Tipologia: Notizia

Tag: Minoranze

Area: Croazia

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Istria: tra Croazia ed Europa

La regione istriana rappresenta fin dall’inizio della storia della neonata Repubblica Croata, un caso politico, sociale e culturale molto particolare.

08/10/2001, Redazione -

Una terra, tre Stati

La regione istriana rappresenta fin dall’inizio della storia della neonata Repubblica Croata, un caso politico, sociale e culturale molto particolare. Geograficamente parlando, l’Istria copre un territorio oggi diviso tra Croazia, Slovenia – con i comuni di Pirano, Isola e Capodistria – e Italia con il comune di Muggia. La parte croata dell’Istria è a sua volta divisa tra la contea istriana – che vede Pisino capoluogo, Parenzo capitale storica e Pola centro commerciale e culturale, e la Contea litoranea-montagnosa che ha come capoluogo Fiume, ma della quale fanno parte anche altre importanti città come Abbazia, Matuglia, Castavo e altri comuni situati nella parte orientale (che storicamente abbraccia anche l’arcipelago di Cherso e di Lussino).

Bestia nera per l’HDZ è governata dalla Dieta Democratica Istriana

L’Istria è l’unica regione croata dove il nazionalismo e l’etnocentrismo propri della politica dell’HDZ e degli altri partiti nati su base etnica, non sono mai riusciti a raccogliere forti consensi. Ed è per questo motivo che alle prime elezioni multipartitiche in Istria vinse l’SDP, partito nato dalla vecchia Lega dei comunisti e riformatosi secondo le linee politiche delle socialdemocrazie occidentali. Con l’inizio della guerra, l’SDP decise però di partecipare al cosiddetto governo di "unità nazionale", con Zdravko Tomac a ricoprire la carica di Vice primo ministro, e Zivko Juzbasic in qualità di Ministro senza portafoglio. Questa mossa gli fece perdere consensi, perché la società civile della regione istriana lo giudicò partito collaborazionista del nuovo regime nazionalista. Nella regione si affermò quindi una nuova forza politica: la Dieta Democratica Istriana (IDS/DDI). Con le elezioni politiche del 1992 e le elezioni per l’autogoverno locale dell’anno successivo, l’IDS ottenne la maggioranza assoluta, non soltanto nella contea, ma anche nella parte d’Istria amministrata dalla municipalità di Fiume.
L’IDS detiene tutt’oggi questa posizione, nonostante alle elezioni regionali e locali di quest’anno abbia perso il governo della città di Pola, ora gestita dal Forum Democratico Istriano – nato da una corrente fuoriuscita dall’IDS e guidato dall’ex conte istriano Luciano Delbianco. L’IDS è un partito regionalista, orientato verso politiche per la convivenza tra cittadini appartenenti alle diverse nazionalità presenti nell’area (croati, croati istriani, istriani, italiani, serbi, sloveni, bosniaci, albanesi, ecc), e in direzione dell’integrazione europea. Nel senso politico del termine, questo partito si può definire una forza politica che persegue i propri obiettivi basandosi su valori di stampo liberal-democratico, e quindi sulla scena della vita politica croata è considerato partito di sinistra tendente a posizioni radicali. Rapportato invece al contesto europeo si può invece definire l’IDS partito regionalista, più vicino alle posizioni del centro-sinistra che non a quelle proprie del centro tradizionale.
La presidenza del partito appartiene ad Ivan Jakovic, commerciante originario di Pisino, fin dal 1992. Dalla costituzione del nuovo governo di centrosinistra (governo Racan) – avvenuta con le elezioni dal gennaio 2000 – fino all’estate scorsa, l’IDS ha fatto parte della coalizione di maggioranza: lo stesso Jakovcic in qualità di Ministro per l’integrazione europea e Veljko Ostojic a ricoprire la carica di sottosegretario presso il Ministero del turismo. E’ proprio a metà del 2001 che l’IDS decide di uscire dall’alleanza di maggioranza, quando il governo "congela" qualsiasi decisione relativa al nuovo Statuto della Contea istriana. L’impostazione di questo statuto prevedeva la concessione alla regione istriana di un’autonomia superiore a quelle in vigore nelle altre contee croate, e l’introduzione di una novità che ha rappresentato il principale motivo di dissenso che ha portato l’IDS ad uscire dal governo. Si tratta dell’inserimento dell’uso ufficiale del bilinguismo (croato e italiano), che secondo lo statuto presentato in parlamento sarebbe divenuto d’uso in tutta la regione. Nonostante le assicurazioni offerte dalle autorità istriane e dallo stesso Jakovcic, che aveva dichiarato che l’uso della lingua italiana non sarebbe stata obbligatoria nei comuni "etnicamente puri" (cioè dove non vi è minoranza italiana), il Governo ha sospeso l’articolo, ma anche articoli che definiscono l’identità regionale come valore meritevole di particolare attenzione, e la possibilità di costituire associazioni transregionali che oltrepassano i confini di Stato. La sospensione durerà finché la Corte costituzionale non deciderà della sorte di questi articoli, ma nel caso di esito negativo c’è da prevedere che le autorità istriane avvieranno un procedimento legale su scala europea, rivolgendosi alla Corte Europea per i diritti umani di Strasburgo .
I pescatori e lo Statuto istriano

Attualmente la questione del nuovo Statuto istriano è quasi passata in secondo piano, lasciando spazio alle speculazioni politiche sul possibile ritorno dell’IDS all’interno dell’alleanza governativa. Le trattative avviate da Racan in questo senso, hanno infatti costruito le basi per un nuovo dissenso tra la maggioranza istriana e il governo centrale. Anzi si può meglio affermare che hanno prodotto – prima volta nella storia del partito istriano – un’identificazione tematica delle posizioni dell’IDS con quelle della destra radicale croata.
L’oggetto del contendere è rappresentato dall’accordo raggiunto tra i governi croato e sloveno- firmato dal Primo ministro croato Racan e sloveno Drnovsek – che delinea nuovi confini marittimi tra i due stati. Racan ha cercato di convincere Jakovic ad accettare tale accordo, e ad appoggiare la maggioranza governativa che rispetto alla questione in Parlamento era alquanto debole. Racan ha cercato di ottenerne il sostegno promettendo all’IDS molte concessioni sullo Statuto istriano, pur non specificando mai in quale senso. L’IDS ha rifiutato le offerte di Racan, prendendo attentamente in considerazione l’opinione pubblica che lo sostiene, soprattutto nelle zone istriane prossime al confine con la Slovenia. I pescatori locali di questa zona sono assolutamente contrari all’allargamento del territorio marittimo sloveno, per ragioni di pura natura economica. Essi denunciano che i pescatori sloveni ora possiedono le zone di pesca migliori del Mar Adriatico settentrionale.
L’IDS ha raccolto questo dissenso criticando l’intero accordo croato-sloveno, specialmente dopo le manovre delle forze navali sloveno-americane avvenute nel mese di agosto nella zona marittima ufficialmente ancora croata, perché il contratto non è stato tuttora ratificato dai parlamenti dei due stati. Secondo l’IDS queste manovre militari hanno persino provocato danni al mercato turistico del paese, e sollevato preoccupazioni sia tra i residenti sia tra gli ospiti stranieri.
La comune posizione di dissenso rispetto alla questione dei confini marittimi della destra e dell’IDS, in realtà presenta sostanziali differenze. La destra vede minacciata la sovranità nazionale, mentre l’IDS si appella ad argomentazioni di tipo economico, e di tutela della popolazione residente vicino ai confini sloveni che vive di pesca e di turismo.
Un altro punto fondamentale della diffidenza dimostrata dalla forza politica di maggioranza istriana e l’attuale governo, è insita nella profonda critica che viene fatta al tipo di politica – considerata troppo permissiva e poco decisa – perseguita dal Governo nei confronti della destra radicale croata. Dalle elezioni locali e regionali dell’anno scorso è emerso con evidenza che l’HDZ e il cosiddetto "Blocco croato" – formato da piccoli partiti di destra estrema – è riuscito a sopravvivere, e che in certo senso si trova all’offensiva. In Istria si teme che la tendenza in crescita del sostegno elettorale alla destra potrebbe riportare l’HDZ al potere. E la responsabilità è imputata alla maggioranza attualmente al potere, che non si è dimostrata in grado di risolvere i problemi economici del paese, né di isolare le forze estremiste dalla vita politica del paese. In questo senso alcuni funzionari dell’IDS – incluso Ivan Jakovcic – hanno ultimamente sottolineato che nel caso di un ritorno dell’HDZ al potere l’Istria sceglierà senza alcun tentennamento la propria via verso l’integrazione europea.
Istria ed integrazione europea

Contrariamente alla maggioranza governativa, l’IDS si è sempre dimostrata molto disposta ad accettare le proposte europee – in primo luogo italiane e tedesche – di costruire un’unione monetaria e doganale del sud-est Europea, ed una cooperazione più stretta con i paesi della ex-Jugoslavia. Un fatto molto indicativo è il rapporto di collaborazione amichevole che da anni lega l’IDS alle forze politiche autonomiste dell’area balcanica. Questo vale soprattutto per le relazioni tra l’IDS e la Lega dei socialdemocratici della Vojvodina , un partito che guida il blocco per il rinnovamento dell’autonomia di questa regione, e attualmente forza dominante nell’area. Nenad Canak, presidente dell’Assemblea provinciale della Vojvodina e presidente della Lega già menzionata, verso la metà di settembre è stato in Croazia ed in Istria per incontrare il vertice dell’IDS. Rispetto al contenuto di questi colloqui non è emersa alcuna versione ufficiale, ma il segno è dato dall’intensificazione dei rapporti di cooperazione tra le forze civiche e autonomiste che vogliono l’abolizione del centralismo ancora dominante nei paesi della ex-Jugoslavia, e optare per il regionalismo europeo. In questo senso l’IDS ha proposto una formalizzazione della "Regione Europea Istria", che prevede la ricostituzione della regione storica, ora divisa tra tre stati sovrani. La proposta è già sulla carta, tanto che il progetto per la strutturazione di una regione transnazionale verrà presentata a giorni, non soltanto al pubblico istriano (e quindi anche croato, sloveno ed italiano in generale) ma anche – e questo è il punto fondamentale – alle istituzioni dell’Unione Europea e del Consiglio d’Europa. Il progetto prevede linee di azione ben precise, e definisce forme di collaborazioni e collegamenti a tutti i livelli, economici, culturali, ambientali, ed in realtà rispecchia un processo già in atto. Infatti la cooperazione tra le aree che costituirebbero in futuro la regione transnazionale prevista dal progetto si è già intensificata.
In stretto rapporto con ciò che avviene nella regione istriana, il processo si sta attuando anche in Vojvodina. In quest’area si sono delineati due progetti: uno – ancora in nuce – sulla costituzione della regione transnazionale tra le zone della Vojvodina occidentale, della Croazia orientale e della Bosnia del nord-est, ed un altro che vede collegate la Vojvodina e le zone ungheresi e rumena ad essa confinanti.
Rimane da capire che significato avrà per il futuro della regione europea istriana il risultato del referendum italiano del 7 ottobre, e quali effetti produrranno le parole del Ministro degli Esteri Ruggiero, il quale ha chiesto la restituzione all’Italia di un intero villaggio istriano come forma di rimborso agli esuli istriani di nazionalità italiana, ai quali erano state nazionalizzate le proprietà negli anni successivi alla seconda guerra mondiale.

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