Kosovo: PTK, una società a perdere
PTK, la società di telefonia pubblica del Kosovo, ha visto crollare i propri incassi ed utili. Andrea Capussela, ex-direttore degli Affari economici di ICO, spiega a Obc la controversa operazione Dardafon alla base del disastro finanziario. Ora Eulex indaga, ma il problema resta quello della mancanza di responsabilità. Riceviamo e volentieri pubblichiamo
Cercherò di analizzare PTK (la società di Posta e telecomunicazioni di proprietà del governo kosovaro) dal punto di vista dei suoi proprietari: vale a dire, i cittadini del Kosovo.
Come riportato dalla stampa, il presidente e il direttore esecutivo di PTK e alcuni rappresentanti del suo partner privato Dardafon sono accusati da EULEX di aver commesso crimini diversi, ma comunque riconducibili a un’unica circostanza: l’operazione finanziaria con cui PTK e Dardafon hanno congiuntamente creato Z-Mobile (la cosiddetta Operazione Dardafon), che danneggia PTK.
Innanzitutto, vorrei spiegare perchè ritengo fosse ovvio che l’operazione Dardafon si sarebbe rivelata fin dall’inizio controproducente per PTK.
Dardafon, un accordo controproducente
Quando IPKO (la seconda compagnia di telefonia mobile del Kosovo, ora controllata da Slovenia Telecom) venne costituita, iniziò a competere in maniera aggressiva con Vala (la compagnia di telefonia mobile di PTK) per accaparrarsi clienti, come è giusto che sia e, in definitiva, vantaggioso per il clienti stessi. Per difendere le proprie quote di mercato, PTK decise quindi di trovare un partner privato con una buona esperienza di marketing, costituire una nuova società con il nuovo partner e mettere a disposizione alcune delle frequenze e delle linee telefoniche di Vala per la nuova società.
L’idea di fondo era che la nuova società, grazie alle proprie capacità in materia di marketing, avrebbe intercettato i clienti pronti a cambiare la propria carta Vala con
una carta IPKO. Se alcuni o la maggioranza di questi clienti si fossero lasciati convincere a dotarsi della SIM della nuova società, PTK avrebbe (tramite la nuova società) continuato a trarre beneficio dalle loro chiamate. Era giusto che PTK si difendesse dalla concorrenza e questa sembrava una strategia plausibile per farlo.
Così PTK si è messa a cercare un partner privato, ha scelto Dardafon e, dopo qualche trattativa, ha acconsentito a costituire una nuova società, che avrebbe avuto come missione principale quella di intercettare i clienti pronti a passare a IPKO. In base agli accordi, a PTK sarebbe toccata una quota del 75% della nuova società, mentre il restante 25% sarebbe andato al partner privato. Perfettamente legittimo, poichè un’operazione del genere aveva effettivamente senso solo con PTK nel ruolo di azionista di maggioranza della nuova società.
Questo principalmente per tre motivi.
Innanzitutto, quando una nuova società viene costituita, i soci fondatori acquisiscono una quota di partecipazione proporzionale al loro contributo al capitale sociale. Ad esempio, se il Signor A versa 7.000 euro di capitale sociale e il Signor B ne versa 3.000, il Signor A avrà diritto alla proprietà del 70% della nuova società (che chiameremo A&B) e il Signor B al restante 30%.
Nel nostro caso, essenzialmente, PTK ha messo a disposizione della nuova società alcune delle sue frequenze e linee, mentre il partner privato ha messo a disposizione le sue capacità di marketing. E’ palese che il contributo di PTK è nettamente maggiore, visto che le frequenze e le linee hanno un valore molto alto: sono infatti le uniche esistenti in Kosovo (a parte quelle di proprietà di IPKO) e senza queste linee e frequenze la nuova società non potrebbe emettere SIM card. Al contrario, il mondo del business trabocca di persone con ottime capacità di marketing, quindi PTK aveva un ampio ventaglio di scelta per il partner privato. Ne consegue che PTK sarebbe stata legittimata a richiedere molto più del 50% delle quote della neonata società.
In secondo luogo, gli utili societari vengono distribuiti tra i titolari delle società in proporzione alla percentuale di quote che essi detengono. Tornando all’esempio di prima, se nel 2011 la società A&B genera utili per 1.000 euro, 700 euro andranno al Signor A e i restanti 300 al Signor B.
Nel nostro caso, PTK ha fortemente voluto questa operazione per intercettare i clienti disposti a lasciare Vala e a passare a IPKO, in modo da continuare a incassare gli utili derivati dalle loro chiamate. Ne consegue che l’operazione avrebbe avuto senso soltanto se PTK avesse incassato una buona parte degli utili generati dalle chiamate di questi clienti. Ma questi utili verranno prodotti dalla nuova società, che si aggiudicherà questi clienti prima che questo passino a IPKO. Quindi, la nuova società dovrebbe distribuire gli utili ai titolari (vale a dire PTK e il partner privato) in proporzione alle quote da essi detenute. Per trarre beneficio dall’operazione, la PTK avrebbe dovuto richiedere una partecipazione decisamente superiore al 50%.
In terzo luogo, i titolari detengono potere decisionale in merito alle attività della società, sempre in proporzione alla quantità di quote detenute. Seguendo il nostro esempio, se la società A&B deve deliberare se acquistare o meno un nuovo ufficio e i Signori A e B hanno pareri contrastanti, sarà necessario sottoporre la questione a votazione. Il voto del Signor A avrà un peso del 70%, mentre il voto di B avrà un peso del 30%; in pratica, è il Signor A a decidere (per questo motivo, si dice che A “controlla” la società). Nel nostro caso, PTK deve controllare la nuova società, soprattutto per evitare il rischio che la nuova società inizi ad attaccare Vala invece di IPKO utilizzando le frequenze di Vala (un rischio che nel settore è ben noto con il nome di “cannibalizzazione”).
Questa era la situazione a metà del 2008, quando le alte sfere e il consiglio di amministrazione di PTK sono cambiati (e probabilmente anche alcuni dei titolari del partner privato, Dardafon). I nuovi dirigenti hanno rivisto i programmi e trovato un nuovo accordo: PTK sarebbe rimasta proprietaria solo del 27% della nuova società, mentre il 73% delle quote sarebbero passate a Dardafon. In sintesi, l’esatto opposto di quella che era stata l’idea originale.
In questa forma, l’operazione si presentava come non equa, inutile e potenzialmente molto rischiosa per PTK: rischiava di diventare una specie di enorme pompa che avrebbe assorbito buona parte degli utili di PTK per distribuirli in mano ai privati. Purtroppo, sembra che sia avvenuto esattamente questo. Eppure questo rischio era chiaro allora come ora. PTK avrebbe dovuto rifiutare la nuova operazione: sarebbe stato meglio trovare un nuovo partner (ce ne sono molti disponibili) o, in alternativa, affrontare da sola la concorrenza di IPKO.
Sembra strano che la nuova gestione abbia accettato questi accordi così svantaggiosi, e che il governo abbia difeso pubblicamente i nuovi dirigenti.
E’ dunque palese che l’operazione Dardafon sia stato un errore madornale e macroscopico. Per quanto concerne invece il caso EULEX, ci si chiede ora se l’errore sia dovuto a inettitudine o a un intento ben preciso: dalla risposta a questo quesito dipende il verdetto nei confronti degli imputati.
Dare una risposta a tale quesito è dunque compito di vitale importanza; ma lo lascerei ai giudici, agli avvocati della difesa e dell’accusa, augurando loro buona fortuna. Mentre attendono il verdetto, i cittadini dovrebbero pensare a come rimediare al danno subito da PTK, visto che le perdite ammontano a milioni di euro. Prima di approfondire questo punto, vorrei aggiungere qualche ulteriore informazione.
PTK, una gestione disastrosa
Negli ultimi 3 anni, PTK è stata gestita in maniera disastrosa, e non mi riferisco soltanto all’operazione Dardafon. Il primo anno in cui l’attuale dirigenza ha gestito interamente PTK è stato il 2009 (i resoconti finanziari del 2010 non sono ancora disponibili, perché PTK li sta pubblicando col contagocce). I risultati del 2009 sono stati tremendi se confrontati con il 2007, l’ultimo anno di gestione della precedente dirigenza: gli introiti (cioè i pagamenti dei clienti) hanno subito un calo del 21%; i costi un aumento del 23% e gli utili hanno subito un disastroso calo del 47% (la differenza ammonta a 54 milioni di euro).
La concorrenza aggressiva di IPKO spiega in parte il calo degli introiti, ma non il fatto che gli utili siano calati del doppio rispetto agli introiti. Ciò è dovuto al crollo verticale di efficienza riportato da PTK in soli due anni. In altre parole, buona parte del denaro che i clienti versano a PTK non genera utili (che confluiscono nel bilancio) perché si “perde” all’interno della società. Ciò non c’entra nulla con la concorrenza di IPKO, e dimostra solo come negli ultimi 3 anni PTK sia stata gestita in maniera disastrosa (o addirittura saccheggiata, se la cattiva gestione è frutto di un preciso intento). Resta il fatto che PTK ha perso decine di milioni di euro e buona parte del suo valore.
Ciò, francamente, non suscita molto stupore: né il direttore esecutivo di PTK (un esperto di telecomunicazioni) né il presidente del consiglio d’amministrazione (un ingegnere esperto in componenti automobilistiche) né nessun altro membro del consiglio d’amministrazione dispone delle capacità e dell’esperienza necessarie a gestire una società così vasta e complessa.
Responsabilità politiche
I cittadini kosovari detengono PTK attraverso il governo. E’ il governo a scegliere e monitorare i membri del consiglio di amministrazione; ed è il consiglio, a propria volta, a scegliere e ad avere mansioni di controllo sul direttore esecutivo di PTK.
Visto l’accaduto, i cittadini del Kosovo oggi possono trarre due conclusioni inequivocabili.
Innanzitutto, l’errore macroscopico commesso durante l’operazione Dardafon e i terribili risultati riportati da PTK provano, al di là di ogni ragionevole dubbio, che la direzione e il consiglio d’amministrazione hanno causato danni ingenti (per milioni) alla società. E non c’è neppure bisogno di attendere il verdetto EULEX per giungere a tale conclusione, perché è già chiaro oltre ogni ragionevole dubbio che PTK è stata danneggiata dalla estrema negligenza delle sfere dirigenziali, il che rende appunto i dirigenti PTK totalmente responsabili davanti alla legge dei danni riportati dalla società. Il verdetto EULEX servirà soltanto a chiarire se, oltre alla negligenza, vi è stato anche il deliberato intento di danneggiare PTK.
In secondo luogo il governo (in qualità di istituzione) è politicamente responsabile del danno arrecato, in quanto ha scelto le persone sbagliate per il consiglio d’amministrazione di PTK, non ha effettuato alcun controllo sul loro operato e ha persino difeso l’operazione Dardafon.
Viste le conclusioni, per i cittadini kosovari oggi le conseguenze principali sono tre.
Innanzitutto il governo deve (giacché un governo DEVE agire nell’interesse dei suoi cittadini) immediatamente licenziare l’intero consiglio di amministrazione di PTK e nominarne uno nuovo e migliore, composto da professionisti indipendenti.
In secondo luogo, il nuovo consiglio d’amministrazione deve immediatamente licenziare il direttore esecutivo di PTK e nominarne uno nuovo e più competente.
In terzo luogo, il governo deve portare i membri del cda e il direttore esecutivo di PTK in tribunale e chiedere loro di rimborsare i danni arrecati dalla loro amministrazione alla società. I milioni di euro persi appartengono ai cittadini. Ne consegue che la maggior parte possibile di questi soldi debba essere restituita alla cittadinanza, facendola confluire nel bilancio statale (ad esempio, potrebbe essere utilizzata per costruire scuole, di cui c’è urgente bisogno; sulle scuole poi, ad imperitura memoria, dovrebbero essere applicate delle targhe recanti la dicitura “Scuola costruita con il denaro confiscato a chi ha danneggiato PTK”).
Il governo non ha alcuna scusa per non mettere in atto tali interventi. Mi sembra già di sentire chi obietterà che questo danneggerebbe la privatizzazione di PTK, ma mi sembra un argomento molto debole: ciascun investitore interessato sa perfettamente che PTK viene gestita in maniera scellerata e sta perdendo milioni. Quindi, prima i dirigenti lasceranno la poltrona, prima PTK registrerà miglioramenti, e sarà in grado di offrire prezzi più concorrenziali per la privatizzazione.
Se il governo non mette in atto questi interventi, ai cittadini non resterà che trarre una quarta conclusione: non solo il governo ha scelto le persone sbagliate per gestire PTK e difende il suo errore più grave, ma preferisce anche essere amichevole e chiudere un occhio su questi incompetenti piuttosto che difendere gli interessi dei cittadini, evitare che perdano milioni di euro e magari recuperare un po’ di questo denaro.
Spero che i cittadini se ne ricorderanno la prossima volta che si recheranno alle urne.
Responsabilità, responsabilità, responsabilità…
Questa, naturalmente, non è la fine della storia. L’operazione Dardafon è un errore talmente grossolano che non si può escludere sia frutto di corruzione, anche se gli avvocati dell’accusa di EULEX sembrano non essere di questo parere. E’ anche possibile che molte pessime decisioni prese da PTK siano il risultato dell’influenza esercitata da circoli vicini al governo. Tuttavia, il presidente, il consiglio d’amministrazione e il direttore esecutivo di PTK restano pienamente responsabili di ciò che hanno fatto, e dovrebbero essere puniti con il licenziamento, nonché essere obbligati a rimborsare il danno causato ai cittadini.
Può sembrare un’esagerazione, ma è assolutamente necessario: i colleghi di questi signori, che occupano cariche dirigenziali o altre cariche pubbliche, devono iniziare a temere che se fanno qualcosa di sbagliato, per intento proprio o perché qualcuno dice loro di farlo, rischiano di essere puniti. Prima iniziamo a ragionare tenendo in considerazione questo rischio e prima le cose miglioreranno: secondo la mia opinione, ciò di cui il Kosovo ha bisogno è responsabilità, responsabilità, responsabilità.
Quindi, il futuro di PTK e la possibilità di proteggere gli interessi dei cittadini kosovari è nelle mani dei cittadini stessi e dei loro rappresentanti in Parlamento, i quali possono chiedere al governo di rispondere del proprio operato e operare pressioni perché il governo faccia quel che deve fare.
Per fortuna, il futuro non è nelle mani dei due avvocati d’accusa EULEX, i quali hanno impiegato più di due anni a capire i semplici fatti che ho appena descritto; fortunatamente, il futuro non è nemmeno nelle mani dei giudici, che saranno in grado di dirci se PTK è stata gestita da criminali o da persone che, semplicemente, non avevano idea di cosa stessero facendo.
Fortunatamente, non dipende neppure dai funzionari dell’International Civilian Office (ICO), che ritiene che tutto sia a posto quando si parla di società pubbliche (basta guardare la voce 110 della “Matrice” pubblicata sulla pagina web dell’ICO), perché hanno deciso che qualsiasi cosa accada in Kosovo a loro va bene, basta che non si faccia troppo rumore.
Per concludere, una simile analisi e una simile reazione sono probabilmente applicabili anche a molte altre società pubbliche in Kosovo. E’ giunto il momento che chi gestisce i soldi pubblici dei cittadini kosovari lo faccia nel solo ed esclusivo interesse della collettività.
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