Kragujevac, politica e automobili
Quanto influirà sulle elezioni di domenica 11 maggio la recente firma del Memorandum di intesa strategica tra la Fiat e la Zastava? Cosa ne pensano alla Zastava? Cosa dicono i partiti politici locali ? Ce lo racconta in questo reportage il nostro inviato a Kragujevac
"Non so quanto sia una cosa seria, e quanto invece solo di marketing politico. Da troppi anni ormai, ad ogni campagna elettorale tutti sembrano ricordarsi all’improvviso della Zastava, e iniziano a promettere mari e monti."
Sediamo con Zoran Mihajlovic, presidente del sindacato ‘Samostalni’, che raccoglie la gran parte dei circa 3800 lavoratori oggi impiegati nella "Zastava Automobili", nella hall semivuota dell’hotel "Zelen Gora", piccola costruzione liberty al centro di Kragujevac.
"Certo che qualcosa di nuovo è successo. Quando ho visto con i miei occhi arrivare la delegazione della Fiat, quando ho visto firmare il "Memorandum d’intesa e di collaborazione strategica", ho iniziato a credere che forse stavolta potrebbe davvero cambiare".
Fuori, rade gocce di pioggia sembrano lottare coi tiepidi raggi di sole per conquistare il cielo di questa giornata di inizio maggio. Il tempo sembra lo specchio di questa città, cresciuta intorno alla "sua" fabbrica di automobili, e trascinata in basso dalla crisi iniziata negli anni ’90, con lo smembramento violento della Jugoslavia, e oggi indecisa tra speranza di rinascita ed incredulità, voglia di credere e speranze troppo spesso disattese .
Nei caffè all’aperto sulla centralissima "Kralja Petra", non si parla d’altro, lo "Svetlost", unico settimanale stampato in città, vi ha dedicato un numero quasi monografico. La notizia del possibile ritorno Fiat nella città della Zastava, l’azienda che dalla fine della Seconda guerra mondiale ha motorizzato quella che era la Jugoslavia, grazie ad una collaborazione decennale con la casa di Torino, ha monopolizzato le discussioni sulla campagna elettorale in città.
In queste ore politica e automobili vanno a braccetto, e non potrebbe essere altrimenti. Domani si vota per le elezioni parlamentari, un voto definito, per l’ennesima volta "un referendum sul futuro della Serbia", ma anche per rinnovare le amministrazioni locali, Kragujevac compresa.
L’intesa con la Fiat è arrivata in piena campagna elettorale, ed è stata presentata dal presidente Tadic come diretta conseguenza della firma dell’Accordo di Associazione e Stabilizzazione, offerto all’ultimo minuto dall’Ue a Belgrado per aiutare le forze europeiste. Ed entrambi gli accordi, per la ratifica finale saranno nelle mani dei vincitori delle elezioni politiche di domani.
"E’ difficile dire quale effetto avrà la firma dell’accordo sul voto, qui in città", mi dice nel suo ufficio Dragan Planic, candidato a sindaco di Kragujevac per il Partito Democratico. "Se l’accordo fosse stato firmato prima, avrebbe sicuramente avuto un effetto maggiore. Comunque, ha cambiato l’atmosfera in città. In qualche modo gli elettori sono di fronte ad una scelta: volete la Fiat, oppure no?"
Certo, oggi la Zastava non è più quello che era alla fine degli anni ’80, quando con oltre 50mila dipendenti sovrapponeva la propria struttura produttiva a quella sociale della città. Oggi, in totale, l’intero gruppo (che produce oltre alle automobili anche camion ed armi) impiega non più di 8mila persone. La "Zastava Automobili" produce circa 25mila veicoli l’anno, di cui la metà circa sono "Punto" montate a Kragujevac sotto licenza Fiat, ma come mi dice Mihajlovic: "spesso è difficile trovare qualcosa da far fare anche agli operai che sono ancora occupati".
La rinascita della Zastava, però, viene considerata da molti come una possibilità unica di ripresa di tutto il sistema di produzione locale.
"La tradizione industriale qui non è stata persa, e far ripartire il processo di produzione richiederebbe molto meno tempo che farlo in un luogo in cui questa tradizione non è mai esistita"; sostiene Bane Soldatovic, ex direttore della "Zastava Kamioni", da poco in pensione. "La Zastava, poi, ha collaborato moltissimo con la Fiat, e c’è sintonia sulle modalità di lavoro".
La ripresa dell’industria automobilistica significherebbe poi rimettere in modo l’indotto. Oggi in Serbia circa 90mila persona lavorano in ditte che producono totalmente o in parte per l’industria automobilistica.
Per capirci qualcosa in più andiamo a parlarne con Sreten Krstic, direttore della "Proleter", ditta che produce marmitte e installazioni speciali per automezzi pesanti pochi chilometri fuori da Kragujevac. Fino al 2006 la "Proleter" era parte del gruppo Zastava, poi dall’ottobre 2006, da quando è stata acquistata dalla croata "Hidraulika Kurelja", è uno dei rari esempi di privatizzazione riuscita in città. Oggi la "Proleter" dà lavoro a 125 persone, quasi tutti riassunti dal vecchio stabilimento.
"Le nostre marmitte oggi sono tecnologicamente arretrate. Per produrre marmitte catalitiche, servirebbe un investimento di due milioni di euro, ma con la scarsa produzione Zastava, nostro principale cliente, non ne vale la pena", mi dice Krstic. "Se si arrivasse a fare 300mila veicoli l’anno, come è stato detto alla firma dell’accordo con la Fiat, le cose cambierebbero però drasticamente, e si aprirebbero nuove prospettive di lavoro e occupazione".
Tornati in città, chiediamo a Bane Soldatovic se l’accordo con la Fiat avrà un effetto sul voto, e per chi voteranno i lavoratori Zastava. "L’accordo con la Fiat potrebbe spostare 6-7mila voti verso i partiti pro-europeisti, ma è difficile sbilanciarsi. Nel passato, se parliamo della mia generazione, in Zastava il 75-80% dei lavoratori votava per Milosevic, poi buona parte di questi voti sono passati ai radicali.".
Secondo Bane molti operai sono sensibili al richiamo della questione nazionale. "Oggi il paese è spaccato quanto mai prima. Il Kosovo è diventato uno spartiacque più forte di ogni altra questione".
Più scettico è Branislav Kovacevic, per anni animatore del partito regionalista "Coalizione per la Sumadija". "L’accordo con la Fiat è stato avvertito soprattutto come parte della campagna elettorale. Se fosse stato firmato qualche mese fa, allora avrebbe potuto cambiare le cose, spostare dei voti. Certo, parlo in linea teorica, a febbraio c’è stata la dichiarazione di indipendenza del Kosovo, e probabilmente allora un accordo non sarebbe stato comunque possibile."
Nella sezione locale del Partito radicale, nessuno si vuole sbilanciare sulla questione Fiat. "Noi non siamo contro l’arrivo della Fiat, e non è vero che una nostra vittoria significherebbe chiudere le porte alla casa torinese", mi dice compunto il vice-presidente della sezione cittadina Raijca Milosavljevic. "Vogliamo però un accordo che sia vantaggioso per tutti, non solo per chi viene da fuori".
"Quello che ci rende scettici sul carattere politico e non industriale dell’accordo", aggiunge poi Milosavljevic, "è che la dirigenza Fiat ha dichiarato che verranno prodotte 300mila automobili, ma non ha saputo nemmeno specificare quali modelli verrebbero prodotti a Kragujevac".
"Non sappiamo quale effetto avrà la firma dell’accordo con la Fiat sui risultati elettorali, qui in città", mi dice poi Sladjan Stevanovic, attivista del partito, mentre vado via. "Spero che non abbia conseguenze negative per noi, anche se questa possibilità non può essere esclusa".
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