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Kosovo, via la Serbia, ma non la supervisione

Verrà imposta una soluzione: Kosovo indipendente ma con una forte supervisione internazionale a guida Ue. Una sorta di Bosnia 2. La pensano così molti funzionari che stanno lavorando alla creazione di una missione dell’Ue in Kosovo. Nostra traduzione

03/11/2006, Redazione -

Kosovo-via-la-Serbia-ma-non-la-supervisione

Da B92 – New York Times
Traduzione a cura di Osservatorio sui Balcani

Nei prossimi mesi il Kosovo potrebbe ottenere l’indipendenza dalla Serbia. Ciononostante è improbabile che quest’ultima sia la conclusione che si auguravano i diplomatici occidentali, dopo aver governato la Provincia per sette anni con un costo annuale che è stato stimato attorno ai 1,3 miliardi di dollari. E’ sempre più evidente che la comunità internazionale dovrà mantenere in Kosovo, anche in futuro, più responsabilità di quanto desiderasse.

Gli albanesi del Kosovo, che rappresentano la maggioranza nella Provincia, e il governo della Serbia non sono riusciti, in nove mesi di negoziazioni, a raggiungere un accordo.

Le negoziazioni si stanno trascinando con la possibilità sempre più concreta che alla fine una soluzione – al processo iniziato 15 anni fa con il disgregarsi della Jugoslavia e che ha portato a guerre in Croazia, Bosnia e Kosovo – verrà imposta dall’esterno.

Gli Stati uniti e l’Europa occidentale si auguravano che un accordo tra le parti portasse ad evitare il rischio di dispute violente sui confini e a diminuire l’esigenza di una massiccia presenza internazionale, sia civile che militare. Una missione a guida Ue dovrebbe sostituire l’attuale missione Onu una volta che il futuro del Kosovo verrà deciso.

"Tutti sono ansiosi di arrivare a una soluzione", afferma il tedesco Joachim Rucker, a capo della missione Onu in Kosovo. "E’ l’ultima tessera del puzzle dei Balcani".

Gli americani vogliono chiudere la questione, ma ci potrebbe volere più tempo del previsto. Il governo della Serbia dovrà dire la sua su qualsiasi accordo e per questo le Nazioni unite potrebbero decidere di aspettare per una soluzione sino a quando in Serbia non si sia votato per le elezioni politiche, probabilmente all’inizio dell’anno prossimo.

Gli americani non sono più impegnati pesantemente, dal punto di vista militare, in Kosovo.
Vi hanno 1000 unità della Guardia Nazionale. Sono però disponibili a pagare parte dei costi
di una maggiore indipendenza e avranno un ruolo nella missione a guida europea.

Qualsiasi sia la tempistica sembra che in Kosovo – ad affermarlo fonti diplomatiche Onu e Ue – rimarranno almeno per un po’ funzionari internazionali con poteri estesi e che continueranno ad agire da arbitri tra gli albanesi e la principale minoranza del Kosovo, i serbi.

Con i suoi due milioni di abitanti, i più poveri dell’ex Jugoslavia, il Kosovo continuerà a costare molto dal punto di vista finanziario. Secondo quanto afferma l’UNDP (Programma di sviluppo delle Nazioni Unite) il reddito pro-capite è poco sopra i 1000 dollari all’anno. Il Fondo monetario internazionale prevede una diminuzione del prodotto interno lordo e un declino economico man a mano che la missione delle Nazioni Unite lascerà la Provincia.

"Ritengo che per l’Ue sarà un piccolo shock", afferma Anthony C. Welch, inglese, coordinatore di una lavoro di ricerca commissionato dalle Nazioni Unite su Kosovo e temi legati alla sicurezza. "Ritengo che il loro ruolo sarà impegnativo. E costerà molto".

Il Kosovo è sotto amministrazione Onu sin dal 1999, quando è stato tolto dal controllo delle forze di sicurezza jugoslave. Pur essendo ancora formalmente parte della Serbia le Nazioni unite, che stanno guidando i negoziati sullo status futuro, hanno affermato che non potrà tornare sotto il controllo serbo.

L’inviato per le negoziazioni delle Nazioni unite, il finlandese Martti Ahtisaari, ha redatto una possibile soluzione, tenuta per ora segreta. Prima deve essere sottoposta alle parti e al dibattito del Consiglio di Sicurezza Onu.

Ciononostante gli elementi principali della possibile soluzione, a detta di funzionari dell’Onu e dell’Ue responsabili per la pianificazione della missione europea in Kosovo, sembrano ormai chiari.

La Russia si oppone all’indipendenza del Kosovo, sostenendo che potrebbe rappresentare un pericoloso precedente per altri Stati secessionisti. Per questo, affermano i funzionari internazionali, è improbabile che il Consiglio di Sicurezza garantisca alla Provincia un’indipendenza piena.

"Il Consiglio di Sicurezza darà il via libera a una missione a guida Ue e inviterà i singoli Stati a riconoscere il Kosovo", sostiene Welch. Al Kosovo non verrà garantito automaticamente un seggio presso l’Assemblea generale delle Nazioni Unite osteggiato dalla Serbia. Solo quando i due terzi dei Paesi dell’Assemblea generale riconosceranno il Kosovo quest’ultimo potrà farne parte.

L’Unione europea afferma da parte sua che non ha alcuna intenzione di duplicare la struttura elefantiaca e farraginosa che le Nazioni unite hanno creato in Kosovo, che è arrivata a contare, considerando anche i membri della polizia internazionale, più di 11.000 persone. La presenza internazionale è stata fonte di tensioni con la popolazione albanese, alcuni dei quali la considerano una sorta di occupazione di stampo coloniale. Sino a quando vi sarà una supervisione internazionale, è possibile che queste frizioni permangano.

La nuova struttura, con a capo un "rappresentante internazionale", avrà poteri molto più limitati – affermano i funzionari europei – che verranno riconsiderati ogni anno. Il suo ruolo principale sarà quello di fare in modo che venga sottoscritto e implementato un accordo di pace, in particolare per quanto riguarda la protezione delle minoranze. Tra i poteri verrà compreso quello di obbligare alle dimissioni politici e annullare leggi nel caso interferiscano negativamente con una soluzione pacifica del conflitto.

"Avremo scopi e poteri precisi, perché crediamo che la linea guida della missione debba essere quella della responsabilità delle autorità locali", afferma Torbjorn Sohlstrom, il diplomatico svedese alla guida del gruppo di funzionari Ue che sta creando i presupposti per la missione in Kosovo.

Il processo di decentramento garantirà alle autorità municipali serbe di poter dire la loro su tutte le questioni che le riguardano. "Ma l’opposizione dei serbi del Kosovo ai piani internazionali potrebbe richiedere un intervento più deciso, sino al punto che sia la stessa missione Ue a nominare rappresentanti di questa minoranza in seno al governo a maggioranza albanese se i serbi si rifiutassero di eleggerne direttamente", dichiara Sohlstrom.

I funzionari delle Nazioni unite e dell’Unione europea hanno inoltre dichiarato che un’eventuale risoluzione Onu potrebbe individuare misure di monitoraggio molto più stringenti di quelle previste attualmente.

"Ritengo ci siano profondi timori" afferma Judy Batt, ricercatrice presso l’Istituto per gli studi sulla sicurezza dell’Unione europea a Parigi. "Molti ritengo siano letteralmente orripilati dalla soluzione che verrà, ma non c’è alcuna alternativa".

La prospettiva di una maggiore responsabilità in Kosovo dell’Unione europea non sarà ben accolta da molti Stati membri, già preoccupati dai costi del processo di allargamento, sopratutto prospettandosi l’eventualità che si debba sostenere il peso dei bisogni economici del Kosovo.

"Senza dubbio il cambio dello status del Kosovo non sarà una bacchetta magica con la quale risolvere tutti i problemi socio-economici della Provincia", afferma il norvegese Frode Mauring, direttore del Programma di sviluppo delle Nazioni Unite (UNDP) in Kosovo. "La progressiva diminuzione della presenza internazionale rischia di causare una vera e propria recessione". E le difficoltà economiche possono portare a tensione sociale, ha aggiunto.

Rucker, a capo della missione Onu in Kosovo afferma: "Ritengo sia molto chiaro: se ci si aspetta stabilità, bisogna investire risorse".

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