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Islam in Albania, scontro tra radicali e moderati

Da qualche tempo a questa parte l’Albania è stata teatro di uno scontro aperto tra l’ala moderata e quella radicale delle componenti dell’Islam locale. I media lo hanno definito a più riprese uno scontro tra vecchi e giovani musulmani

27/06/2005, Indrit Maraku -

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È scontro aperto all’interno della Comunità Musulmana Albanese tra l’ala radicale, rappresentata dai giovani, e quella moderata dei cosiddetti "vecchi" dirigenti, a favore della tradizione islamica albanese. Dopo che poco più di un mese fa è fallito il tentativo da parte dei "giovani", per cambiare lo statuto della Comunità verso ideologie "coraniche" più estremiste, il capo dei musulmani Selim Muca è stato minacciato di morte. Le stesse intimidazioni sono state rivolte anche a Ilir Kulla, capo del Comitato Statale per i Culti. Entrambi si erano opposti con determinazione a questa forte virata.

I media locali, che hanno seguito attentamente gli sviluppi, hanno parlato anche di un fallito attentato dinamitardo, l’obiettivo del quale sarebbe stato "un funzionario dello Stato", presumibilmente lo stesso Kulla, accusando la frangia radicale dei musulmani di essere i veri mandanti.

"Giovani" vs. "Vecchi"

La stampa albanese ha fatto presto a definirli in base alla loro età: i cosiddetti "giovani" sono prevalentemente ragazzi che hanno studiato nelle scuole coraniche arabe dove hanno abbracciato la corrente wahaabita: la stessa alla quale si richiama la maggior parte dell’estremismo sunnita, compreso quello dei talebani. I sostenitori del wahaabismo sono a favore della "tradizione coranica" e a Tirana si riuniscono nella moschea in via Kavaja.

I "vecchi" invece rappresentano il fronte conservatore della Comunità Musulmana Albanese che preferisce la tradizione sufi – che ha origine in Iraq ed applica i riti della cosiddetta "Scuola di Hanefi" – contraddistinta per la sua moderazione e diffusa anche nella Turchia odierna. I sufisti preferiscono la moschea che si trova nel pieno centro della capitale albanese.

Già ad aprile i wahaabisti hanno tentato di modificare lo statuto della Comunità senza successo, per via di un rinvio della riunione a causa dei forti dibattiti tra i due gruppi. I moderatori hanno subito definito i giovani come "terroristi" e i media hanno fatto il loro usando appellativi come "fanatici". Trovandosi di fronte ad una forte pressione pubblica, nella successiva riunione la Comunità ha confermato il suo vecchio statuto.

Per un po’ sembrava che tutto andasse per il meglio, ma l’11 giugno scorso la polizia ha confermato la notizia di minacce di morte indirizzate al capo della Comunità Musulmana, Selim Muca, e al capo del Comitato Statale per i Culti, Ilir Kulla, aggiungendo che i due erano stati messi sotto scorta. Diverse persone sono state interrogate, tra i quali anche 6 imam, mentre la notizia ha fatto il giro dei media internazionali. Solo dopo 5 giorni che i giornali ne parlavano ininterrottamente, Muca si è ricordato di "spiegare all’opinione pubblica" che non aveva ricevuto nessuna minaccia. Una smentita che in realtà a molti è sembrata motivata dalla paura.

Infatti ci sono alcuni precedenti che hanno spinto i media a dipingere i wahaabisti come un gruppo pronto a usare anche la violenza per prendere il controllo della Comunità Musulmana Albanese: lo scorso maggio, nella città di Fier, una bomba artigianale telecomandata è esplosa nelle mani di due fedeli (uno dei quali aveva studiato in Egitto) uccidendoli. Allora la polizia aveva detto che l’ordigno era stato preparato per assassinare "un funzionario dello Stato" contrario agli estremisti islamici, che alla luce degli ultimi avvenimenti si pensa potrebbe essere stato lo stesso Kulla.

Ancora prima, nel gennaio 2003, Salih Tivari, segretario generale della Comunità, fu ucciso nel suo ufficio di Tirana in pieno giorno. Nonostante il "progetto" fosse in atto da diversi anni, è solo da questo momento in poi che lo scontro tra radicali e moderati è divenuto pubblico poiché è stata proprio la polizia a puntare il dito sull’ala "giovane". Attualmente l’inchiesta è stata chiusa, senza che sia stato risolto nulla, e il delitto rimane tutt’ora avvolto dal mistero.

Intanto i radicali cercano la legittimazione attraverso la creazione di strutture parallele. Recentemente è stato creato a Scutari il Forum dei Musulmani d’Albania. Il tribunale della città ha dato il nulla osta al programma stilato dai fondatori e ha provveduto alla registrazione di questo Forum, violando la Costituzione che riconosce come rappresentante dei musulmani del Paese solo la Comunità Musulmana Albanese.

La registrazione, presso il tribunale di Tirana, di un partito islamico nel dicembre 2004 creò tra l’opinione pubblica grande preoccupazione. Già nel marzo dello stesso anno, lo stesso tribunale aveva bocciato la richiesta dei fondatori: punti cruciali del programma erano la creazione di un Ministero delle Religioni e l’inserimento nelle scuole superiori di un insegnamento obbligatorio sulle religioni nel Paese. Senza cambiare una virgola al programma precedentemente bocciato, a dicembre è stata ripresentata la richiesta di registrazione modificando solo il nome del partito: da "Memedheu" è diventato "Atdheu", entrambi sinonimi di "Patria".

Poco credenti

Il 70% della popolazione in Albania è di religione musulmana, ma in realtà sono pochi quelli che frequentano le moschee e applicano i riti islamici. Nonostante dall’avvento della democrazia siano passati 15 anni, gli effetti di 50 anni di ateismo di Stato imposto dalla dittatura comunista di Enver Hoxha si sentono ancora forti.

Le decine e decine di organizzazioni religiose venute nel Paese in questi anni, a diffondere ognuna a modo suo "la parola di Dio", non sono mai riuscite a fare presa sulla massa della popolazione, troppo indaffarata a sbrigare i mille e uno problemi della vita quotidiana. Nell’ultimo periodo si nota una drastica riduzione della loro presenza: attualmente sono 7 le organizzazioni islamiche che operano in Albania. Assai di meno delle 32 che c’erano quattro anni fa e delle più di 100 agli inizi degli anni Novanta.

La stessa creazione di un partito islamico ha mostrato palesemente che l’opinione pubblica albanese non guarda di buon occhio una miscela tra politica e religione. Forse perché "in Albania non c’è una cultura islamica capace di fare un passo del genere", spiegava allora Ermir Gjinishi, vice capo della Comunità Musulmana Albanese. "Penso che manchi totalmente – diceva – il potenziale intellettuale per una cosa del genere".

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