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Isole in cerca di una direzione

Dalla Croazia alla Grecia la vita sulle isole non è facile. Il futuro dei figli e la loro formazione, un sistema sanitario vicino e regolari collegamenti con la terraferma sono le priorità dei guardiani dei fari che sulle isole hanno deciso di viverci e lavorare tutto l’anno

12/02/2015, Marija Knežević -

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(Pubblicato originariamente da Balkan Insight il 12 novembre 2014, titolo originale Islands Seek Direction in Seas of Change )

Centottantatre gradini. Sono il percorso quotidiano di Zvonimir Škvorčević, dalla base del faro più alto dell’Adriatico sino in cima. Il faro di Veli Rat si trova sulla punta nord-occidentale dell’isola di Dugi Otok, lungo la costa croata. E’ uno dei fari più belli della regione, con una torre di 42 metri circondata da boschi, un piccolo giardino, una cappella dedicata a San Nicola e il divino blu del mare, oltre il quale, in una giornata tersa, si può scorgere il profilo dell’Italia.

Zvonimir è il responsabile del faro da 24 anni, ma è cresciuto lontano dalla costa ed ha visto il mare la prima volta a 25 anni. “Fin da adolescente ho iniziato a sognare una vita vissuta nella natura, in una piccola casa, moglie e figli… ho afferrato la prima occasione che mi si è presentata” afferma ‘Zvone il lanternista’ come lo chiama la gente del posto.

Lo stile di vita che attirava Zvonimir un quarto di secolo fa è ancora attraente, sia per chi vive nelle isole sia per i milioni di turisti che si recano in Croazia ogni estate. Le isole offrono scenari magnifici, il sole, l’aria di mare, ritmi di vita dolci. Ma le comunità che abitano le isole debbono anche affrontare sfide importanti, la popolazione invecchia e si vive lontani da servizi essenziali e quindi le isole sono posti dove difficilmente trovano casa famiglie giovani.

Zvonimir vive in una casa posta ai piedi del faro con la moglie Danijela e i loro due figli piccoli. Si prende anche cura dell’orto e di un campo di olivi. Anche se è un gran fumatore sale facilmente per le scale del faro, e rallenta per aspettare me, giovane visitatrice, che tenta di stargli dietro. Cammina scalzo per tutta l’estate. A fine maggio è già abbronzato e indossa una canotta a righe e jeans corti strappati. Ha un sorriso accogliente che sembra non abbandonare mai il suo viso e parla con modi gentili ai figli. Ma una nota di preoccupazione trapela dalla sua voce quando parla della figlia maggiore, Ivana, figlia di un precedente matrimonio.

Ivana è rimasta a vivere con Zvonimir quando i suoi genitori hanno divorziato ed è andata alla scuole elementari nel paesino di Bozava, 17 chilometri dal faro. Ora è tempo di superiori e questo significa che deve trasferirsi a Zara, sulla terraferma, che di chilometri ne dista 35.

Zvonimir e altri isolani vorrebbero collegamenti migliori, traghetti e barche-taxi più a buon prezzo e più frequenti che permetterebbero di continuare a vivere sulle isole senza perdere il contatto con la terraferma. “Se solo le autorità comprendessero che il nostro principale problema è l’isolamento”, afferma. “I traghetti che portano la gente verso le isole e viceversa si lamentano del basso numero di passeggeri, come se non comprendessero che la situazione non può che peggiorare se non si fa qualcosa”.

Il settore turistico ha surclassato pesca ed agricoltura sulle isole della Croazia ma non è sempre sufficiente per sostenere queste comunità per l’intero anno.

Veli Rat è il più famoso tra i fari che in Croazia offrono anche ospitalità turistica. I villeggianti ne occupano le due suite per 36 settimane all’anno, sino a quando inizia a far freddo. “Amerebbero abitare in un faro, amano la natura, amano la vita… ma in estate! Pensano che l’inverno su un isola sia romantico, ma solitamente poi rinunciano alla prima pioggia autunnale”, dice Zvonimir.

Delle 1244 isole della Croazia 67 sono abitate, solo 47 però tutto l’anno. Secondo il censimento del 2011 sono circa 125.000 gli abitanti delle isole. Tra loro sono pochi i giovani. Nel 1953 più del 26% di chi abitava sulle isole della Croazia aveva meno di 14 anni. Nel 2011 quel dato è sceso sotto al 13%. Secondo un’analisi demografica pubblicata lo scorso anno da Ivo Nejašmić, professore di geografia all’Università di Zagabria, solo un quarto della popolazione croata ha più di sessant’anni, ma tra loro vi è il 30% della popolazione delle isole.

Le famiglie dei fari

Il 30 giugno, sull’isola di Korčula, si festeggia “La festa di metà anno”, lo si fa per tutta la notte, nelle strade e nei locali della città principale. “Provi ad immaginare come si festeggia qui a Capodanno!”, afferma un turista irlandese che passa al fianco di un gruppo di persone che danzano, mascherate. In effetti va dritto al punto. I festeggiamenti in inverno sono molto più modesti, con molte meno persone.

Dopo la lunga nottata, la situazione è ovattata a bordo di un’imbarcazione che esce dal porto, alle sei del mattino. La barca è della Plovput, azienda statale che gestisce e mantiene i 46 fari della Croazia. Tra quelli a bordo vi sono Ivo Sain e Tomislav Zuvela, entrambi guardiani di faro e figli di guardiani di faro. Entrambi sanno che il loro lavoro non è semplice anche se offre le sicurezze di un lavoro statale per l’anno intero. Non vi sono molti lavori con questa certezza sulle isole.

Tomislav, 32 anni, si sta recando sull’isola di Palagruža, più vicina alla costa italiana che non a quella croata e dove il faro è l’unico edificio abitato. Va a raggiungere suo padre Nikola per un turno di un mese. In questo periodo dell’anno Marija, la moglie di Nikola e la madre di Tomislav, è con loro.

Mentre la barca s’avvicina a Palagruža, un’imbarcazione più piccola viene a prendere Tomislav e altri passeggeri. Accelera poi nell’avvicinarsi all’isola e si ferma sulla spiaggia, permettendo ai suoi occupanti di scendere.

Situato su una scogliera alta un centinaio di metri, l’edificio del faro è un’imponente struttura in pietra, con 40 finestre e scuri verdi. Costruito nel 1875 durante il periodo austro-ungarico, è stato pensato per dimostrare la potenza dell’Impero ai viaggiatori che s’avvicinavano ai suoi confini.

“Siamo stati qui, più o meno, per 35 anni. Quest’isola è divenuta parte di me e ne amo ogni centimetro, in qualsiasi periodo dell’anno”, afferma Marija nella cucina del faro. Venne a Korčula da giovane, in vacanza, si innamorò di un guardiano di faro e ne ha cresciuto un altro. La vita sull’isola le ha portato bene. E’ felice e sembra più giovane dei suoi sessant’anni. Parla in modo calmo, senza gesti inutili.

Suo marito Nikola, 57 anni, la aiuta a mettere a posto le vivande portate dal figlio e manda giù, verso la barca, le bombole vuote del gas grazie ad un sistema a teleferica che collega il livello del mare direttamente al faro. “Se non fossimo stati bene qui – afferma – non saremmo stati tanto a lungo”. E’ contento che suo figlio abbia seguito la stessa strada. “Era un suo desiderio diventare guardiano di faro e quindi perché dovrebbe essere infelice? In ogni caso, meglio faccia questo lavoro dell’altro a cui stava pensando”, dice. “Voleva fare il pirotecnico”, conclude sorridendo sollevato.

“Sono stato fortunato perché la mia famiglia è stata con me la maggior parte del tempo. Quando i bambini dovevano andare a scuola è stata dura. Me ne stavo qui da solo per due mesi, e poi trascorrevo due mesi con loro. Recuperavamo poi tutti assieme in estate”, racconta. “Questo lavoro è simile ad essere un marinaio. Ti entra sottopelle, e non puoi vivere senza. E devi amare il mare. Se non è così, non è il lavoro per te”.

L’inizio del turno di Tomislav al fianco del padre, permette a Vojo Sain, 50 anni, di terminare il suo. Abbronzato, atletico e dai capelli scuri, s’incammina verso al spiaggia per ritornare a Korčula.

Vicini di casa

Nel rientrare la barca si ferma a scaricare provviste sull’isola di Sušac. Popolazione: due guardiani di faro e un pastore. Uno di quei due guardiani è il figlio di Vojo, Ivo, che era stato scaricato ad inizio giornata per iniziare il proprio turno. “Mio figlio ed io siamo ‘vicini di casa’ ma non riusciamo mai a vederci. Sono felice sia riuscito ad ottenere questo lavoro. Con due bambini piccoli e vivendo su un’isola, è una buona soluzione”, afferma Vojo.

Padre e figlio condividono qualche lacrima celata e forti abbracci. Allo stesso tempo fanno e rispondono a domande. Le loro parole sono semplici e il loro contatto visivo non s’interrompe mai. “Come va?”. “Niente di che papà”.

Ivo è il più giovane guardiano di faro dell’Adriatico. Ha solo 22 anni ed ha già moglie e due bambine. “La mia figlia più giovane ha due mesi, l’altra un anno e mezzo. Appena si è abituata alla mia presenza, devo fare i bagagli e partire. Sono ogni volta come uno straniero ogni volta che ritorno a Korčula. Ma si abituerà, ci abitueremo tutti…”, afferma Ivo.

Cosa ha detto sua madre del fatto che diventava guardiano di faro, avendone già uno in famiglia? “A dire il vero i miei genitori sono separati. Ed è a causa del faro. Ma tutto dipende da che tipo di persona sei. Non è che tutti quelli che lavorano al faro divorziano e non è che tutti quelli che vivono tutto l’anno insieme non divorzino”, afferma.

La Grecia e il dilemma delle isole

I croati non sono gli unici europei a cercare di capire quale sia la strada giusta per tenere le isole in vita nel 21mo secolo. Con 6.000 isole, 227 delle quali abitate, la Grecia si trova ad affrontare sfide simili come ad esempio quella di incoraggiare turismo e sviluppo economico e allo stesso tempo proteggere ambiente e tradizioni locali.

Serifos, parte delle Cicladi occidentali, gruppo di isole del Mar Egeo, ha dovuto affrontare sfide notevoli nei decenni scorsi. “Non c’erano strade, nessuna elettricità, non vi erano macchine e nessun turismo. Era un posto mitico per noi dove potevamo essere completamente liberi” ricorda Ioanni Spilanis, professore universitario che ha trascorso le estati della fanciullezza a Serifos e che vi ha trascorso, da allora, la maggior parte del suo tempo libero.

Nella prima metà del ventesimo secolo la gente di Serifos viveva delle miniere di estrazione di ferro. Oggi la maggior parte di loro vive di turismo ed edilizia. Il numero di case sull’isola è raddoppiato negli ultimi 30 anni e la maggior parte delle case nuove vengono affittate ai turisti, spiega Spilanis.

Spilanis è professore presso il Dipartimento di studi ambientali dell’Università dell’Egeo. Vive sull’isola di Lesbo e ha dedicato la maggior parte della sua carriera a studiare le isole, il loro sviluppo economico, l’ambiente, la pianificazione e il turismo.

Lui ed i suoi colleghi stanno elaborando un sistema per valutare nel dettaglio l’impatto economico e sociale del turismo, sino ad esempio a definire quanta acqua i turisti consumano e quanti rifiuti producono. Solo allora, ritiene Spilanis, sarà possibile definire quanto il turismo possa svilupparsi senza che il suo impatto negativo ne sovrasti i benefici. A suo avviso l’attuale sviluppo delle isole greche non è sostenibile e dipende troppo da turismo ed importazioni. Il 99% dei beni consumati sulle isole della Grecia sono importati, e la maggior parte proviene da Atene, sottolinea.

Inoltre Spilanis afferma che le isole europee rischiano di essere perdenti sul mercato turistico rispetto a destinazioni più lontane, dove i villeggianti possono permettersi un soggiorno a buon prezzo e con tempo bello l’anno intero. “C’è una grande differenza tra mete europee e altre, ad esempio asiatiche, dove i prezzi sono molto più bassi” afferma sorseggiando un caffè nei pressi del porto dei traghetti. “Non sono sicuro che le isole greche o croate possano continuare ad essere competitive…”.

Antonis Ventouris, 35 anni, è il guardiano del faro di Serifos. Anche suo padre facevo lo stesso mestiere. Sua moglie e sua figlia vivono su un’isola vicina. La nazionale greca di calcio sta giocando contro la Colombia al campionato mondiale in Brasile e Ventouris è all’aperto, e cerca di calmare i nervi. Serifos è un bel posto per calmarsi. “Puoi scrivere un libro qui d’inverno”, dice Antonis. “Puoi scrivere quanti libri vuoi qui”. La nostra conversazione è intermezzata da lunghi silenzi e sguardi al mare.

A cena, in una taverna aperta recentemente da un pescatore e dalla sua famiglia, un gruppo di persone del posto ordina vari piatti “per la tavolata” tra cui pesce, feta, pomodori essiccati e melanzane. Bevono birra e ouzo e parlano di com’è vivere su un’isola. Come accade in Croazia, le loro principali preoccupazioni riguardano accesso ad una buona formazione e sistema sanitario.

“Temo che se penso troppo spesso a questioni di salute m’ammalerò di cuore. Ed allora sì che saranno problemi!”, scherza Manolis Pelopponissios, albergatore di 57 anni con una figlia di 14 mesi. La Grecia ha un approccio diverso rispetto alla Croazia per quanto riguarda il sistema scolastico. Vi sono scuole superiori in quasi tutte le isole abitate, tra cui anche Serifos, che ha una popolazione di soli 1400 abitanti. In Croazia vi sono scuole superiori solo in alcune delle isole maggiori e spesso con ponti che le collegano alla terraferma.

Visione a tunnel

Torniamo sull’isola croata di Dugi Otok, dove ‘Zvone il lanternista” si prende cura del suo faro. Ivo Juranov, settant’anni, vi vive da molti anni ed ammette che attualmente non avrebbe senso aprirvi una scuola superiore. “Non ci sono bambini qui. Se la gente stesse qui, sarebbe diverso” afferma, seduto in casa sua, con vista sul porto del paesino di Božava. "Ora dobbiamo far sì che loro ritornino”.

Le autorità locali insistono sul fatto che stanno facendo tutto il possibile per aiutare le isole. La Croazia è da poco entrata nell’Ue e ne è tra i membri più poveri e guarda all’Unione per trovare sostegno per progetti infrastrutturali. “Stiamo facendo del nostro meglio per collegare le isole alla terraferma e le isole tra loro. Non è facile dal punto di vista finanziario ma speriamo che i fondi europei possano rappresentare la soluzione” afferma Davor Lonic, a capo del dipartimento sviluppo della contea di Zara.

Un piano molto ambizioso del governo locale prevede la costruzione di tunnel sottomarini. Ma la gente del posto è scettica sul fatto che questo avvenga mai. Per il prossimo futuro è molto più probabile che i giovani dell’isola si debbano spostare a 14 anni sulla terraferma per andare a scuola, come ha fatto Ivana, la figlia di Zvonimir, il guardiano del faro. Lei ora vive con la madre a Zara.

“Io ho voluto rimanere sull’isola quando i miei genitori hanno divorziato. La mia infanzia è stata magnifica ma ora, per una persona della mia età, in particolare in inverno, è molto dura”, racconta Ivana. “Non avevo una compagnia e quindi ora sono felice di essermi spostata. Anche se mi mancherà mio padre”. Ivana vuole imparare le lingue e studiare architettura. “Voglio vivere su un’isola quando sarò adulta. Ma non so se per allora la situazione sarà migliore”, afferma.

Come suo padre, Ivana risale le scale all’inizio della sua giornata. Sessantotto gradini dall’entrata della sua scuola sino alla sua classe. Forse un giorno progetterà l’edificio di una scuola superiore a Dugi Otok? "Forse" dice. “Perché no!?”.

 

Marija Knezevic è vice-caporedattrice del quotidiano croato Zadarski List. Quest’articolo è stato prodotto grazie al programma Balkan Fellowship for Journalistic Excellence sostenuto da ERSTE Foundation e Open Society Foundations, in cooperazione con Balkan Investigative Reporting Network.

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