Kossovo: chi vuole la guerriglia?
Due membri del neonato Esercito nazionale albanese sono stati uccisi nei giorni scorsi nel sud della Serbia. Ma i politici albanesi del Kossovo, della Macedonia e dell’Albania prendono le distanze. "Il tempo delle armi è passato", dichiara Ali Ahmeti.
Shaban Bajrami e Besim Xhemajli, uccisi in uno scontro a fuoco con le forze di polizia serbe il 7 marzo scorso sul confine tra Kossovo e Serbia, sono stati seppelliti nel loro villaggio d’origine, Breznica, nella municipalità di Bujanovac, sud della Serbia.
Secondo le autorità serbe i due stavano piazzando una ventina di chili di esplosivo su una strada percorsa dalle pattuglie della polizia serba e interetnica.
Dopo l’incidente si è riunita la commissione congiunta costituita da autorità serbe e KFOR, forza di interposizione internazionale di stanza in Kossovo, per confrontarsi sugli incidenti avvenuti sul confine serbo-kossovaro. A questo incontro sono succeduti gli arresti da parte della KFOR di due parenti di Shaban Bajrami, sospettati di aver partecipato all’azione ……
L’Esercito nazionale albanese, AKSH, il nuovo gruppo di guerriglia che sembra si sia costituito nell’area, attivo sia sui confini tra Serbia e Montenegro che in alcune aree della Macedonia, ha reso pubblico un comunicato stampa nel quale si afferma che Bajrami e Xhemajli sono propri membri.
A differenza dell’ex-UCK e del NLA, attivi negli anni scorsi rispettivamente in Kossovo ed in Macedonia, il neo-nato AKSH non gode di alcun chiaro supporto politico nella popolazione di lingua albanese. Molti leader politici del Kossovo, assieme ad Ali Ahmeti, tra i leader del disciolto NLA ed ora deputato in Macedonia, hanno denunciato l’AKSH quale un’organizzazione virtuale e hanno sostenuto che non ha alcun motivo politico d’esistere.
"Il tempo delle armi è passato", ha dichiarato proprio Ahmeti più volte. Pandeli Majko, Ministro degli esteri albanese, ha descritto senza mezzi termini l’AKSH come una pugnalata alle spalle dell’interesse nazionale albanese.
Ma in ogni caso l’AKSH esiste. La sua esistenza è sempre più visibile ed è un chiaro problema per la KFOR e per il processo politico nella regione. I quotidiani locali hanno ripetuto più volte che uomini armati ed in divisa sono stati visti più volte anche su territorio kossovaro.
Questi uomini, con una divisa con la scritta AKSH, hanno fermato civili chiedendo loro le carte di identità ed in altri punti hanno istituito veri e propri check point. Tutti fatti che si sono svolti in tarda serata e di notte e fino ad ora la KFOR non è mai stata in grado di intercettare i ‘guerriglieri’.
Molti quotidiani si chiedono, incluso Epoka e Re, quello più vicino alle istanze radicali e nazionaliste, contro chi lotterà l’AKSH. E questo scetticismo dell’opinione pubblica in merito alla necessità della continuazione della lotta armata sembra abbia avuto già i primi contraccolpi proprio sull’AKSH. Alban Vjosa, portavoce dell’AKSH, in una recente intervista per il settimanale kossovaro ‘Java’ ha affermato che i membri dell’AKSH per il momento hanno ordine di non operare sul territorio kossovaro e che per il momento l’uniforme della KFOR sarà l’unica sul territorio del Kossovo.
Per il momento. La piattaforma politica dell’AKSH prevede infatti l’unificazione di tutti gli albanesi in un unico stato. Sembra comunque una posizione non condivisa dalla maggioranza dei cittadini del Kossovo.
Dal nostro corrispondente dal Kossovo
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