Kosovo: il piccolo colpo di stato
L’Assemblea del Kosovo non riesce ad eleggere un proprio presidente. Ed allora il presidente del Kosovo Atifete Jahjaga pensa di scioglierla. Ma può?
Ho appena letto – sulla rassega stampa redatta da Unmik – un riferimento ad un articolo pubblicato dal quotidiano Lajm in cui si afferma che “questa settimana è cruciale per rompere lo stallo politico. Se i partiti non saranno in grado di raggiungere un accordo il presidente del Kosovo Atifete Jahjaga prenderà in considerazione la possibilità di andare ad elezioni anticipate, in base all’articolo 84 della Costituzione del Kosovo”.
Dando per assunto che questo è quanto il presidente stia effettivamente pianificando di fare, non vi è alcuna base giuridica per farlo e nel caso avvenisse sarebbe in grave violazione al dettame costituzionale.
Si tratterebbe di un piccolo colpo di stato, poiché il presidente dissolverebbe un parlamento costituito da rappresentanti eletti dai cittadini per il solo motivo che i parlamentari non si stanno comportando nel modo auspicato: non importa quanto giustificata sia la sua frustrazione, imporrebbe la propria volontà sia sulla costituzione che sul volere dell’elettorato e dei suoi rappresentanti legittimamente eletti.
Innanzitutto l’art. 84 della costituzione è un mero elenco dei poteri presidenziali, vuoto di ogni vero valore prescrittivo (ho trattato quest’argomento alle pagine 19-20 di una mia analisi sulla corte costituzionale). Questo evidentemente non è però l’interpretazione data dal presidente del Kosovo e della corte costituzionale, dato che è sulla base di quest”articolo che hanno autorizzato il presidente a porre alla corte qualsiasi quesito, a condizione che questo fosse costituzionalmente rilevante (basandosi sul paragrafo 9 dell’articolo costituzionale in questione).
In secondo luogo, anche prescindendo dalla prima obiezione, sottolineo che l’art. 84 non utilizza mai la parola “assemblea” e “sciogliere” nella stessa frase: quindi anche adottando l'(errata) interpretazione che sembra prevalere in Kosovo, non vi è alcuna base per trarre da essa il potere di sciogliere il parlamento, che sia esplicito o implicito.
Quindi suppongo che il presidente pianifichi di appoggiarsi sul secondo paragrafo dell’art. 84 dove il presidente “garantisce il funzionamento costituzionale delle istituzioni stabilite in Costituzione”. Questa non è solo una previsione molto generica – e certamente non adatta per ricavarne mandato per decisioni così importanti – ma è anche formulata chiaramente per indicare che il presidente deve agire all’interno dei limiti della costituzione e dei poteri che la costituzione gli garantisce.
Questo paragrafo, infatti, dice esclusivamente che il presidente deve utilizzare i suoi poteri in modo da garantire che tutti rispettino la costituzione. Sarebbe quindi paradossale che ci si appoggi proprio a questo paragrafo per fare qualcosa che la costituzione non prevede il presidente possa fare.
Non vi è infatti alcuna soluzione per lo stallo in atto sull’elezione del presidente dell’assemblea. Come ho argomentato altrove, diversamente dai casi in cui il parlamento non riesce a nominare il presidente del paese o un governo, non vi è alcuna previsione costituzionale che riguardi la mancata elezione del presidente del parlamento.
Ed è certo che un atto rilevante come lo sciogliere il parlamento non può derivare per analogia o interpretazione: se la costituzione non dice che anche nel caso della mancata elezione di questa terza carica istituzionale il parlamento può essere sciolto, la logica implica che la costituzione non vuole che il parlamento venga sciolto in questo caso.
Quindi se il presidente del Kosovo farà quello che si dice abbia intenzione di fare, il Kosovo vivrà il suo primo colpo di stato: per piccolo che possa sembrare può rappresentare un precedente per uno peggiore e mi auguro che chi ha a cuore lo sviluppo democratico del Kosovo, e non il suo arretramento, reagisca propriatamente per evitare questa minaccia.
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