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Kosovo: partecipare, un miraggio?

Sapranno gli enti locali del Kosovo favorire una maggiore partecipazione nella definizione delle politiche locali? Ed associazioni, gruppi civici, ONG garantiranno una continuità nelle loro azioni di sensibilizzazione che non dipenda esclusivamente dai finanziamenti internazionali?

15/09/2006, Saša Stefanović - Pristina

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Alcuni bambini in Kosovo – Giuliano Matteucci

L’autunno in Kosovo porterà con sé nuove sfide per il governo del Kosovo, per le sue istituzioni ma anche per i semplici cittadini. Il governo si troverà ad affrontare una serie di questioni a lungo trascurate e non sarà semplice spiegarle all’opinione pubblica.

Con gli ultimi giorni di agosto ed i primi di settembre è diventato chiaro a tutti che il processo dei negoziati sullo status finale non sarebbe filato via liscio come la comunità internazionale sperava. Entrambe le parti negoziali, la squadra di negozazione serba e quella kosovara, che rappresenta gli interessi del governo del Kosovo, saranno obbligate a rilevanti compromessi per ravvicinare posizioni molto distanti tra loro.

In quest’esercizio sia la Belgrado che la Pristina ufficiale perderanno qualcosa. Nessuno otterrà tutto quanto richiesto. E il governo kosovaro, più di altri, si troverà ad dover affrontare l’esito dei negoziati e spiegare ai propri cittadini quanto avvenuto.

Ciò che però preoccupa di più del risultato finale del processo sullo status, che con tutta probabilità non sarà un risultato "finale" ma più modestamente "futuro", sono alcune questioni che il governo sino ad ora non ha affrontato con la necessaria attenzione ed energia, post-ponendo tutto alla risoluzione dello status.

Il rapporto con i propri citatdini è una di queste questioni: questi ultimi hanno la costante percezione che il governo ritenga avere "questioni più importanti" da affrontare, piuttosto che trovare il modo per dare loro risposte e raccogliere le loro richieste. Tra questi lo status.

Dai governi locali ci si aspetta invece una capacità di interazione maggiore con i cittadini.

La sfide che si trovano ad affrontare le comunità locali sono molte. Infrastrutture fatiscenti, necessità di investimenti ingenti di capitali, pubblica amministrazione che subirà, nel prossimo anno, una riduzione del 5% a seguito di un accordo tra il governo e il Fondo Monetario Internazionale, budget delle amministrazioni locali esiguo e alta evasione del pagamento, da parte dei cittadini, delle tasse locali sulle proprietà immobili.

Con l’ulteriore devoluzione di competenze a livello locale (in particolare nei settori della salute, dell’educazione e della protezione sociale), della quale si sta discutendo nei negoziati sullo status a Vienna, le autorità locali dovranno far fronte a più responsabilità. Il processo di decentramento porterà a enormi cambiamenti.

Attualmente i governi locali si trovano ad affrontare procedure amministrative molto rigide. Spesso con personale non sufficentemente qualificato. Questo porta ad esempio e tempi molto lunghi nella stesura del budget annuale. E ad un gran dispendio di energie sia per i politici locali che per il personale amministrativo.

Poco il tempo che rimane per confrontarsi con i cittadini. La legge vigente prevede che i singoli comuni organizzino almeno due volte all’anno dibattiti pubblici con i propri cittadini. Ma le autorità spesso li considerano solo "la ciliegina sulla torta" e non uno strumento utile e necessario per impostare le proprie politiche.

Non abituati a confronatrsi con i propri amministratori molti cittadini sono portati a credere che, anche riuscissero ad investire i propri rappresentanti di istanze, richieste, suggerimenti, queste ultime difficilmente verrebbero considerate.

Il Kosovo è una società dove il concetto di politiche impostate attraverso la partecipazione dal basso è del tutto nuovo. Il cittadino spesso non è considerato di per sé ma solo se è parte di un gruppo. Per farsi sentire ciascuno deve affiliarsi a un gruppo e adeguarsi a come quest’ultimo pensa, ragiona, lavora.

Spesso si ha la sensazione di essere arrivati ad una sorta di stallo. Perché un cittadino dovrebbe recarsi ad incontri pubblici se ritiene che la sua opinione non verrà considerata? E perché gli amministratori locali dovrebbero aprire le porte dei loro uffici se l’atteggiamento che si aspettano è unicamente quello di veder criticato il proprio lavoro?

Quando questo cambierà? Quando si diffonderà uno spirito più collaborativo? Forse quando i finanziamenti internazionali s’interromperanno? Quando il Kosovo riuscirà a raccogliere autonomamente le tasse (e non certo accontentandosi di entrate il cui 70% è costituito da tasse sull’import …)? Quando la questione dello status sarà risolta?

Molte ONG, associazioni, gruppi di pressione hanno fin dagli anni scorsi iniziato a stimolare il dibattito su varie questioni, tra le quali quella cruciale della partecipazione dei cittadini alla vita del Kosovo. Molti kosovari ritengono che tutto questo sia arrivato assieme alla comunità internazionale. Non hanno tutti i torti. Ciononostante sono questioni che debbono essere affrontate.

Vi è ancora molta strada però da percorrere prima che queste iniziative riescano a condizionare e influenzare la politica. Facendo partire dinamiche virtuose. Servono innanzitutto iniziative più consistenti e continuative, cosa che spesso manca anche perché questi "gruppi civici" spesso non sono disponibili ad attivarsi e promuovere iniziative "a gratis". Ma solo su sponsorizzazione internazionale.

La voce dei singoli cittadini potrebbe divenire più forte in seguito ad una riforma elettorale. Quando potrà dare il suo voto direttamente ad un candidato, quello che preferisce, e non, come accade ora, esclusivamente alla lista di partito. Forse in futuro la sua voce potrà almeno in parte discostarsi da quella ufficiale di LDK, PDK …. o qualcun altro.

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