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Kossovo: una svolta per le proprietà immobiliari?

Le Nazioni unite stanno pianificando per l’anno appena iniziato di risolvere le migliaia di dispute tra serbi ed albanesi in merito alle proprietà immobiliari. La traduzione di un articolo IWPR.

08/01/2003, Redazione -

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Dopo tre lunghi anni di indagini su "chi viveva dove" prima della guerra in Kossovo, le agenzie della Nazioni unite stanno per fare un progresso significativo nel risolvere le dispute in merito alle proprietà immobiliari.
Questo implica un enorme scambio di proprietà immobiliari tra la maggioranza albanese e la minoranza serba.
Un esempio recente: una famiglia albanese è stata sfrattata da un appartamento nel centro di Pristina, i cui legittimi proprietari erano dei serbi. La famiglia albanese occupò l’appartamento dopo che la loro casa in un villaggio nell’immediata periferia della capitale kossovara era stata distrutta dall’esercito serbo durante gli scontri del 1998-1999.
Pur avendo ricostruito quest’ultima la famiglia albanese aveva continuato a vivere nell’appartamento di Pristina. Ora il Housing and Property Directorate, HPD, istituzione creata dall’UNMIK, ha imposto loro lo sfratto.
Negli ultimi due mesi l’HPD ha affrontato più di 2000 richieste di rientro in possesso di propri immobili. Rimangono però altri 23.000 casi che si spera riuscire a risolvere entro l’anno.
L’UNMIK ha creato l’HPD e la Property Claims Commission, HPCC, nel 1999. Sino al novembre del 2002 entrambi gli organismi hanno lavorato per raccogliere dati e valutare richieste confliggenti. Un compito difficile e reso ulteriormente complicato dall’enorme confusione in merito ai diritti di proprietà immobiliare. L’HPD e l’HPCC hanno giurisdizione esclusiva sulla questione e le loro decisioni sono inappellabili.
La maggior parte dei reclami sono legati alle vicende belliche del 1999, quando si stima che circa 100.000 unità abitative, quasi metà delle unità abitative dell’intera regione, sono state distrutte o hanno subito danni ingenti. Gli albanesi che avevano perso una casa si sono spostati verso le zone urbane ed hanno occupato appartamenti che erano stati lasciati vuoti dalle famiglie serbe scappate dal Kossovo dopo l’entrata delle truppe NATO per paura della vendetta albanese. Città come Pristina hanno in quel periodo raddoppiato la loro popolazione.
I serbi che non hanno abbandonato la regione sono rimasti rinchiusi in enclaves, la più grande delle quali è Mitrovica nord. La maggior parte dei serbi che vivono in questa città hanno occupato case albanesi.
Un numero significativo di reclami riguardano inoltre albanesi che hanno perso le proprie proprietà dopo che Belgrado ha revocato l’autonomia al Kossovo sul finire degli anni ’80. In quell’occasione vi fu infatti un massiccio sciopero generale che portò al licenziamento di molti lavoratori di etnia albanese. Ed oltre al lavoro molti di loro persero anche l’appartamento che veniva garantito dalle grandi aziende statali.
Allo stesso tempo a circa 1000 impiegati albanesi fu vietato di acquistare appartamenti appena costruiti nonostante fossero in possesso di tutta la documentazione che attestava che erano stati costruiti proprio per loro dalle aziende dove lavoravano. Gli appartamenti vennero invece consegnati a famiglie serbe. Negli anni ’90 poi questi appartamenti vennero privatizzati e spesso cambiarono più volte di proprietà.
"Stiamo ora considerando tutti questi casi" – ha dichiarato ad IWPR l’avvocato di Pristina Avni Gjakova – "in ogni caso vi sono casi nei quali questi appartamenti, sui quali è stata aperta una disputa, sono stati venduti ad un terzo e quindi abbiamo tre persone che reclamano il possesso della medesima proprietà".
Ulteriori problemi sono stati creati dalle leggi discriminatorie introdotte nel 1991 che hanno impedito ai serbi di vendere proprietà agli albanesi, tentativo di bloccare l’emigrazione della minoranza serba dalla regione. L’introduzione di questa legislazione non impedì però nei fatti queste transazioni ed anzi creò ulteriore confusione.
Nonostante le difficoltà incontrate, l’analisi di questi reclami procede con una certa celerità. L’HPD ha ora uffici in tutto il Kossovo, nonchè in Serbia e in Montenegro. Ha inoltre ricevuto recentemente 5,5 milioni di euro dall’Unione europea. Questo ha permesso di raddoppiare il suo attuale budget e contemporaneamente lo staff è stato arricchito della consulenza di 4 esperti internazionali su questioni riguardanti i diritti di proprietà sugli immobili.
Progressi in questo campo sono fondamentali anche perché i kossovari stanno perdendo la loro pazienza. Una frustrazione che l’ombudsmann locale, Marek Novicki, ha espresso in una lettera inviata in novembre all’amministratore ONU Michael Steiner.
Il direttore dell’HPD Martin Drake, ha dichiarato all’IWPR che la Commissione è stata, sino a poco tempo fa, occupata a raccogliere tutti i reclami ed a preparare il terreno per l’azione. "I nostri esperti hanno visitato i luoghi, controllato i documenti, e, negli ultimi due mesi, risolto 2000 casi", ha affermato.
Diturie Hodza, vice-portavoce dell’HPD, ha dichiarato che la Commissione sta cercando un’accomodazione temporanea per la famiglie sfrattate, nell’attesa che le loro vecchie case vengano ricostruite.
Intanto la vendita di proprietà tra serbi ed albanesi continua, anche se in forme più trasparenti rispetto al passato.
In dicembre Misa Stankovic, un serbo di Pristina, attualmente residente in Serbia, è venuto con il suo avvocato al chek point di Merlare, nel nord della regione, per scambiare contratti di proprietà con un albanese che aveva acquistato il su appartamento per 50.000 euro. L’affare si può fare ma solo previo via libera da parte dell’HPD.
Nehat Islami – IWPR, traduzione a cura dell’Osservatorio sui Balcani

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