cui non c’è alcuna immigrazione che possa compensare queste perdite demografiche. Secondo Šterc, oggi la Croazia non ha più 4,3 milioni di abitanti come nel 2011, ma molto probabilmente "3,8 milioni".
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