Karabakh, in fila per il riconoscimento
Dopo la dichiarazione di indipendenza del Kosovo, ed il riconoscimento russo dell’indipendenza di Abkhazia ed Ossezia del Sud, in Karabakh si è avuta la sensazione di essersi lasciati sfuggire qualcosa di importante
Niente è per sempre
Per molto tempo, a partire dagli accordi di pace del 1994, la questione del riconoscimento del Karabakh non era ritenuta importante all’interno dello stesso Karabakh. Avendo ottenuto l’effettiva indipendenza al prezzo di enormi perdite e sofferenze durante la cruenta guerra con l’Azerbaijan, gli abitanti della regione hanno ritenuto la questione conclusa, ed hanno iniziato a lavorare per ristabilire le condizioni per una vita pacifica in Karabakh. Quando Robert Kocharian, un ex-presidente dell’Nkr (Repubblica del Nagorno Karabakh), è diventato presidente dell’Armenia nel 1997 tutti si sono ulteriormente tranquillizzati, convinti che Yerevan non avrebbe mai sottoscritto un documento sfavorevole all’Nkr.
A partire dall’anno scorso, sono iniziati a sorgere dei dubbi. La leadership armena ha infatti dichiarato in modo chiaro ed univoco che intende seguire i principi contenuti nella dichiarazione di Madrid, proposti alle parti del conflitto dai rappresentanti del gruppo di Minsk dell’Osce (i dettagli non sono stati resi pubblici, ma sono gli stessi principi ad essere inaccettabili per gli abitanti del Karabakh).
In questo stesso periodo, ha avuto inizio una serie di riconoscimenti di indipendenza: Kosovo, Ossezia del Sud e Abkhazia. In Karabakh si è avuta la sensazione di essersi lasciati sfuggire qualcosa di importante.
Sembrerebbe che con il riconoscimento dell’indipendenza di Kosovo, Abkhazia ed Ossezia del Sud il principio dell’intoccabilità dei confini esistenti, alla base del sistema stabilitosi alla fine della seconda guerra mondiale con gli accordi di Yalta e Potsdam, abbia perso rilevanza. Come ha notato l’ex vice-ministro degli esteri dell’Nkr, l’esperto indipendente Masis Mailian, è importante sottolineare che il riconoscimento dell’indipendenza di queste regioni ha avuto luogo contro la volontà delle capitali da cui erano controllate, Belgrado e Tbilisi.
Kosovo, un "non-precedente"
All’inizio c’è stato il Kosovo. In Karabakh hanno seguito attentamente ciò che accadeva nei Balcani, perché in precedenza si era parlato molto del fatto che il Kosovo potesse fungere da precedente per altre regioni la cui indipendenza non era riconosciuta a livello internazionale.
"Noi preferiamo non stabilire parallelismi con altri conflitti ma partiamo dalla considerazione che soluzioni utilizzate con successo per risolvere un problema, possano essere impiegate anche per risolverne un altro" ha dichiarato il ministro degli esteri dell’Nkr Georgij Petrossian.
I gruppi parlamentari dell’Assemblea nazionale dell’Nkr hanno approvato il 12 marzo 2008 una dichiarazione che approvava la scelta della comunità internazionale di rispettare i diritti umani e civili della maggioranza della popolazione del Kosovo, richiamando i parlamenti di tutti i paesi del mondo ad essere consequenziali nelle proprie decisioni e di non avere due pesi e due misure.
Questa è stata la reazione ufficiale delle autorità del Karabakh. Gli abitanti della regione non hanno avuto una posizione univoca a riguardo. Gli esperti locali erano concordi nell’affermare che ogni conflitto è unico, e quindi è effettivamente difficile trovare un modello di risoluzione universale per questioni di questo tipo. Allo stesso tempo però, ci devono essere dei criteri comuni, quali l’essere in possesso di tutti gli attributi fondamentali di uno stato e la capacità di costituire una società democratica. Secondo tali esperti, prendendo in considerazione questi criteri, il Karabakh meriterebbe di vedere riconosciuta la propria indipendenza molto più del Kosovo.
Il riconoscimento parziale di Abkhazia ed Ossezia del Sud
La guerra di agosto che avuto inizio in Ossezia del Sud è stata fin dal primo giorno del conflitto il tema più discusso in Karabakh. Se nel caso del Kosovo, si seguiva la questione tranquillamente al televisore, in questo caso era impossibile mantenere il ruolo di osservatore imparziale. Politici, rappresentanti della società civile e persone comuni parlavano dell’Ossezia come se stessero vivendo nuovamente la guerra che avevano vissuto in prima persona in Karabakh. Allo stesso tempo, osservavano con attenzione la reazione di Baku, che sembrava guardare con apprezzamento ai successi georgiani nelle prime ore del conflitto.
Le Ong locali sono state le prime a reagire, condannando con decisione l’aggressione della Georgia dell’8 agosto e richiamando Tbilisi a interrompere subito le azioni militari contro la popolazione civile dell’Ossezia del Sud. Tale dichiarazione rispecchiava indubbiamente gli umori della popolazione locale. Il giorno seguente si sono espresse anche le autorità governative del Karabakh, benché con molta attenzione, e seguendo sempre con attenzione le scelte prese da Yerevan. Nella dichiarazione del ministero degli Esteri dell’Nkr si trovava un generico richiamo ad entrambe le parti a fare tutto il possibile per fermare lo spargimento di sangue.
Il presidente della commissione parlamentare per gli affari esteri Vagram Atanesian ha dichiarato che "il fallimento dell’avventurismo georgiano" dimostra che ogni tentativo di risolvere con la forza un conflitto è destinato a fallire.
In seguito al conflitto di agosto, vi sono state anche voci che hanno considerato inadeguata la reazione della Russia. Ad esempio, il coordinatore del comitato del Karabakh "Iniziativa di Helsinki-92" Karen Oranjanian ha dichiarato: "Il cambiamento portato nel Caucaso meridionale con l’impiego della forza dalla Russia rende impossibile la partecipazione di questo paese ai negoziati quale mediatore imparziale".
In generale, comunque, gli abitanti del Karabakh hanno approvato l’intervento russo, il che è in parte dovuto anche al livello ed alla qualità dell’informazione nella regione: in Karabakh i canali televisivi russi sono i più diffusi.
"Abbiamo la nostra strada"
Il riconoscimento degli ex "fratelli nella sfortuna", oltre a creare qualche speranza, ha anche fatto sorgere dei dubbi: una soluzione di questo tipo sarebbe accettabile per il Karabakh? Una situazione simile a quella di Abkhazia ed Ossezia del Sud, le quali ottenendo il riconoscimento da parte della Russia, hanno perso la propria indipendenza de facto, non sembra essere particolarmente invitante per il Karabakh.
Il presidente del parlamento dell’Nkr Ashot Gulian si è espresso contro la forzatura artificiale del processo di riconoscimento. Secondo lui, infatti, "il riconoscimento di Abkhazia ed Ossezia del Sud non ha avuto luogo in modo classico, e questo potrebbe far pensare che lo stesso possa accadere anche con il Nagorno Karabakh. Ma in realtà abbiamo a che fare con una situazione di ‘forza maggiore’. Noi, naturalmente, siamo contenti del riconoscimento ottenuto da Abkhazia ed Ossezia del Sud, però è chiaro che non si tratta di un riconoscimento internazionale definitivo."
Karabakh: soggetto oppure oggetto dei negoziati
A Stepanakert, capitale del Karabakh, si esprime sempre di più insoddisfazione per il fatto che, senza troppo scalpore, il Nagorno Karabakh stia diventando sempre di più oggetto e non soggetto nei negoziati; a livello internazionale, si guarda sempre più al conflitto come una questione territoriale tra Armenia ed Azerbaijan. Questo sta avvenendo nonostante il fatto che l’Nkr sia stata una delle tre parti che hanno sottoscritto gli accordi di pace con mediazione Osce nel 1994.
Il principale colpevole dell’estraniamento dell’Nkr dai negoziati è certamente l’Azerbaijan, ma anche l’Armenia ha le proprie responsabilità. Verso la fine del proprio mandato, l’ex-presidente dell’Nkr Arkadij Gukasian ha riconosciuto che l’estraneazione del Karabakh dai negoziati è stato un serio errore politico: "C’è solo un modo per includere il Karabakh nei negoziati: che l’Armenia rifiuti di negoziare con l’Azerbaijan" – ha dichiarato Gukasian – "Non c’è altra via di uscita".
Il co-rappresentante del partito del Karabakh "Patria libera" Arpat Avanesian ha espresso il sostegno del suo partito a questa dichiarazione: "Arkadij Gukasian è un politico esperto, ed ha scelto il momento giusto per prendere posizione".
Molti però non sono d’accordo con questo approccio alla questione, considerandolo un tentativo da parte del governo di giustificare la propria inattività. Il vice-presidente del partito "Movimento 88" Gagig Bacunc, ad esempio, la pensa diversamente: "La completa estraneazione dell’Nkr dai negoziati è stato un errore imperdonabile. Ma di chi? Della leadership armena? O piuttosto della leadership del Karabakh che ha cercato di togliersi di dosso l’enorme peso politico e le inevitabili responsabilità che ne conseguono quando si porta avanti una politica indipendente?"
Quale è la posizione dell’attuale autorità del Karabakh riguardo a questa questione? "Qualsiasi tentativo di risolvere il conflitto del Karabakh senza considerare l’attore principale il Nagorno Karabakh non può essere efficace" ha dichiarato l’attuale presidente dell’Nkr Bako Saakian, commentando la dichiarazione trilaterale recentemente sottoscritta da Armenia, Azerbaijan e Russia.
Prospettive di risoluzione
I mediatori del conflitto in Karabakh hanno in più occasioni dichiarato che ci sono ottime possibilità di risolvere il conflitto. Le parti sono vicine all’accordo anche oggi.
Per me, come giornalista, vi è un solo criterio fondamentale che mi consentirebbe di valutare ottimisticamente i negoziati. La fine della guerra mediatica. Questo non si vede oggi, come non si vedeva ieri. Come può avere possibilità di successo un dialogo se non si predispongono dei ponti di fiducia tra le società di entrambe le parti del conflitto?
Gegam Bagdasaryan è presidente dello Stepanakert Press Club
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