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Jasenovac: se si mascherano gli orrori

Un articolo pubblicato sul più letto quotidiano croato ha sminuito le atrocità commesse nel campo di concentramento di Jasenovac, nel tentativo di riabilitare il regime ustascia della Seconda guerra mondiale e negare la sua complicità nell’Olocausto. Un commento

03/09/2018, Menachem Rosensaft -

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(Articolo pubblicato originariamente da Balkan Insight il 27 agosto 2018)

Ci sono realtà terribili della storia che non devono essere messe in discussione, distorte o negate da nessuno che abbia un minimo di integrità morale o senso di decenza.

Rientra in questa categoria il massacro di milioni di ebrei nei campi di sterminio di Auschwitz-Birkenau, Treblinka, Majdanek, Belzec, Chelmno e Sobibor durante l’Olocausto della Seconda guerra mondiale.

Questo vale anche in quanto la Germania nazista ha perpetrato questo crimine ultimo contro l’umanità insieme ai suoi complici internazionali fascisti.

Qualsiasi tentativo di negare, banalizzare o minimizzare la gravità di questo genocidio, o di assolvere in qualunque modo i suoi esecutori, è, in poche parole, moralmente osceno.

Per questo motivo negare l’Olocausto è un reato in Germania, Francia, Russia, Italia, Austria, Romania, e in molti altri paesi.

Papa Francesco ha denunciato la negazione dell’Olocausto come “follia” e il suo predecessore, Papa Benedetto XVI, l’ha definita “intollerabile”.

È anche molto importante tenere a mente che i tedeschi non sono stati gli unici a uccidere in massa ebrei, rom e altri, durante l’Olocausto. Nella regione corrispondente all’attuale Transnistria, all’epoca parte della Romania, la Guardia di Ferro di Ion Antonescu, alleata di Hitler, partecipò appassionatamente al massacro di circa 150.000-250.000 ebrei. Mentre nello stato indipendente della Croazia fascista degli ustascia, guidato Ante Pavelić, venivano commessi brutali genocidi contro serbi, ebrei e rom.

Secondo il Museo del Memoriale dell’Olocausto degli Stati Uniti, le autorità croate hanno ucciso tra i 320.000 e i 340.000 serbi residenti in Croazia e Bosnia durante il regime degli ustascia e più di 30.000 ebrei croati, questi ultimi uccisi in Croazia o ad Auschwitz-Birkenau.

Per portare a termine il genocidio gli ustascia crearono una rete di campi di concentramento locali, infami per brutalità e paragonabili alla barbarie dei campi di sterminio e di concentramento tedeschi.

Il più tristemente noto era formato da cinque campi, insieme denominati Jasenovac, vicino a Zagabria, nonché spesso chiamati “Auschwitz dei Balcani”.

Di nuovo, secondo il Museo del Memoriale dell’Olocausto degli Stati Uniti, in questi campi gli ustascia hanno brutalmente ucciso tra le 77.000 e le 104.000 persone, serbi, ebrei, rom e croati oppositori del regime. Il complesso del Memoriale di Jasenovac ha identificato 83.145 serbi, ebrei, rom e antifascisti uccisi in quei campi.

Per anni, elementi estremisti in Croazia hanno cercato di assolvere gli ustascia e minimizzare le atrocità perpetrate a Jasenovac.

L’esempio più recente di questa tendenza è il commento di Milan Ivkosić, “Jasenovac ripulito dall’ideologia, dai pregiudizi e dalle falsità comuniste”, pubblicato il 17 agosto sul quotidiano croato Večernji list, il più letto nel paese.

Ivkosić scrive con convinzione e apparentemente senza vergogna in riferimento al libro di Igor Vukić ‘Il campo di lavoro di Jasenovac’, che, secondo Ivkosić “è in opposizione al mito decennale di Jansenovac”.

Pur riconoscendo che le condizioni nel campo erano dure, Ivkosić dichiara, grottescamente, che “c’era divertimento all’interno del campo. C’erano incontri sportivi, in particolare calcio, concerti, performance teatrali, alcune create dai detenuti stessi”.

Divertimento? A Jasenovac? Il tentativo di Ivkosić di ripulire quel luogo e gli ustascia dalla loro essenza malvagia è riprovevole. Lo stesso vale per il suo sprezzante riferimento a un “mito di Jasenovac”.

La brutale uccisione di decine di migliaia di esseri umani in quel campo non è un mito, signor Ivkosić.

“Jasenovac era un inaudito campo di sterminio, non ne esisteva un altro simile nel mondo,” ha affermato l’ ex prigioniero Milo Despot, in un’intervista di storia orale, fatta e conservata al Museo del Memoriale dell’Olocausto degli Stati Uniti.

“I tedeschi si sbarazzavano dei detenuti in modo rapido, mentre a Jasenovac l’uccisione era più crudele – con mazze, martelli e coltelli, meno con i proiettili,” ha raccontato Milo.

“Non c’erano camere a gas, ma non mancavano altre barbarie. Molti prigionieri finivano con la gola tagliata o con il cranio sfondato; altri venivano fucilati o impiccati agli alberi lungo la Sava”, ha scritto nel 2006, il reporter Nicholas Wood del New York Times, parlando di Jasenovac.

Mi chiedo se Ivkosić consideri uno dei precedenti quattro esempi di comportamento degli ustascia a Jasenovac come “divertente” per i detenuti: nel suo racconto orale, Milo Despot ha raccontato di aver assistito all’uccisione di più di cento ragazze serbe su di una chiatta, eseguita da un’unità di ustascia, che, prima di ucciderle le hanno fatte spogliare. Poi hanno tagliato loro la gola e le hanno gettate nel fiume.

In un’altra intervista, Mara Vejnović, altra testimone, ha dichiarato di aver visto gli ustascia uccidere un gruppo di bambini con gas tossici, in una caserma di Jasenovac.

Eduard Sajer era stato incaricato di scavare una fossa comune in uno dei campi di Jasenovac. Raccontò come le guardie ustascia uccidevano i detenuti, colpendoli alla testa con delle mazze; anche il fratello più giovane di Eduard è stato ucciso in questo modo. Eduard spiegò che lui e gli altri ragazzi che scavavano hanno dovuto poi trascinare i corpi nella fossa. L’unica cosa che Eduard ha potuto fare per il fratello è stato prenderlo tra le sue braccia e metterlo delicatamente a riposare per sempre.

Egon Berger, nelle sue memorie, "44 mesi a Jasenovac", ha descritto così il frate francescano croato Tomislav Filipović Majstorović, conosciuto anche come Fra Sotona ("fratello di Satana"), il famigerato comandante di Jasenovac: “Frate Majstorović, con il volto completamente truccato, vestito elegantemente e con un cappello verde da caccia, guardava con piacere le sue vittime. Si avvicinava ai bambini, anche accarezzando loro la testa. Era accompagnato da Ljubo Milos e Ivica Matković.

“Frate Majstorović disse alle madri che i loro bambini sarebbero stati battezzati e li prese. Il bambino che frate Majstorović teneva in braccio toccò innocentemente il falso viso del suo assassino. Le madri, sconvolte, capirono la situazione. Offrirono le loro vite in cambio della misericordia per i bambini. Due bambini vennero messi a terra, mentre il terzo venne lanciato in aria come un pallone. Frate Majstorović, con un pugnale rivolto verso l’alto, lo mancò per tre volte, ma alla quarta, tra una battuta e una risata, il bambino venne trafitto dal pugnale. Le madri si gettarono a terra, tirandosi i capelli e gridando terribilmente. Le guardie ustascia della 14esima divisione le portarono via e le uccisero. Dopo che anche i bambini furono brutalmente uccisi, le tre bestie si scambiarono del denaro, a quanto pare c’era una scommessa in atto, avrebbe vinto chi per primo avesse conficcato un pugnale in un bambino.”

Distorcendo la terribile realtà di Jasenovac, Ivkosić ha profanato la memoria di migliaia e migliaia di uomini, donne e bambini innocenti che sono stati assassinati in quel luogo.

Večernji list, pubblicando questa vergognosa rubrica di Ivkosić, si è fatto complice dell’inammissibile campagna volta all’assoluzione degli ustascia e dei loro crimini. Ora, sia Ivkosić che Večernji list, dovranno essere chiamati a rispondere.

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