Italia – Croazia, tempo di riconciliazione
I presidenti di Italia e Croazia, Giorgio Napolitano e Ivo Josipović si sono incontrati sabato tre settembre a Pola. L’incontro, fortemente voluto dalla minoranza italiana, ha segnato un ulteriore e profondo passo in avanti sulla strada della riconciliazione e della voglia di lasciarsi definitivamente alle spalle le dolorose questioni eredità del Novecento
Alla fine Maurizio Tremul, il presidente della Giunta esecutiva dell’Unione Italiana, si è seduto su una delle sedie della terrazza della Comunità degli italiani ed ha tirato il fiato. Tra le mani una scatoletta con il nastro tricolore, un dono del presidente italiano Giorgio Napolitano, che da pochi istanti aveva lasciato l’Arena di Pola. Un piccolo omaggio per l’impegno di Tremul nell’organizzazione dell’evento. Per il presidente della Giunta esecutiva ed il suo staff sono stati mesi di lavoro durissimo. La piccola comunità italiana di Croazia e Slovenia voleva fortemente portare i capi di stato di Croazia ed Italia nella più grande città istriana, per fare un ennesimo passo sulla via della riconciliazione.
Il ghiaccio era stato rotto nel luglio dello scorso anno a Trieste. Dopo anni di tira e molla i presidenti di Italia, Slovenia e Croazia avevano deposto corone di fiori davanti a luoghi simbolo delle sofferenze che sloveni, croati ed italiani avevano dovuto patire nel Novecento.
La tappa successiva avrebbe dovuto essere Pola. Nel luglio di quest’anno tutto era pronto per accogliere i due presidenti, che insieme avrebbero dovuto incontrare le autorità locali, gli esponenti delle organizzazioni degli esuli, una vasta rappresentanza della minoranza italiana e poi trasferirsi tutti nella stupenda cornice dell’Arena romana, dove, prima di assistere ad un concerto, i due capi di stato avrebbero dovuto leggere una dichiarazione congiunta. Alla fine non se ne fece nulla, la tappa polese della visita di stato di Napolitano alla Croazia fu cancellata all’ultimo minuto a causa dei problemi legati all’approvazione della manovra finanziaria in Italia. All’epoca Ivo Josipović e Giorgio Napolitano promisero che a Pola ci sarebbero comunque venuti a settembre e l’impegno è stato rispettato.
Sguardo al futuro
In una Arena gremita all’inverosimile i presidenti hanno ribadito “la ferma volontà di far prevalere il tanto che (…) unisce” su quello che “ha dolorosamente diviso in un tormentato periodo storico, segnato da guerre tra Stati ed etnie” ed hanno ricordato “la tragedia delle vittime del fascismo italiano” e di quelle “della folle vendetta delle autorità postbelliche dell’ex Jugoslavia”. Atroci crimini, è stato ribadito, che “non hanno giustificazione alcuna”.
Le parole sono state accolte da fragorosi applausi e molti hanno tirato un sospiro di sollievo. La voglia di lasciarsi alle spalle il doloroso passato e di guardare finalmente al futuro era palpabile. Gesti simbolici, un po’ plateali, ma che hanno riempito il cuore di gioia agli italiani d’Istria.
Da luglio a settembre per le minoranza italiana di cose ne erano successe e non erano per nulla positive. La corte costituzionale croata aveva cancellato il diritto al doppio voto. Dopo anni di battaglie la minoranza era riuscita a strappare il diritto di poter votare alle politiche sia per il suo rappresentate in parlamento sia per le liste dei partiti. Diritto questo concesso alle cosiddette “piccole minoranze”, ma non alla ben più numerosa comunità serba, motivo per cui la corte ha abrogato la norma. Come se ciò non bastasse non erano mancate polemiche, in cui erano state tirate in ballo le presunte mire sull’Istria dell’Italia. La vicenda riguarda la proprietà del monastero di Daila, che il Vaticano avrebbe voluto tornasse in mano monaci benedettini di Padova e che la chiesa istriana non avrebbe voluto cedere.
Questioni queste che avevano offuscato il clima sereno che sembrava essersi creato tra Italia e Croazia e che avevano preoccupato la minoranza. La piccola comunità italiana di Croazia e Slovenia, del resto, ha sempre avuto un’unica carta da giocare, per poter sopravvivere indisturbata, quella della convivenza e dei quanto più proficui rapporti tra Italia, Slovenia e Croazia. Lo aveva fatto sin da quando era diventata minoranza in quel burrascoso dopoguerra, al tempo della Jugoslavia di Tito, quando la stragrande maggioranza della popolazione italiana trovò riparo in Italia, svuotando i territori del Regno d’Italia che vennero assegnati alla federazione socialista.
Scelte simboliche
Pola divenne il simbolo dell’esodo. La città, che con il trattato di pace passò alla Jugoslavia, si svuotò letteralmente. Le immagini dei profughi che si accalcano con le loro masserizie sulle banchine del porto, la scritta sull’Arena “Pola addio”, e quelle della motonave Toscana stracolme di persone che lasciava il porto sono oramai divenute l’emblema di quella tragedia.
Non si può quindi non cogliere gli aspetti simbolici degli incontri che i presidenti Napolitano e Josipović hanno avuto con le organizzazioni degli esuli, in una sede istituzionale: la Casa del difensore croato. Un luogo emblematico per spiegare la storia della città visto che era stata, nel secolo scorso, anche Casinò della marina austriaca, Prefettura del Regno d’Italia e Casa dell’Armata popolare Jugoslava.
Meno simbolico, invece, è sembrato il fatto che gli esuli si siano presentati con due delegazioni separate e che una delle due delegazioni, finito l’incontro, ha fatto ritorno a casa, senza passare per la Comunità degli italiani di Pola, dove i due capi di stato incontravano la minoranza italiana e tanto meno all’Arena per il concerto dell’amicizia tra Italia e Croazia.
La minoranza italiana, invece, ha atteso con emozione i due capi di stato. Napolitano non è il primo presidente italiano a venire in visita in Istria, lo avevano fatto tutti da Francesco Cossiga. Napolitano, però ha detto alla minoranza italiana proprio quello che voleva sentirsi dire, ovvero che tra Italia, Croazia e Slovenia è giunto oramai il tempo della riconciliazione. Come se ciò no bastasse Napolitano ha voluto anche esprimere “grandissima riconoscenza a tutti coloro che hanno messo in piedi e che fanno vivere “ l’Unione Italiana, “perché ad essa è affidata gran parte del successo” della causa “della difesa e della valorizzazione della lingua e della cultura italiana”.
Forse proprio questo è stato il più grande riconoscimento per Maurizio Tremul, l’uomo che da vent’anni è ai vertici di Unione Italiana e che ha saputo rifondare l’organizzazione degli italiani di Croazia e Slovenia.
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