La Bosnia, un anno senza governo
Fallisce a Brčko l’incontro tra i 6 maggiori partiti bosniaci per negoziare la formazione del nuovo governo. Ora la Bosnia rischia di perdere decine di milioni di euro di aiuti dall’Unione Europea. Al centro della crisi resta il conflitto tra partito socialdemocratico e partiti croati, con i serbo bosniaci a fare da arbitri
L’ennesima fumata nera. Si è concluso così l’incontro a Brčko tra i leader dei sei maggior partiti della Bosnia Erzegovina, che aveva come scopo la formazione di un nuovo governo. Il 3 ottobre scoccherà il primo anniversario delle elezioni, e il Paese quasi certamente sarà ancora senza governo.
Le attese
C’erano parecchie speranze riposte nell’incontro di Brčko che si è tenuto il 26 settembre. Dopo la pausa estiva, i negoziati tra i maggiori partiti bosniaci erano ripresi tra non poche difficoltà. I partiti, divisi in tre blocchi, SNSD (Unione dei Socialdemocratici Indipendenti) e SDS (Partito Democratico Serbo), HDZ 1990 (Unione Democratica Croata 1990) e HDZ BIH (Unione Democratica Croata della Bosnia Erzegovina), SDA (Partito di Azione Democratica) e SDP (Partito Socialdemocratico), hanno avuto una serie di incontri, a Mostar, Sarajevo e infine a Brčko.
L’agenda degli incontri aveva come scopo la definizione del programma del futuro governo e alcuni dei temi più importanti per la Bosnia Erzegovina: l’implementazione della sentenza della Corte Europea per i Diritti dell’Uomo nel caso Sejdić-Finci, il censimento, l’aiuto di Stato alle imprese, la questione delle proprietà militari e la loro distribuzione tra le entità. Tutte questioni che sono dei prerequisiti per il proseguimento del cammino della Bosnia Erzegovina verso l’integrazione europea, e sulle quali si è raggiunto un significativo livello di consenso tra i maggiori partiti. Accanto a queste questioni, vi era anche quella della distribuzione dei fondi IPA (Instrument for Pre Accession), i fondi dell’Unione Europea che mirano a sostenere le riforme nei Paesi in fase di adesione.
L’impasse politica rischiava di mettere a repentaglio lo stanziamento dei 96 milioni di euro che sono stati designati per la Bosnia Erzegovina. Il 22 settembre l’ufficio stampa del Commissario per l’Allargamento dell’Unione, Štefan Füle, aveva infatti annunciato che se le entità e lo Stato non avessero comunicato un piano comune per la distribuzione dei fondi, l’Unione Europea avrebbe dovuto procedere alla riallocazione di tali fondi in un’altra area. Le parole dell’Unione Europea sono state recepite. Dodik e Lagumdžija, in rappresentanza delle entità, si sono prontamente incontrati a Laktaši: senza grossi problemi hanno trovato l’accordo sulla distribuzione dei fondi e hanno incaricato Nikola Špirić, presidente del Consiglio dei Ministri uscente, di comunicarlo ufficialmente a Bruxelles. Adesso si attende la risposta dell’Unione Europea.
Il pomo della discordia
Le posizioni tra i vari partiti si erano quindi riavvicinate sulle questioni programmatiche, ma a Brčko è mancato l’accordo sulla distribuzione delle posizioni nel Consiglio dei Ministri. La situazione è alquanto complicata. Una serie di prassi costituzionali e il principio della rotazione vuole che, per questo mandato, il presidente del Consiglio dei Ministri sia un rappresentante del popolo croato, mentre il ministro degli Esteri dovrebbe essere un serbo. I mesi scorsi l’SDP aveva cercato di ottenere la presidenza del Consiglio dei Ministri, ma il tentativo di Slavo Kukić era fallito. L’SDP, che si considera il vincitore delle passate elezioni, aveva quindi rinunciato alla posizione di presidente del Consiglio dei Ministri, ma riteneva comunque che sarebbe stato sottorappresentato se non avesse ottenuto almeno la posizione di ministro degli Esteri. Nel corso dell’estate le posizioni erano rimaste quindi congelate tra i tre diversi blocchi: ogni partito aveva annunciato pubblicamente le proprie posizioni, rendendo quindi molto difficile la possibilità di un compromesso.
Il passare del tempo, la crescente insoddisfazione dei cittadini, la pressione internazionale e il perdurare della crisi economica, che in questo caso sembra concentrarsi sulla Republika Srpska, hanno in qualche modo ammorbidito le posizioni dei partiti e rilanciato il processo negoziale. In questo senso, il passo avanti l’ha fatto l’SDS che ha presentato una formula per la distribuzione delle posizioni ministeriali che offriva all’SDP la posizione di ministro degli Affari Esteri. Alla vigilia dell’incontro circolava un certo ottimismo tra gli osservatori domestici ed internazionali, e tra gli stessi protagonisti dell’incontro. Di particolare buon auspicio era stato l’incontro del giorno prima tra Dodik e Lagumdžija, che aveva avuto come tema la distribuzione dei fondi IPA.
I buoni auspici però sono andati delusi. L’accordo non c’è stato. Da quanto trapelato dopo l’incontro di Brčko, sembra che il disaccordo sia sorto sulla distribuzione delle posizioni di vice ministri tra bosgnacchi e croati. Il disaccordo verteva su chi avesse il diritto a nominare un vice ministro croato. Gli HDZ, che rappresentato gli elettori croati, o SDP e SDA, scegliendo un croato all’interno dei loro quadri? Le tensioni createsi all’epoca della formazione del governo della Federazione, tra SDP e HDZ, non si sono per nulla sopite e ritornano regolarmente in superficie ogni qualvolta i due partiti devono distribuirsi le posizioni all’interno della Federazione.
I partecipanti all’incontro hanno commentato che c’è una sostanziale differenza nell’interpretazione della Costituzione della Bosnia Erzegovina, come ha detto Lagumdžija: gli uni ritengono che i funzionari eletti o nominati alle varie posizioni debbano essere rappresentanti dei tre popoli costituenti in generale, gli altri ritengono invece che questi debbano esser rappresentanti del popolo costituente da cui provengono. Per farla breve, il vecchio dilemma costituzionale creatosi con la elezione (e rielezione) di Komšić: cosa significa la rappresentanza dei popoli a livello costituzionale? È sufficiente che i rappresentanti appartengano a popoli costituenti diversi, oppure è necessario che siano anche l’espressione di corpi elettorali diversi? Per dirla in soldoni, può un croato venire eletto con i voti dei bosgnacchi e considerarsi un legittimo rappresentante degli elettori croati? E viceversa naturalmente
I prossimi passi
Il risultato di questo fallimento tra bosgnacchi e croati è stato che i serbi hanno ritirato la proposta di compromesso, e che al momento non si prevedono nuovi incontri. Nikola Špirić continua a reggere le sorti del Consiglio dei Ministri uscente. Sembra chiaro che se ci sarà un altro incontro, questo incontro potrebbe essere quello decisivo per la formazione del governo. Ma il clima dopo questa nuova serie di incontri si è di nuovo guastato, e la distanza tra i blocchi serbi e croato da un lato e i partiti della cosiddetta “piattaforma” [SDP, SDA ed altre formazioni minori, ndr] dall’altro è aumentato. Le reazioni non si sono fatte attendere. L’ambasciata americana ha diramato un preoccupato comunicato stampa in cui si dice che continua a sussistere in Bosnia una pericolosa impasse politica, nonostante alcuni partiti abbiano dimostrato flessibilità nell’approccio ai negoziati. Alcuni partiti, fuori dal dialogo per la formazione del governo, come Naša Stranka, si sono appellati ai poteri straordinari dell’Alto Rappresentante Valentin Inzko affinché modifichi la legge elettorale e consenta lo svolgimento di elezioni straordinarie, vista l’incapacità dei partiti di governo di raggiungere un accordo.
La crisi politica in Bosnia Erzegovina continua: l’accordo non sembra impossibile sulle questioni programmatiche, ma si traduce in una crisi originata da diverse visioni dello Stato che si riflettono nella distribuzione delle cariche. Le tensioni tra SDP da un lato e HDZ BIH e HDZ 1990 dall’altro, createsi con l’elezione di Komšić e continuate durante i negoziati per la formazione del governo della Federazione, sono il nocciolo del problema: solo dopo aver risolto le questioni esistenti tra questi blocchi sarà possibile procedere alla formazione del Consiglio dei Ministri a livello statale.
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