Kosovo: giochiamo, balliamo!
“Le danze di Lulzim Paci su TikTok mostrano, alla società kosovara, la via per la guarigione”. Un editoriale
(Pubblicato originariamente da Kosovo 2.0 il 4 febbraio 2020)
Qualche giorno fa, un flusso dei social media è penetrato nella psiche della nostra società e ha svelato opinioni e pregiudizi sommersi. Alcuni video di danza su TikTok, di Lulzim Paci, un insegnante di biologia del liceo, hanno inondato i social media dopo che la deputata di Vetëvendosje Fjolla Ujkani ha chiesto, in un post su Facebook, alle autorità scolastiche di Vushtrri – dove Paci insegna – di intervenire per il comportamento dell’insegnante da lei ritenuto osceno e degenerato.
Non seguo l’attualità da vicino, quindi non mi sono resa conto subito di cosa stesse accadendo. Su Instagram e Facebook ho letto che un insegnante aveva pubblicato video indecenti. Sapendo quanto siano frequenti i casi non denunciati di molestie sessuali da parte degli insegnanti, ho pensato che questo fosse proprio un caso del genere salito in superficie.
La notizia ha iniziato a diffondersi ed è diventato sempre più chiaro che era l’insegnante ad essere stato preso di mira da abusi online. In un’intervista con KTV è scoppiato in lacrime parlando di tutti gli insulti che aveva ricevuto. Nel pieno di questa confusione morale ed emotiva, durante l’intervista, l’insegnante ha addirittura affermato che avrebbe capito il proprio fratello se – nel caso si fosse vergognato di lui – avesse sostenuto che Lulzim Paci era solo un lontano parente.
Non ero ancora sicura di cosa stesse realmente accadendo. Sapevo che varie persone stavano criticando l’insegnante, ma presto ho iniziato a vedere video sui social media dove la gente ballava per mostrare solidarietà a Paci. Poco dopo, la deputata Fjolla Ujkani ha fatto un altro post su Facebook: questa volta si scusava. Ma era davvero più una mezza scusa che altro e quindi ha creato ancora più dibattito sui social media.
Ho deciso di guardare allora i video TikTok "osceni e degenerati" dell’insegnante. Li ho guardati diverse volte, poi ho riletto i post di Ujkani su Facebook, e poi ho guardato di nuovo i video di Paci. I video erano una delizia, mi sono piaciuti immediatamente. I suoi passi di danza gioiosi, il cielo di un blu vivido e le nuvole dipinte sul soffitto del suo salotto, il piacere che Paci trae chiaramente dalla musica tradizionale.
Ero molto confusa. Pensavo di aver visto il video sbagliato, sicuramente la deputata Ujkani stava parlando di qualcos’altro. Non riuscivo a dare un senso alla cosa. E poi ho provato a dare un senso nel modo in cui do senso a tutto: scrivendo.
Il pensiero binario di giusto e sbagliato e di fare e non fare produce realtà dure, taglienti e fredde. La gente sceglie da che parte stare. Anche se le persone si trovano nel mezzo di una discussione, lasciano comunque che una parte vinca nella loro mente, perché scegliere una parte è meglio che non scegliere proprio nulla. Una volta scelta una parte, i meccanismi di difesa personale si attaccano a una questione collettiva e attraverso la difesa di un caso pubblico, si proteggono e proiettano i propri problemi personali.
Viviamo in una società traumatizzata. Tuttavia, i sintomi del trauma a livello di coscienza collettiva non sempre si manifestano nel modo in cui i libri di testo di psicologia, gli studi di casi o anche i manuali diagnostici suggeriscono. Trovano la loro strada verso la superficie in forme molto strane e quasi impercettibili, una delle quali è prendere la propria professione o vita troppo seriamente e vedere il gioco come un atto infantile che non ha spazio nel mondo degli adulti. L’equivalente di "i grandi non piangono" è "i grandi non giocano". Alcuni adulti si consolano poi con la rigidità perché è troppo doloroso essere fluidi in una vita che ti delude.
Ma il gioco è fondamentale. È uno dei pochi meccanismi che integrano la nostra immaginazione, il corpo, il pensiero, i sensi, la creatività, la curiosità, le conoscenze e i ricordi precedenti. Apre la porta all’autorealizzazione e migliora il nostro umore. E, cosa ironica, un lavoro serio nasce da un gioco serio.
Ballare, diffondere la gioia, divertirsi e irradiare amore è un diritto di tutti, indipendentemente dal loro background demografico. È un principio fondamentale della vita. Non solo gli esseri umani, tutte le specie si impegnano nel gioco. Detto questo, non vedo come una professione possa inibire l’atto di esprimere la propria gioia. Se permettiamo che sia così, stiamo prendendo la vita molto sul serio e stiamo sbagliando nel definire ciò che una professione dovrebbe o non dovrebbe permettere di fare.
Inoltre, stiamo sublimando e proiettando i nostri traumi, paure, desideri insoddisfatti, versioni ideali di noi stessi e ci stiamo chiudendo verso la possibilità di esprimerci in modo umano. Stiamo usando la scusa di una professione per evitare il promemoria che non possiamo essere chi vogliamo veramente. Questo è il motivo per cui credo che spesso curiamo ossessivamente i nostri account sui social media e persino la nostra vita per far brillare la nostra professione, perché non possiamo far brillare chi siamo veramente al di fuori di essa.
Se una volta ogni tanto arriva qualcuno che osa essere libero, soprattutto se emerge dove sono in gioco dinamiche di potere (dove vige un cocktail di meccanismi di difesa e complessi di inferiorità), la sua gioia e la sua libertà possono essere un ricordo doloroso, quasi insopportabile, dei desideri sublimati di chi vuole essere libero ma non riesce. Il bullismo nei confronti di questa persona che sceglie di comportarsi in modo diverso diventa l’unico sfogo per personalità auto-represse. Per me, Lulzim Paci è un uomo onesto e autorealizzato che è caduto preda di una mentalità repressiva e malsana.
Detto questo, è molto facile unirsi nel proteggere qualcuno solo per scoprire in seguito che stiamo usando lo stesso linguaggio utilizzato da coloro contro i quali ora stiamo lottando. Non aggrediamo i bulli! Non odiamo Fjolla Ujkani! Lasciamo che questo caso serva come una triste ma accurata rappresentazione dei nostri meccanismi collettivi di reazione.
Lasciamo che questo caso ci aiuti a imparare come possiamo guarire tutti insieme. Attraverso l’odio e il puntare il dito, alziamo solo gli scudi difensivi dell’altro. Vogliamo che le persone imparino dai loro errori e crescano da essi, non spingerle a difendersi ulteriormente.
Io faccio parte del mondo accademico e non l’ho mai visto come un limite a ciò che faccio. Al contrario, vedo il mondo accademico come un luogo che sostiene l’apertura di mondi e menti e che aiuta sempre gli altri ad autorealizzarsi. È un luogo dove si produce conoscenza ed è costruito sul principio fondamentale di aiutare la conoscenza a circolare. La più grande lezione che possiamo dare è quella di ispirare gli altri a cercare chi sono e seguire chi possono essere.
Non lasciamo che siano le professioni a dettare la nostra personalità. Non usiamo un ruolo o una professione come scusa per non seguire i sogni che abbiamo troppa paura di pensare. Ma soprattutto, non lasciamoci intimidire dalle persone che osano essere se stesse: ispiriamoci e vediamole come persone che ci aprono le porte per fare lo stesso.
Giochiamo.
Balliamo.
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