La Cipro turca da Denktash a Talat
La fine di un’epoca per la comunità turco cipriota coincide con le aspirazioni di una nuova generazione, stanca di anni di isolamento claustrofobico. Per il futuro dell’isola, tuttavia, sarà fondamentale l’atteggiamento della comunità internazionale, in particolare dell’UE, e della parte greca
Le elezioni per la Presidenza della Repubblica che si sono svolte nella Repubblica Turca di Cipro del Nord (KKTC) lo scorso 17 aprile hanno rappresentato qualcosa di più di un semplice appuntamento elettorale. L’assenza dalla competizione di Rauf Denktash ha simbolicamente costituito la fine di un’era per la vita politica della comunità turca dell’isola.
Fuori gioco Denktash, la vittoria di Mehmet Ali Talat del Partito Republicano Turco, di centro sinistra, con il 55,6% dei voti sul concorrente Dervis Eroglu del Partito di Unità Nazionale, 22.7%, era ampiamente preannunciata alla vigilia. Un esito talmente scontato da giustificare la ridotta affluenza alle urne, 65% contro l’80% del 2000. Una vittoria non solamente prevista ma anche fortemente voluta anche al di fuori dell’isola, tanto che lo sconfitto Eroglu ha apertamente accusato la stampa turca di averlo ignorato e di aver proclamato vincitore Talat ancor prima che si andasse alle urne.
L’assenza, o meglio la rinuncia dell’anziano Denktash, uno degli ultimi "dinosauri" della scena politica internazionale, ha costituito realmente uno spartiacque per la storia della comunità turca. Non è certo eccessivo affermare che Denktash ha incarnato, fino ad arrivare alla identificazione totale, nel bene e nel male le travagliate vicende dei turco-ciprioti a partire dal secondo dopoguerra.
Risale al 1957 la prima apparizione sulla scena pubblica dell’isola dell’avvocato Denktash.
In quell’anno infatti fu eletto, con il decisivo appoggio di Ankara che proprio in quel periodo cominciava a considerare le vicende di Cipro una "questione nazionale", Presidente della Federazione delle Associazioni Turche. In seguito è stato al fianco del rappresentante turco Kucuk, nella tumultuosa esperienza della Repubblica di Cipro fondata nel 1960 con il sostegno dei tre paesi garanti Turchia, Grecia ed Inghilterra. La stella di Denktash ha conosciuto poi la definitiva consacrazione con la divisione dell’isola seguita all’intervento militare di Ankara nel 1974. Nel 1976 è stato eletto Presidente dello Stato Federale Turco di Cipro. Nel 1983 è stato poi l’artefice della nascita della Repubblica Turca di Cipro del Nord, proprio mentre ad Ankara tornava un governo civile dopo il triennio gestito dalla giunta militare. Ed a Ankara, in particolare ad alcuni settori dello stato e delle forze armate, le sorti politiche di Denktash sono state strettamente legate.
I mutamenti del quadro internazionale, a partire dal 1999, la ripresa del cammino europeo della Turchia con il profondo processo di riforme che ne è seguito, hanno radicalmente messo in discussione il ruolo di Denktash ed i fondamenti delle sue fortune politiche.
In particolare con l’avvento del governo Erdogan, deciso a sbloccare la situazione cipriota ormai diventata uno dei maggiori ostacoli al processo di adesione europea, Denktash si è trasformato in un ostacolo e nel simbolo dell’immobilismo. Egli ha finito per essere annoverato tra gli esponenti degli "statukocu" Difensori dello status quo, ndt che ad Ankara come a Nicosia si oppongono al processo di cambiamento. Il 2004 è stato l’anno che ha sancito la sua marginalizzazione, sconfitto nella sua ostinata opposizione al Piano di Pace presentato da Kofi Annan, approvato invece con un referendum dal 65% della popolazione turco cipriota. Denunciando insanabili dissidi con il governo Erdogan, che ha accusato di voler svendere la sovranità della Repubblica turco cipriota, ha in seguito annunciato che non si sarebbe candidato per le elezioni presidenziali del 2005, abbandonando di fatto la ribalta politica al nuovo astro nascente Talat.
L’inizio della fine di un lungo regno politico è stato macchiato nei mesi scorsi dalle polemiche che hanno coinvolto uno dei suoi nipoti, accusato di aver richiesto il passaporto greco-cipriota per poter andare a studiare in Inghilterra.
Il suo addio alle armi è stato celebrato con grande enfasi, alla vigilia delle elezioni, da buona parte della stampa turca che lo ha definito "un eroe". Dal canto suo Denktash ha voluto consegnare, agli inviati speciali giunti dalla Turchia, il suo testamento politico, un misto di orgoglio per essere stato "l’artefice della costruzione di uno stato" e di moniti a Talat ed al governo di Ankara a "non svendere la sovranità e l’indipendenza della Repubblica sulla strada europea".
Il passaggio del testimone fra l’anziano Denktash (81 anni) ed il giovane Talat (53) simboleggia soprattutto la frattura intergenerazionale che percorre la società turco cipriota. Sono soprattutto i giovani ad essere sempre più insofferenti verso il nazionalismo autarchico che impera nell’isola. I riferimenti nazionalisti e lo spettro della minaccia greca al di là della linea verde non sembrano più in grado di fare presa su di una gioventù sempre più frustrata dall’isolamento claustrofobico, dagli alti tassi di disoccupazione e dalla mancanza di prospettive per il futuro. Una frustrazione acuita poi dalla prosperità economica esibita dalla parte greca, che ha raggiunto da tempo standard di vita pari a quelli degli altri paesi europei, e dalla sua adesione all’Unione Europea.
Ora la palla passa nelle mani di Talat, definito un "pragmatico visionario", autore di una rapida ascesa politica e dotato di una abilità dialettica in grado di tenere testa anche alla esuberenza di Denktash. In un dibattito televisivo durante la campagna elettorale, Talat era riuscito a far infuriare l’anziano leader che insisteva sulla necessità di difendere la sovranità della Repubblica, chiedendogli provocatoriamente "Ma noi siamo veramente sovrani?"
Convinto sostenitore del Piano Annan, nel suo primo incontro con la stampa, al quale si è presentato con un ramo d’ulivo "simbolo di Cipro e della pace", dopo aver sottolineato come "ancora una volta la popolazione turca di Cipro ha confermato in modo netto di voler proseguire sulla strada dell’Europa e della pace", Talat ha ribadito la volontà di riprendere gli incontri con il Segretario Generale delle Nazioni Unite.
Non sarà però sufficiente la buona volontà del nuovo Presidente per arrivare ad una soluzione della questione cipriota. Essenziale sarà prima di tutto l’atteggiamento della controparte greca. Non si può fare a meno di notare però come il 2004 sia stato, per le due comunità dell’isola, foriero di novità politiche di segno diametralmente opposto: se nella parte turca ha segnato il tramonto della stella Denktash, nella parte greca ha coinciso con la sconfitta della "colomba" Klerides a beneficio del "falco" Papadopoulos.
Due sono gli elementi che recentemente sembrano confermare l’intransigenza del nuovo governo greco: il primo è la decisione di dichiarare il 2005 "Anno dell’Eoka" (Organizzazione di Liberazione Nazionale di Cipro), un’organizzazione paramilitare fondata nel 1955. Il secondo è la rivelazione da parte del giornale greco-cipriota Alithia del testo del messaggio che, nel 1964, l’allora ministro del Lavoro Papadopoulos, di fronte all’avvicinarsi di una nave da sbarco turca all’isola, inviò agli americani: "Considereremo il superamento del limite delle acque territoriali come inizio dell’invasione. Evento che ci darà 75 minuti per ripulire l’isola dai turchi. Ne abbiamo i mezzi".
L’amaro commento del quotidiano sottolinea come, grazie all’appoggio del partito AKEL, sia tornato al potere più forte di prima, uno dei protagonisti del periodo più nero della storia della comunità greco-cipriota.
Accanto all’atteggiamento della controparte greca, altrettanto decisiva sarà l’azione degli attori internazionali, le Nazioni Unite, gli USA e soprattutto l’Unione Europea che, nei primi commenti, si è felicitata per l’elezione di Talat. Proprio verso Bruxelles nei giorni scorsi si sono rivolte le richieste di Ankara, prima del ministro Gul e poi del Premier Erdogan, perchè l’UE mantenga le promesse fatte nel 2004 all’indomani del referendum.
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