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Kosovo, l’elezione di Thaçi non è valida

La recente elezione di Hashim Thaçi alla presidenza del Kosovo non è valida per almeno due motivi, che rimandano entrambi alla violazione delle regole stabilite dalla Corte Costituzionale

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Una versione di questo articolo è stata pubblicata su Koha Ditore il 29 febbraio 2016

L’elezione di Thaçi non è valida perché viola le regole stabilite dalla Corte Costituzionale nella sentenza che ha annullato l’elezione di Bedhjet Pacolli nel 2011. Una decisione sbagliata e assurda (vedere questo articolo ). Tuttavia, secondo l’articolo 116.1 della Costituzione del Kosovo, "Le decisioni della Corte Costituzionale sono vincolanti per la magistratura e tutte le persone e le istituzioni della Repubblica del Kosovo": giuste o sbagliate, le decisioni della Corte devono essere rispettate.

Ho già scritto in merito alla prima regola: la Corte ha stabilito che quando il Parlamento si riunisce per eleggere il presidente, tutti i deputati devono essere presenti, ad eccezione degli assenti giustificati. Quando Thaçi è stato eletto erano assenti 39 deputati, e (plausibilmente) non erano tutti assenti giustificati o sospesi. L’elezione è quindi nulla: è molto semplice. Ma cerchiamo di andare oltre: ammesso che i deputati assenti fossero giustificati o sospesi, c’è una seconda ragione per cui l’elezione di Thaçi non è valida.

La questione riguarda la competitività delle elezioni presidenziali. Il Tribunale ha annullato l’elezione di Pacolli, che si era candidato senza opposizione, anche perché la Costituzione richiede la presenza di almeno due candidati. Il ragionamento si basa sul testo della Costituzione (articolo 86), che parla di "candidati" (plurale), e, soprattutto, sul suo scopo, perché, dice la Corte in un fugace momento di lucidità, avere più di un candidato è "più democratico" (punto 71 della sentenza: vedere la versione inglese ).

Stavolta c’erano due candidati: Thaçi e Rafet Rama, un parlamentare del PDK. Ma la candidatura di Rama era meramente formale, e ora spiegherò perché.

Che quella di Rama fosse una candidatura puramente formale è molto evidente. In primo luogo, Rama fa parte del partito di Thaçi, che dal 2011 puntava alla sua elezione come presidente: non vi era quindi alcun sostegno politico serio alla candidatura di Rama. In secondo luogo, la sua candidatura è emersa solo due giorni prima delle elezioni, senza una vera preparazione. In terzo luogo, ad annunciare la candidatura di Rama non è stato lui stesso, ma il presidente del parlamento. Rama non ha fatto nessuna campagna elettorale: non vi era quindi, evidentemente, alcuna reale convinzione dietro la sua candidatura.

Se questo non bastasse, a parlare chiaro è il risultato del terzo e determinante scrutinio: su 81 deputati presenti e votanti, 10 voti non validi e 71 per Thaçi. Rama non ha ricevuto alcun voto, nemmeno il proprio: avrebbe anche dichiarato di aver votato per Thaçi ad ogni turno.

È quindi lampante che la candidatura di Rama fosse per tutti, lui compreso, una noiosa, ma necessaria formalità. Ovviamente, il governo e i suoi sostenitori e propagandisti affermano il contrario, ma suonano ridicoli come chi dice che il Kosovo è ancora la provincia meridionale della Serbia. Prendere sul serio la candidatura di Rama è come inferire dai risultati in Corea del Nord che il 99% della popolazione appoggia il governo. Tutti sanno che questa candidatura è stata messa in piedi dal PDK con l’unico scopo di rispettare formalmente la regola dei due candidati.

Ma ha fatto un errore chi ha interpretato la regola in senso puramente letterale: è evidente, infatti, che una candidatura meramente formale non è sufficiente a rendere l’elezione "democratica", come richiesto dalla Costituzione. La democrazia è dibattito e competizione fra diverse proposte e idee, ma la settimana scorsa nessuno ha discusso o considerato la candidatura di Rama. Competere contro un candidato che non fa campagna elettorale né vota per se stesso non è diverso dal candidarsi senza opposizione. E se la candidatura di Rama non ha reso le elezioni "democratiche", ne consegue direttamente che l’elezione di Thaçi è incostituzionale: di nuovo, è molto semplice.

Questo problema era del tutto evitabile, per inciso. Il PDK avrebbe dovuto dire a Rama di annunciare la candidatura un po’ prima, organizzare un paio di comizi e (almeno!) votare per se stesso. In questo modo, anche se Rama non aveva alcuna reale intenzione di diventare presidente, la pura formalità della sua candidatura sarebbe stata difficile da dimostrare. Quelli del PDK non lo hanno fatto perché sono incompetenti, e sono incompetenti perché non hanno alcun incentivo ad essere competenti, in quanto governano con la forza bruta (che, per inciso, è anche il motivo per cui possono permettersi di dire cose ridicole senza temere troppo il ridicolo, perché i loro media faranno passare quello che dicono come puro distillato di sapienza umana).

Quindi, l’elezione di Thaçi è irregolare esattamente come quella di Pacolli e può essere impugnata dinanzi alla Corte Costituzionale. In questo caso, i giudici e i loro padroni politici dovrebbero scegliere se annullare le elezioni o la sentenza del 2011 (cosa che distruggerebbe ogni residuo di credibilità della magistratura). Entrambi gli scenari potrebbero rappresentare un progresso verso un sistema politico più aperto e responsabile: il Kosovo può trovare presidenti migliori di Thaçi, e dalle ceneri di questa Corte potrebbe rinascerne una migliore.

Permettetemi ora di passare a un registro diverso e rivolgermi ai diplomatici di Pristina. Sarete d’accordo, presumo, che annullare questa elezione restituirebbe a chi protesta un po’ di fiducia nelle istituzioni. Concorderete inoltre che questo renderebbe più facile superare l’attuale crisi politica, che l’elezione di Thaçi può solo esacerbare. Nel 2011 era stato probabilmente saggio sacrificare Pacolli al sentimento pubblico: ora sarebbe altrettanto saggio sacrificare Thaçi.

Il dialogo con la Serbia non è un ostacolo, cari diplomatici: potete trovare qualcun altro per questo. Anzi, praticamente chiunque potrebbe farlo meglio di Thaçi: basta guardare dove vi ha condotto la sua gestione. Un dialogo più partecipato, guidato da una figura più credibile, potrà produrre risultati migliori e più sostenibili, a beneficio di tutti.

Tutto quello che dovete fare è rivolgervi ai tre giudici stranieri della Corte Costituzionale e ai tre o quattro non appartenenti al PDK: ci vorrà una mezz’ora a trovare cinque voti a favore di una sentenza di annullamento dell’elezione di Thaçi. Il Kosovo non è mai stato così vicino a gravi disordini dal giugno 1999 o dal marzo 2004. Nulla è inevitabile, ovviamente, e spero che non succeda nulla di male. Tuttavia, se non sacrificate Thaçi adesso, potreste rendervi presto conto che vi siete lasciati sfuggire l’ultima reale possibilità di risolvere questa crisi.

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