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Kosovo, Eulex apre gli occhi sulla criminalità

Le ingenti risorse investite dall’Unione Europea nel Kosovo non hanno sinora intaccato la forza della locale criminalità e la dilagante corruzione nelle istituzioni. Il recente avvicendamento ai vertici di Eulex, e le pressioni di Berlino, potrebbero però migliorare l’efficacia della missione europea

22/10/2013, Matteo Tacconi -

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Lo scorso novembre la Corte dei conti europea (Eca), con sede a Lussemburgo, ha messo nero su bianco ciò che già, in fin dei conti, si sapeva: l’Unione europea ha dirottato molte risorse finanziarie sul Kosovo e sulla sua missione in Kosovo (Eulex), senza che però la situazione sul fronte della lotta alla criminalità e alla corruzione, nell’ex provincia serba, sia mai realmente migliorata.

I magistrati contabili, oltre a snocciolare l’importo della pioggia di denaro arrivata a Pristina dal giorno dell’indipendenza, circa 700 milioni di euro, evidenziavano come i problemi a monte dell’inefficienza di Eulex, teoricamente il cane da guardia dello stato di diritto in Kosovo, fossero ascrivibili alla scarsa preparazione dei suoi dipendenti (2500 all’incirca). Il fatto è che gli stati membri, annotava la Corte dei conti dell’UE, inviano a Pristina magistrati, funzionari e poliziotti non propriamente qualificati.

«Il rapporto è ineccepibile. Per Eulex sono stati spesi troppi soldi. I salari e i per diem dei funzionari sono eccessivi e lo staff non è all’altezza della situazione, come puntualizzato dai giudici dell’Eca. Per chi lavora nella missione contano soprattutto il salario e la location. Come si spiega altrimenti l’esodo dei weekend, quando i dipendenti di Eulex lasciano Pristina e tornano nei loro paesi?», riferisce a Osservatorio Balcani e Caucaso un diplomatico occidentale con una lunga esperienza in Kosovo e un incarico attualmente importante a Pristina.  

Il sistema Thaci

Ma secondo la Eca il funzionamento deficitario di Eulex, il contingente civile più costoso mai dispiegato nella storia comunitaria, non dipende solo da vertici e quadri della missione. Incidono anche lo scarso coordinamento tra europei e americani in Kosovo, le note divisioni interne all’UE sul riconoscimento dell’ex provincia serba e il fatto che le autorità di Pristina non abbiano mai mostrato troppo interesse per il discorso della rule of law. Gli analisti non mancano mai di sottolinearlo, registrando che il fronte su cui i politici locali sembrano maggiormente impegnati è quello della gestione degli equilibri politico-economici a livello territoriale, il principale generatore di corruzione. «Tutto vero. Parlando con imprenditori, giornalisti, funzionari governativi e internazionali questo problema salta fuori di continuo, specialmente in riferimento al Partito democratico di Thaci, che in questi anni di governo ha occupato i ministeri, le università, le banche e le compagnie statali piazzando i suoi uomini nei posti chiave. Il sistema, considerando anche che il 60% dei posti di lavoro è nel pubblico impiego, è diventato ancora più distorto. Anche se Thaci dovesse perdere le prossime elezioni continuerebbe comunque a controllare il paese», dice la fonte diplomatica, che preferisce restare anonima.

Fine dell’inazione

Le ultime notizie dal Kosovo indicherebbero che è in corso qualche variazione sul copione. Eulex pare essersi scossa dal torpore. Nel corso degli ultimi mesi i magistrati europei hanno lanciato una serie di operazioni finalizzate a sradicare il bubbone della corruzione, vera e propria emergenza del paese: svilisce le buone pratiche, danneggia l’economia e il diritto, favorisce la criminalità organizzata. Le due principali iniziative su questo fronte, quanto meno in termini mediatici, sono state la condanna a cinque anni di Nazmi Mustafi per abuso d’ufficio e il rinvio a processo di Fatmir Limaj, accusato di essere a capo di un’organizzazione criminale dedita a estorcere tangenti.   

Nazmi Mustafi, ex direttore dell’agenzia governativa anti-corruzione è stato condannato lo scorso maggio. Era stato arrestato nell’aprile 2012 e il paradosso è che, secondo la ricostruzione dei magistrati, aveva chiesto denaro a individui sulla cui situazione economica la stessa agenzia da lui presieduta stava effettuando accertamenti.

Il caso di Fatmir Limaj potrebbe avere un’eco ancora più forte, se non altro perché Limaj (recentemente assolto nel processo che lo vedeva accusato di crimini di guerra compiuti contro serbi e albanesi nel 1999), a differenza di Mustafi, non è un tecnico ma un esponente di primissimo piano di quell’élite costituita da reduci dell’Esercito di liberazione (Uck) che comanda a Pristina. Limaj, compagno d’armi dell’attuale Primo ministro Hashim Thaci, verrà processato sulla base delle presunte azioni criminali che commise all’epoca in cui era a capo del ministero dei Trasporti. A detta dei togati, che a fine luglio lo hanno rinviato a giudizio, avrebbe manipolato gare d’appalto e ricevuto mazzette.

I numeri complessivi sulle inchieste relative a episodi di corruzione andrebbero a confermare l’intensificata azione di Eulex. Nel 2011 furono comminate 33 accuse, mentre si portarono a termine 18 processi. L’anno scorso le accuse sono salite a 45 e i procedimenti arrivati a sentenza a 25. Quest’anno ci sono già 42 inchieste in corso.

Oltre a questi dati e ai due file giudiziari prima citati, uno chiuso e l’altro aperto, c’è da tenere conto di altre due grosse notizie che ultimamente hanno conquistato le prime pagine. Non riguardano la corruzione, ma in entrambe Eulex è stata decisiva, a testimonianza della levata di scudi in corso. La prima è l’arresto di Naser Kelmendi, considerato uno dei più grossi narcotrafficanti dell’Europa sudorientale. Lo hanno ammanettato gli agenti kosovari, su ordine di cattura emesso da un magistrato europeo. La seconda è la condanna, emessa dai giudici di EULEX in aprile, nei confronti di cinque kosovari rei di avere espiantato organi, destinati al commercio illegale internazionale, nella clinica Medicus di Pristina. Il crimine è avvenuto a guerra finita, ma sotto certi aspetti è considerato la continuazione, in altre forme, del fenomeno del traffico di organi emerso in tempo di guerra, con possibile coinvolgimento dell’attuale primo ministro Hashim Thaci, all’epoca capo politico dell’Uck. Su questa faccenda, evidenziata dall’inchiesta del Consiglio d’Europa coordinata dallo svizzero Dick Marty, sta indagando un pool di investigatori internazionali guidato dall’americano Clint Williamson.

La disciplina tedesca

La domanda è: perché adesso? Quali i motivi che hanno portato Eulex dall’inazione all’azione? Una ragione sta nell’arrivo al vertice della missione del diplomatico tedesco Bernd Borchardt, a fine 2012. «Borchardt ha fatto pulizia interna, mandando via diversi funzionari, soprattutto francesi, che non avevano dato prova di imparzialità, stringendo contatti e relazioni con Thaci e i suoi alleati. La conseguenza s’è vista subito: le soffiate con cui in precedenza “il gruppo della Drenica” (così viene chiamata la presunta rete criminale guidata da Thaci) aveva evitato le inchieste sono terminate», riporta la fonde diplomatica, aggiungendo che il nuovo approccio di Eulex riflette la posizione del governo tedesco. «Berlino ha finalmente preso l’iniziativa, con due obiettivi. Si tratta di evitare che il Kosovo diventi definitivamente uno stato fallito e di assicurare, sul piano internazionale, che Pristina e Belgrado raggiungano un modus vivendi che avrebbe ripercussioni positive in tutta la regione balcanica. Le due cose sono legate tra loro».

A tutto questo si lega il dibattito sul futuro di Eulex. Nel 2014, secondo gli accordi già presi da Bruxelles e dal governo di Pristina, il baraccone Eulex dovrebbe smobilitare. È tuttavia sempre più probabile, anzi è praticamente certo, che non se ne faccia niente: la missione continuerà anche dopo il 2014.

Quasi profetiche, a questo proposito, le considerazioni fatte da Thomas de Maiziere, ministro degli Interni della Germania, proprio nei giorni in cui la Corte dei conti dell’UE diffondeva il suo rapporto su Eulex. «Abbiamo bisogno di un nuovo inizio, di un nuovo nome, di una nuova struttura, di nuove persone e di un nuovo mandato», diceva il ministro. Come a dire: c’è ancora del lavoro da fare e l’Europa non può permettersi di andarsene con la coda tra le gambe, dopo tutti i soldi spesi nell’ex provincia serba. Poche settimane dopo Eulex registrava l’arrivo al vertice di Bernd Borchardt. Un tedesco, non a caso.

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