La classifica di Reporter senza frontiere: chi sale e chi scende
Reporter senza frontiere ha da poco pubblicato il suo indice annuale sulla libertà di informazione nel mondo. Una rassegna sui Paesi seguiti da Osservatorio Balcani e Caucaso
Lo scorso 12 febbraio Reporter senza frontiere (RSF), l’organizzazione che monitora a livello globale lo stato della libertà di informazione, ha rilasciato il proprio World Press Freedom Index (WPFI). Come ormai da molti anni la Finlandia, i Paesi Bassi e la Norvegia sono risultati i paesi più virtuosi.
Anche chi, l’anno scorso, aveva fatto segnare la posizione peggiore – Turkmenistan, Corea del Nord e Eritrea – non si è spostato nel 2014 dal fondo dell’indice. Reporter senza frontiere, con sede a Parigi, definisce questi tre stati come “buchi neri per l’informazione e le notizie e veri e propri inferni per i giornalisti che vi abitano”.
RSF compila questo speciale indice utilizzano una serie di indicatori, tra questi il livelli di abusi monitorati, il pluralismo, l’indipendenza dei media, la qualità della legislazione che governa questo specifico campo, la trasparenza degli organismi preposti alla regolamentazione dei media, il livello delle infrastrutture a disposizione dei media e il clima generale di libertà d’informazione.
I paesi europei dominano la lista dei primi 50 paesi in lista, con 14 membri dell’Unione europea tra i primi 25.
Nord e sud Europa
“I modelli per quanto riguarda il rispetto della libertà dei media sono da ricercarsi nel nord Europa. Finlandia, Norvegia e Olanda è da anni che guidano il nostro indice”, notano da RSF. “Il loro successo si basa su una solida cornice costituzionale e legale che, a loro volta, sono fondate su una cultura reale delle libertà individuali, una cultura più effettiva lì che non nel sud dell’Europa”.
“L’unico sviluppo in direzione positiva in quella parte d’Europa è stato individuato in Italia”, aggiunge RSF. Il paese è “finalmente emerso da una spirale negativa e sta lavorando ad un progetto di legge incoraggiante che porterà alla de-penalizzazione della diffamazione via stampa”.
L’Italia è risalita di otto posizioni e occupa nel 2014 la 49ma posizione.
Ossigeno Informazione, osservatorio sulle minacce subite dai giornalisti e sulle limitazioni della libertà di informazione in Italia ha tuttavia contestato le affermazioni di RSF, sostenendo si basino su un “errore fattuale” e sottolineando che avranno un effetto negativo sulla libertà di stampa nel paese.
Ossigeno Informazione, all’indomani della pubblicazione dell’indice, ha emesso un comunicato stampa nel quale si invita l’organizzazione con sede a Parigi a rivedere le opinioni espresse.
"Mi auguro che Reporter senza frontiere rettifichi il proprio giudizio sull’Italia, che vede nel 2013 un miglioramento nella libertà di stampa in Italia e che si basa su errori di interpretazione della riforma di legge sulla diffamazione attualmente dibattuta in parlamento”, dichiara nel comunicato Alberto Spampinato, direttore di Ossigeno.
“La proposta di legge sulla diffamazione non prevede la de-penalizzazione della diffamazione come annunciato da RSF e come lungamente auspicato dall’Europa intera. Secondo quanto espresso anche da varie istituzioni europee la nuova legge non fa che sostituire la detenzione con sproporzionate sanzioni economiche che non sono meno intimidatorie”.
"Affermare di migliorare la legislazione in modo sostanziale quando questo di fatto non è vero non fa che ferire tutti coloro i quali stano combattendo contro l’inazione e tentano di porre l’attenzione su questi problemi dimenticati. La gravità del caso italiano è dimostrata da dati oggettivi raccolti da Ossigeno Informazione e che non possono essere minimizzati”.
Chi sale, chi scende
Voto leggermente migliore di quello dato l’anno scorso va alla Slovenia che risale di un posto, piazzandosi al 34mo al mondo mentre la Serbia sale di nove posizioni sino al 54mo posto.
La Turchia, scossa dalle manifestazioni di piazza lo scorso anno e dove molti giornalisti sono stati mandati in prigione o si trovano ad affrontare un processo a causa del loro lavoro non si è mossa dalla sua 154ma posizione, già occupata lo scorso anno.
“Nonostante le sue aspirazioni regionali la Turchia non ha segnato alcun miglioramento in questo campo e anzi continua ad essere una delle principali prigioni mondiali per i giornalisti. La rivolta di Gezi Park ha evidenziato i metodi repressivi utilizzati dalle forze di sicurezza, l’aumento dell’auto-censura e i pericoli insiti nell’atteggiamento populista del primo ministro”, si scrive nel rapporto di RSF.
Due vicini della Turchia – Grecia e Bulgaria – sono tra i paesi del sud-est Europa che hanno perso più posizioni negli ultimi anni. La Grecia è caduta di 15 posizioni ed occupa ora il 99mo posto al mondo mentre la Bulgaria è sprofondata di 13 posti e si trova proprio alle spalle della Grecia, occupando il posto poco ambito di paese membro dell’Unione europea con la peggiore posizione.
Nel 2013 la Bulgaria è stata scossa da mesi di proteste anti-governative. In febbraio le dimostrazioni in tutto il paese contro l’austerità e la corruzione si sono fatte violente, portando alle dimissioni del governo di centro-destra per evitare un’escalation di violenza. Una seconda ondata di proteste è avvenuta a metà giugno dello stesso anno, dopo l’elezione da parte del parlamento di un tycoon dei media a capo della Agenzia di stato per la sicurezza nazionale. Nonostante, molti giorni dopo, il parlamento abbia revocato al propria decisione le proteste sono durate per mesi.
"I giornalisti sono stati regolarmente vittima della violenza della polizia durante queste dimostrazioni di protesta” nota RSF aggiungendo che “i giornalisti indipendenti, in particolare quelli investigativi, sono spesso esposti ad aggressioni che possono prendere la forma di incendi dolosi delle loro vetture”.
Nel settembre scorso ad esempio la macchina di Genka Shikerova, conduttrice della rete televisiva privata bTV, è stata data alle fiamme sotto casa sua, all’indomani di una serie di interviste da lei realizzate a politici di rilievo nazionale.
La Grecia, che si trovava al 35mo posto nella lista di RSF nel 2009, è da allora caduta di più di 50 posizioni.
Dopo anni di proteste di massa anti-austerità, i licenziamenti di giornalisti, le difficoltà economiche e una crescente disoccupazione tra i giornalisti si deve ora affrontare – secondo RSF – una sempre più grave situazione di sicurezza nel paese a causa dell’emergere del partito neo-nazista Alba Dorata.
“Gli attacchi fisici ai giornalisti sono diventati sistematici in tutto il paese. Le minacce di morte sono in crescita e poi il giugno del 2013 è divenuto un punto di non ritorno nella storia dei media in Grecia”, scrive RSF.
Nel tentativo di limitare la spesa pubblica e sotto pressione da parte dei finanziatori internazionali, nel giugno scorso il governo greco ha chiuso l’emittente pubblica ERT, quattro canali tv e cinque radiofonici. In poche ore “schermi neri con la scritta ‘Nessun segnale’ hanno stupito l’Europa ed il mondo”, scrive RSF “solo su pressione internazionale il governo ha infine annunciato la creazione di una nuova emittente pubblica, con il nome di NERIT”.
La Macedonia nel 2009 era al 34mo posto nel World Press Forum Index, e da allora è in caduta libera. Dopo essere ridiscesa anche quest’anno di ulteriori sette gradini, ora si trova al 123mo posto.
Il paese sta aspettando di ottenere una data di avvio dei negoziati con l’UE fin da quando, nel dicembre del 2005, è divenuto un paese candidato. Nonostante Skopje abbia avviato riforme per adempiere alle richieste UE, “la facciata democratica costruita negli ultimi anni non è sufficiente a nascondere le molte violazioni della libertà di informazione”, afferma RSF.
Un caso controverso, ampiamente denunciato da molte organizzazioni, è stato quello di Tomislav Kezarovski, che è stato arrestato nel maggio scorso per un articolo scritto nel 2008 per il settimanale Reporter 92, nel quale rivelava l’identità di un testimone protetto in un caso di omicidio. Il giornalista, lo scorso ottobre, è stato condannato a quattro anni e mezzo di reclusione, con la pena poi commutata in arresti domiciliari a seguito della pressione internazionale.
“Anche un altro giornalista macedone, Zoran Bozinovski, è stato arrestato in Serbia a seguito di un mandato di cattura dell’Interpol per spionaggio”, sottolinea RSF. Conosciuto come il “Julian Assange della Macedonia”, Bozinovski ha svolto molta attività investigativa su Sashe Mijalko, a capo dell’intelligence macedone e parente del primo ministro Nikola Gruevski".
Nel WPFI del 2014 anche la Romania ha perso qualche posizione, nello specifico tre, e si trova ora al 45mo posto. I legislatori romeni lo scorso anno hanno nuovamente penalizzato l’insulto in una generale riforma del codice penale. La mossa è stata criticata da organizzazioni nazionali e internazionali che hanno richiesto al presidente Băsescu di non ratificare la nuova legge.
La Croazia, Cipro e il Montenegro sono tutte e tre indietreggiate di una posizione e ora sono rispettivamente al 65mo, al 25mo e al 114mo posto in questa speciale classifica.
Lo scorso luglio la Croazia è diventata il 28mo membro dell’Unione europea, dopo sei anni di negoziati con Bruxelles. Anche se il processo ha portato a cambiamenti significativi nel campo della libertà dei media “molto rimane da fare”, secondo RSF.
"La radio e tv di stato HRT è stata criticata per mancanza di indipendenza dopo la riforma portata avanti dall’esecutivo di centro-sinistra guidato da Zoran Milanović. Il direttore della HRT, i membri del comitato di supervisione e i suoi amministratori sono ora nominati direttamente dal parlamento. Questo fa sì che il partito al governo abbia il controllo dei contenuti che vengono mandati in onda”, sottolinea RSF.
Le bombe del Montenegro
Due attacchi potenzialmente mortali contro giornalisti sono avvenuti in Montenegro nel 2013. Facendosi portavoce delle preoccupazioni in merito alla sicurezza dei giornalisti nel piccolo stato adriatico RSF cita uno degli obiettivi di questi attacchi, Tufik Softić, reporter investigativo che scrive per il quotidiano Vijesti e il settimanale Monitor, che sarebbe ormai “abituato a minacce di morte e alla violenza”.
Nello scorso agosto “una carica di tritolo è esplosa di fronte alla casa del giornalista” nella città di Berane. Al momento dell’esplosione Softić era in casa assieme alla famiglia ma nessuno è risultato ferito. Ciononostante “la bomba sarebbe potuta essere fatale se fosse esplosa qualche minuto prima”, secondo RSF.
A fine dicembre una bomba è inoltre esplosa sotto le finestre dell’ufficio nella sede di Vijesti del caporedattore Mihailo Jovović mentre il giornalista ed altri 15 membri dello staff erano all’interno dell’edificio. L’esplosione ha causato danni materiali ma nessun ferito.
In Montenegro, che ha avviato i negoziati con l’UE nel giugno 2012, spesso i giornalisti subiscono attacchi verbali.
“Il partito del primo ministro montenegrino Milo Djukanović, il Partito social-democratico DPS, ha governato il Montenegro ormai per 20 anni ed ha condotto vere e proprie campagne d’odio contro i giornalisti indipendenti”, afferma RSF.
"Spesso apostrofati come “traditori della nazione” o “fascisti” sono soggetti a minacce e insulti di incredibile volgarità. Nel 2013, poco dopo aver pubblicato un editoriale titolato ‘Danzando con il dittatore’ la giornalista di Monitor Milka Tadić-Mijović è stata oggetto di insulti sessisti tramite vari mezzi, tra i quali numerosi SMS. Nonostante sia stata fatta regolare denuncia alla polizia e comunicato il numero di telefono dal quale sono stati inviati gli SMS non è stata intrapresa alcuna azione nei confronti dei responsabili”.
Il giorno successivo all’uscita dell’indice curato da RSF una macchina del quotidiano Vijesti è stata incendiata a Podgorica, capitale del Montenegro.
editor's pick
latest video
news via inbox
Nulla turp dis cursus. Integer liberos euismod pretium faucibua