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Kosovo, tutti i paradossi della Corte speciale

Il parlamento kosovaro dice "no" alla Corte speciale sui crimini UÇK. Andrea Capussela, in un commento,  solleva tutti i paradossi della vicenda legata alla creazione di questo tribunale ad hoc

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Le premesse sono note. Nel dicembre 2010, il "rapporto Marty" ha descritto una lunga serie di crimini presumibilmente commessi in Kosovo tra il 1999 e il 2008. Un anno dopo, l’Unione europea ha istituito una speciale task force investigativa al riguardo. A luglio 2014, la task force ha dichiarato che le sue conclusioni ‘in gran parte confermano’ il rapporto Marty e di essere pronta a rilasciare atti d’accusa. L’Occidente ha chiesto al Kosovo di istituire un tribunale per dare udienza a quelle accuse. Ma venerdì scorso il parlamento di Pristina ha rifiutato di farlo.

Prima dei paradossi, una nota linguistica. Si tratta di una corte ad hoc, ex post. All’inizio si chiamava ‘speciale’. Ma presto i funzionari occidentali si sono resi conto che i tribunali speciali ad hoc, ex post sono cose da dittature (l’Italia fascista ne aveva uno, ad esempio, e non è stato nemmeno ex post per la maggior parte della sua vita). Quindi l’hanno chiamata ‘specialistica’. E questo è l’aggettivo che si trova nelle carte ufficiali. Ma venerdì tutti parlavano del ‘tribunale speciale’. Quindi è incoraggiante vedere che, quando le cose e le parole si scontrano, sono le prime a prevalere, anche negli ambienti politico-diplomatici del Kosovo.

Il primo paradosso è che si sia parlato di ‘guerra dell’UÇK’. Al contrario, la maggior parte dei reati citati nella relazione di Marty sono stati commessi soprattutto dopo la fine del conflitto del 1999 e appartengono alla categoria della criminalità organizzata (traffico di droga, omicidi politici, intimidazioni di testimoni, ecc.). Quindi il tutto ha meno a che fare con la ‘guerra dell’UÇK ‘ e più con i mezzi con cui gli ex leader dell’UÇK, e altri, hanno acquisito il potere politico in Kosovo e ricchezze esorbitanti che continuano ad aumentare.

Il secondo paradosso, strettamente correlato, è che per convincere il Kosovo ad accettare questa corte alcune diplomazie occidentali abbiano sostenuto che il tribunale avrebbe ‘ripulito l’immagine internazionale del Kosovo’. Ma tribunali giudicano fatti, non immagini: le immagini non si puliscono con i tribunali, speciali o no.

Il terzo paradosso, correlato e ancora più grande, è duplice. Da una parte, uno dei principali sospettati – l’attuale ministro degli esteri del Kosovo Hashim Thaçi, ‘personalità chiave della criminalità organizzata’ secondo il rapporto Marty, che lo nomina due dozzine di volte in relazione a vari tipi di crimini e cattive azioni – è stato uno dei più accesi sostenitori dell’istituzione del tribunale. Dall’altra, tutti gli oppositori di questo politico e del suo partito sono stati fermamente contrari alla costituzione del tribunale.

Qui sta la follia. E la follia di persone altrimenti razionali solleva delle domande. Forse questa corte era destinata ad assolvere gli imputati? Reclutare giudici e pubblici ministeri compiacenti? Condannare alcune figure simboliche, importanti ma non troppo, in modo da dare credibilità all’operazione d’immagine?

Queste legittime domande non hanno risposta, perché il tribunale non è stato costituito. Quindi mi sento di presupporre che la risposta sia ‘no’. In altre parole, che la corte avesse veramente lo scopo di amministrare la giustizia in modo imparziale. Se è così, tuttavia, ci sono altri tre paradossi.

Primo: tutti – i cittadini del Kosovo, i governi ed elettorati occidentali, l’opinione pubblica mondiale, e (almeno apparentemente) anche il governo del Kosovo – vogliono che il Kosovo sia, o diventi, una democrazia liberale. Ciò implica il rispetto del principio di uguaglianza. Eppure, l’istituzione di un tribunale speciale ad hoc, ex post viola tale principio. Se io faccio parte della criminalità organizzata in Kosovo, dovrò affrontare una diversa forma di giustizia a seconda che quello che ho fatto compaia nella relazione Marty o no.

In caso affermativo, non dovrò affrontare una giuria neutrale e imparziale, ma una ad hoc, ex post: scelta con la consapevolezza che giudicherà la mia responsabilità di tali fatti. Così il tribunale speciale – qualunque sia la qualità e l’integrità morale personale dei suoi giudici (il problema è nella loro selezione: in chi li seleziona e quando) – contraddice due principi cardine della democrazia: uguaglianza davanti alla legge e il diritto ad un processo equo.

Secondo: perché è necessaria una corte ‘speciale’? Per cinque motivi.

  • 1. Durante i nove anni del suo mandato, l’UNMIK non ha affrontato i reati citati nella relazione Marty, pur avendo – o essendo in grado di trovare – tutte le informazioni scoperte da Marty.
  • 2. Nemmeno Eulex ha potuto, o voluto, affrontare la questione.
  • 3. Nonostante 15 anni di sforzi, e il denaro speso da molti donatori, alla magistratura del Kosovo mancano ancora la capacità, l’integrità e l’indipendenza necessarie per affrontare questi casi (o qualsiasi caso di importanza economica o politica più che trascurabile).
  • 4. Lo stesso ICTY non ha affrontato il lato UÇK del conflitto del 1998-1999. Pur avendo accertato che alcuni reati erano stati commessi, non è stato in grado di identificare i colpevoli (con eccezioni trascurabili). Questo fallimento è dovuto – per ammissione dello stesso ICTY – al fatto che il tribunale non è riuscito a proteggere l’integrità delle prove (e soprattutto dei testimoni, molti dei quali hanno rifiutato di parlare, rilasciato dichiarazioni incoerenti, o cambiato versione, per non parlare dei potenziali testimoni morti di cause innaturali prima che potessero parlare).
  • 5. L’ICTY, comunque, non è solo in scadenza, ma è anche stato screditato da una recente serie di assoluzioni di spicco, probabilmente di matrice politica (che più che i Balcani riguardava le norme umanitarie nei conflitti che coinvolgono gli eserciti di Stati Uniti e Israele).

Nessuna di queste ragioni è imputabile allo Stato o ai cittadini del Kosovo. E nemmeno alla sezione criminale dell’élite del Kosovo, che non può essere incolpata per il voler agire nel proprio interesse. Tutti e cinque i motivi sono riconducibili alla comunità internazionale: all’Occidente, se vogliamo.

Di qui l’ultimo paradosso. L’Occidente ha cercato di costringere uno stato sovrano, la cui sovranità ha voluto e sostenuto, ad accettare un tribunale speciale che intacca la sua sovranità, e lo ha fatto per porre rimedio ad errori – i numeri 1, 2, 3, 4 e 5 – che sono tutti imputabili all’Occidente stesso. La minaccia di istituire la ‘corte speciale’ attraverso la decisione delle Nazioni Unite porta ora questo paradosso a dimensioni portentose, raramente testimoniate da quando sono stati scoperti i paradossi.

Temo che, proprio a causa di questi cinque errori, non ci sia una buona soluzione a questo problema (per inciso, se la minaccia di stabilire la corte attraverso una decisione del Consiglio di Sicurezza sarà realizzata, cosa di cui dubito, mi chiedo come sarà giustificata: la risoluzione spiegherà le ragioni 1-5?).

La soluzione migliore, a mio parere, è quella che ho letto in un pezzo che Jeta Xharra pubblicato circa un anno fa (‘Il Kosovo deve portare fuori la propria spazzatura’, Pristina Insight, 14 marzo 2014). Il suo consiglio all’Occidente è: lasciate che siano i tribunali del Kosovo ad occuparsi di questi crimini, e dite al Kosovo che se non riesce ad amministrare la giustizia in modo imparziale ci saranno gravi conseguenze per il sostegno politico ed economico che il paese riceve dall’Occidente.

Questa soluzione può funzionare o meno, proprio come le altre, ma ha il grande vantaggio di rispettare sia la logica che il principio, che deve pur contare qualcosa, e che porrà gli interessi dei cittadini del Kosovo diametralmente in contrapposizione gli interessi della sua élite politico-criminale. Ergo, questa è anche l’unica soluzione in grado di favorire il cambiamento politico in Kosovo. E suppongo che, ormai, anche l’Occidente auspichi un cambiamento politico in Kosovo.

Questo, per inciso, spiega il più paradossale di questi paradossi. Il tribunale speciale sarebbe stato una garanzia di stabilità politica: questo deve essere il motivo per cui la maggioranza di governo del Kosovo l’aveva accettato e l’opposizione no.

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