La ceramica, sopravvissuta nei secoli
Chi spinto dalla necessità di sopravvivere alla transizione, chi invece perché ha intuito che i gusti del consumatore stavano cambiando. Sono molte in Macedonia ma anche nel resto dei Balcani, le attività economiche legate alla tradizione della ceramica
Dimce, originario di Veles (città della Macedonia centrale) ricorda ancora le carovane che passavano di fronte a casa sua e che portavano la creta destinata ai laboratori di ceramica della città. Per otto generazioni la sua famiglia si è dedicata alla terracotta. Tuttavia, suo padre non ha voluto che lui continuasse nella tradizione di famiglia. Sapeva che era troppo difficile. Ma quando, dieci anni fa durante il caos della transizione, Dimce perse il lavoro alla Porcelanka (una grande industria statale di ceramiche) non ebbe altra scelta che ritornare a ciò che meglio conosceva: l’arte della ceramica. Ed aprì un laboratorio che produce vasi d’argilla. Ora, ad anni di distanza, si lascia facilmente abbandonare all’onda dei ricordi. “Hai bisogno di buon argilla, buone mani e di un’idea. Molti hanno provato e fallito”, afferma.
L’artigianato delle ceramiche ha una lunga tradizione a Veles. Negli anni ’80 del diciannovesimo secolo, la città contava circa venti laboratori di lavorazione della terracotta. La ceramica era il materiale principale delle stoviglie utilizzate in casa. Poi arrivò la ferrovia e con essa il commercio. I prodotti industriali inondarono il mercato locale. Affascinate dalla modernità, le persone abbandonarono le vecchie tradizioni e cominciarono a comprare nuovi prodotti. La terracotta non era più interessante.
Questo ha fatto sì che alla vigilia del ventesimo secolo Veles contasse solo una manciata (3-4) di laboratori di ceramica. Il loro numero è poi leggermente aumentato nel periodo della post-industrializzazione, quando le persone, abituate e stanche della monotonia degli utensili da cucina di produzione di massa, sentirono il bisogno di ritornare al passato. In altri casi, come la storia di Dimce ci dimostra, il ritorno all’artigianato è stata invece diretta conseguenza della transizione.
Alcune cose però non sono cambiate. Come un secolo fa, l’artigianato locale è ancora minacciato dall’afflusso di beni stranieri. Questa volta la principale minaccia è però rappresentata dall’export cinese a basso costo. Le ceramiche hanno un prezzo modesto, se consideriamo il tempo e gli sforzi per la loro produzione, ma non possono certamente competere con la produzione di massa low-cost. Tuttavia, non c’è alcun dubbio che la tradizione resisterà.
Ad ovest di Veles, nel villaggio di Vranestica, le persone hanno vissuto di terracotta da sempre. La zona di Vranestica è il centro principale dell’artigianato della ceramica in Macedonia. Circa un terzo delle 200 famiglie del villaggio vivono di questa attività. Anche qui la transizione ha spinto la gente alle loro radici artigianali dopo che una fabbrica pubblica di ceramiche è stata costretta alla chiusura. Dotata di vasti approvvigionamenti d’argilla, Vranestica è il più grande distretto macedone della ceramica da più di cinque secoli. La maggior parte delle ceramiche che si trovano sul mercato macedone provengono proprio da qui.
Il processo di produzione della ceramica non è semplice. L’argilla viene estratta diversi metri sotto la superficie, viene bagnata nell’acqua, poi compressa con i piedi e macinata in macchinari tradizionali. Viene in seguito compressa una seconda volta, poi impastata e solo allora è pronta per essere modellata sul tornio. Una volta che l’oggetto ha preso forma è messo ad essiccare, ed infine viene cotto ad alte temperature.
La ceramica è una delle tecnologie più antiche conosciute dall’uomo. Nella regione di cui parliamo è saldamente radicata nelle tradizioni locali da secoli. Questo è probabilmente il motivo per cui difficilmente scomparirà, anche se il suo ritorno economico non è più quello di un tempo. “L’acqua è più fresca se la porto d’estate nel “bardak” (grande caraffa tradizionale in ceramica)” spiega una signora del luogo affermando così che continua a preferire la ceramica al frigo.
Il vasellame in terracotta è inseparabile da molte altre tradizioni locali. Questo influisce sul comportamento della clientela locale. La richiesta di alcuni oggetti in terracotta cresce ad esempio in occasione di alcune festività religiose. Nella zona di Struga (città nel sud-ovest della Macedonia) resiste ancora la tradizione che la sposa, il lunedì prima del matrimonio, serva agli ospiti la rakija (una grappa distillata in casa) dalla soprannominata bardak della sposa. Altro esempio ci è fornito dalla stessa fase di produzione della rakija: in autunno, prima del processo di distillazione, la richiesta di utensili in ceramica atti a questa produzione aumenta notevolmente.
Tuttavia, la ricerca di nuovi clienti ha portato alcuni vasai ad abbandonare il design rustico tradizionale, spingendoli verso la produzione di oggetti innovativi. La produzione di questi resta però ancora basata su metodi antichi. Antiche urne, anfore, e altri ricettacoli sono ancora alla moda, così come le repliche di famosi artefatti provenienti dai numerosi siti archeologici della regione.
La tradizione è anche legata indissolubilmente con l’arte. La città di Resen da anni ospita un’associazione che si occupa della promozione della ceramica artistica. Da dieci anni quest’ultima è membro dell’Accademia Internazionale della Ceramica dell’UNESCO.
Un po’ più a nord, in Serbia, il villaggio di Zlakusa vicino a Uzice, ospita un’esperienza simile e ha celebrato quest’anno il quindicesimo anniversario della sua “Colonia della ceramica”. Le ceramiche di Zlakusa sono famose per le loro eccellenti qualità che derivano da una combinazione unica di materiali quali l’argilla e una pietra particolare chiamate vrsta (un tipo di calcite), e dal processo specifico di produzione. La “Colonia” a metà agosto, promuove la tradizionale cottura delle ceramiche sul fuoco all’aperto. A Zlakusa, al posto dei forni, i vasai continuano infatti ad utilizzare i fuochi all’aperto come nei tempi antichi.
A Zlakusa si mescola tradizione e nuove tendenze artistiche, quali la scultura, la realizzazione di oggetti unici e l’utilizzo di un’ampia varietà di colori. Gli innumerevoli artisti internazionali che visitano regolarmente questo luogo apprendono le conoscenze locali ma al contempo condividono alcune delle loro tradizioni ed abilità artistiche. La “Colonia”, secondo la fondatrice Sofia Bunardzic, ha contribuito a rivitalizzare l’artigianato della ceramica nella zona. Quindici anni fa, quando l’iniziativa fu lanciata, solo pochi anziani vasai vi presero parte. Durante gli anni il loro numero è aumentato significativamente ed il mercato per i prodotti si è ampliato.
Nei Balcani recenti investimenti per la preservazione delle arti e dei mestieri tradizionali hanno aiutato l’artigianato della ceramica. Alcuni governi locali offrono incentivi per la loro rivitalizzazione. Le politiche dell’Unione europea e di altri donatori stranieri hanno spinto le cose in questa direzione. Ma è anche vero che la post-modernità intesa come il ritorno alle tradizioni ha influenzato i gusti dei consumatori e ha dato nuovo vigore all’artigianato. In alcuni casi, il ritorno all’artigianato è stata una strategia di sussistenza. Le persone ritornano agli antichi mestieri e li adattano alle nuove esigenze di mercato. Al contrario, altri fattori globali invece, come la ferrovia un secolo fa, inevitabilmente tendono a soffocare la dimensione locale.
La sicurezza che questa tradizione, nonostante tutto, sopravviverà come ha fatto per secoli viene dalla tavola. La quintessenza dei piatti macedoni, il tavce-gravce (un piatto a base di fagioli cotti) è, per regola, servito in un piatto di ceramica. Se viene servito in un piatto di plastica o quant’altro, non può essere chiamato con quel nome, e non viene percepito come tale: non sarà mai lo stesso piatto. Finché i macedoni continuano a mangiare il tavce-gravce, ed è difficile immaginare che lo abbandonino per qualsiasi altra cosa, qualcuno dovrà produrre le tipiche ceramiche.
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