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Kledi, la De Filippi e l’Albania

La celebre presentatrice, che ha aperto i propri spettacoli ai ballerini albanesi, riceve un’onorificenza dal presidente Moisiu per aver contribuito all’immagine positiva dell’Albania in Italia. Un riconoscimento importante, che tuttavia segna anche un passo indietro. Riceviamo e volentieri pubblichiamo

02/01/2006, Redazione -

Kledi-la-De-Filippi-e-l-Albania

Di Lucia Pantella

Scrive Mustafa Nano, sul quotidiano albanese Korrieri:
È stata veramente azzeccata l’idea del Presidente Moisiu di consegnare in segno di riconoscenza una medaglia alla celebre presentatrice italiana Maria de Filippi. Anche il motivo è piuttosto azzeccato: "Per il contributo dato alla promozione degli artisti albanesi, e tramite essi, a un’immagine positiva dell’Albania". E questa è la verità. In un paese come l’Italia, in cui la stampa e la televisione non si fanno scrupoli a fare uso di vecchi e maligni cliché e pregiudizi quando c’è l’occasione di parlare degli Albanesi e dell’Albania, quello che ha fatto Maria de Filippi, più che beneficenza è da considerarsi coraggio.
Quando la De Filippi cominciava ad aprire le porte ai giovani albanesi, molti dei suoi colleghi (tra i quali spicca il campione del talk show italiano Bruno Vespa) si lasciavano facilmente andare a facili generalizzazioni, nelle quali si sforzavano di far apparire gli albanesi come un popolo rozzo e primitivo. Non voglio dire che questi divi della televisione italiana siano istigati da qualche sentimento antialbanese nel tentativo di identificare un popolo intero con qualche comportamento o con alcuni delinquenti albanesi che abitano sull’altra sponda del mare, ma è sicuro tuttavia che loro hanno tagliato corto, senza stare tanto ad approfondire la complessità del popolo albanese e della situazione del paese. Facendo ciò, non ricordavano che meno di 100 anni fa le vittime di queste discriminazioni e di questi stereotipi erano gli italiani stessi, come ricorda il celebre giornalista del ‘Corriere della Sera’ Gian Antonio Stella, nel suo libro "L’orda, quando gli Albanesi eravamo noi".
Maria de Filippi dal canto suo è riuscita ad uscire dalla trappola dei pregiudizi e degli stereotipi. Certo, con la promozione dei giovani ballerini albanesi, la De Filippi non ha fatto un atto di carità; semplicemente in un clima socio-psicologico che non favoriva di certo il "marchio" albanese, lei ha aperto le porte ai ballerini albanesi di talento.
Sicuramente la De Filippi, nel momento in cui promuoveva un certo numero di giovani albanesi, che ora sono proprio il modo e gli ambasciatori del Paese delle aquile in Italia, non pensava che un giorno sarebbe stata ricompensata dai connazionali di Kledi. Lei ha fatto semplicemente il proprio lavoro, così come il Presidente Moisiu fa ciò che andava fatto consegnando questa medaglia*.

Così in sintesi l’articolo di Mustafa Nano apparso lo scorso 21 dicembre su Korrieri, come commento al fatto che il presidente della Repubblica albanese Alfred Moisiu ha concesso, per richiesta del ministero albanese della Cultura e Turismo una ”Medaglia di riconoscimento” a Maria de Filippi, la famosa conduttrice italiana di Mediaset, che ha lanciato alcuni giovani artisti albanesi nel mondo dello spettacolo italiano. Infatti anche nel testo della motivazione dell’onorificenza si riconosce ”l’importante contributo nella promozione dell’arte e degli artisti albanesi e di seguito anche dell’immagine positiva dell’Albania in trasmissioni televisive di grande impatto pubblico”.

Maria de Filippi appare così nell’immaginario collettivo albanese una sorta di coraggiosa paladina della causa degli Albanesi in Italia e la stessa stampa shqipetara ha accolto la notizia della medaglia con commozione e riconoscenza.

Una medaglia dunque, che sembra innocua ma che in realtà è emblematica di alcune percezioni generalizzate e che dovrebbe far riflettere su diversi elementi.

Un sentimento di stima così profonda nei confronti della conduttrice italiana, che ha inventato programmi come "Amici", "C’è posta per te", e così via, in cui temi come l’emigrazione, il razzismo, e discriminazione non vengono mai toccati, proviene per forza da una frustrazione covata a lungo e ancora latente.

Infatti è evidente come gli Albanesi percepiscano ancora una forte discriminazione da parte degli Italiani. Nonostante molti, la maggior parte, siano ormai da anni integrati nella società italiana, lavorando o studiando, l’albanesità nella maggior parte dei casi è ancora vissuta con una certa vergogna e senso di inferiorità. È indubbio, d’altra parte, che nella società locale italiana, l’identità nazionale albanese sia legata a un sentimento di insicurezza popolare.

Perciò ogni albanese, uomo o donna che sia, (anche se forse più uomo) che sia in grado di suscitare ammirazione nel pubblico italiano, e poco importa che si tratti di un pubblico di ragazzine adolescenti, è considerato una sorta di orgoglio nazionale in Albania. E degno di orgoglio nazionale, al punto da mobilitare la massima carica istituzionale albanese, è anche qualsiasi Italiano che in qualche modo trasforma un emigrato albanese in protagonista positivo, specie del mondo mediatico.

Kledi Kadiu

In un’intervista la stessa Maria de Filippi ha affermato che, lanciando Kledi, "ho voluto dimostrare che gli Albanesi non sono solo ladri ma anche bravi ballerini: far vedere le cose in televisione funziona meglio di qualsiasi convegno".

Ma era veramente necessario dimostrare che gli Albanesi non fossero tutti ladri? Come si può generalizzare a tal punto applicando indiscriminatamente il concetto del furto ad una popolazione intera, mentre i dati oggettivi sulla presenza albanese in Italia mostrano, all’opposto, un ottimo inserimento lavorativo e alloggiativi in Italia?

Di nuovo è il mezzo televisivo che in Italia e in Albania detta legge e influisce sui giudizi e le percezioni delle persone. La campagna anti-albanese condotta in maniera più o meno consapevole dai media italiani, insistendo sulla depravazione morale, sul caos istituzionale e sociale e sull’arretratezza culturale dell’Albania ha causato delle perversioni, neanche troppo temporanee, sulla capacità di due società di relazionarsi in maniera equilibrata e consapevole. E i risultati non devono sorprendere.

E allora saranno personaggi come il ballerino Kledi, o la ballerina Ambeta, per quanto bravi e belli, o la stessa Maria de Filippi a poter rivalutare l’immagine di un intero paese? Potranno veramente questi personaggi contribuire al riscatto della categoria degli emigrati albanesi in Italia, e degli albanesi di Albania una volta per tutte?

Ancora una volta vengono eletti a mito atteggiamenti che hanno poco del mito, con conseguenze che non possono essere trascurate. Non è un caso che, secondo una statistica condotta di recente, tra i ragazzi albanesi emigrati in Italia, l’aspirazione più ricorrente è di diventare ballerini.

Ma la rivalutazione del Paese Albania non può passare per questa strada.
Se così fosse, ci troveremmo di fronte a un esempio di assoluta svalutazione della capacità critica degli individui di una società che si definisce globalizzata ma che è ancora profondamente legata alle ansie nei confronti dell’altro, dell’alterità, che nel caso italiano è rappresentata per eccellenza dall’albanesità.

E questa medaglia conferma ancora una volta l’immaturità di tanti italiani, e l’immaturità di tanti albanesi, che nella medaglia vedono un passo avanti, ma che in realtà segna un passo indietro.

*V.: "De Filipi, ‘shpikesja’ e shqiptareve te talentuar", di Mustafa Nano, Korrieri, 21 dicembre 2005

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