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Investimenti greci in Bulgaria: che ne sarà dopo il Covid-19?

In un recente seminario si è dibattuto di relazioni regionali in Europa durante la pandemia. Tra i casi studio anche i rapporti Grecia-Bulgaria. Ma per comprendere appieno la situazione servirebbero dati su scala locale, ha affermato Nicolas Rossignol, del programma ESPON. E sono pochi quelli a disposizione

27/12/2021, Nicola Zordan -

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La pandemia da Covid-19 ha rafforzato o indebolito i legami tra le regioni europee? La questione è stata oggetto di un seminario tenutosi durante la diciannovesima edizione dell’European Week of Regions and Cities, che si è svolta quest’anno tra l’11 ed il 14 ottobre.

Interrogandosi sulle ricadute presenti e future della pandemia di COVID-19 sulle relazioni tra le diverse regioni europee sono stati riportati vari casi studio, tra cui anche quello dell’investimento diretto estero (FDI) dalla Grecia alla Bulgaria.

Lo studio, condotto da Dimitris Kallioras, Panos Manetos, Lefteris Topaloglou, Maria Tsiapa, Maria Adamakou e George Petrakos (University of Thessaly, Grecia), cerca di comprendere in che misura la pandemia in corso stia disincentivando gli investitori greci nell’investire e le aziende greche nel delocalizzare in Bulgaria, invertendo così una tendenza di lungo corso: nell’arco di tempo che intercorre tra il 2000 ed il 2020, infatti, sono state ben 15.000 le aziende greche che hanno delocalizzato in Bulgaria, per un totale di più di 3 miliardi di euro di FDI.

Un fenomeno che è dovuto sicuramente all’ingresso della Bulgaria nell’UE nel 2007, che ha rimosso non pochi ostacoli logistici e burocratici alla delocalizzazione, ma anche e soprattutto alla coeva crisi finanziaria che ha colpito Atene con particolare asprezza. In questo contesto molte aziende hanno preferito spostarsi nella vicina Bulgaria, uno stato confinante che, a differenza della Grecia, poteva vantare un rapporto debito-PIL sostenibile, bassi livelli di disoccupazione e soprattutto un livello di tassazione meno gravoso ed un regime fiscale stabile. È rilevante notare, a tal proposito, che un numero significativo di aziende greche in Bulgaria non possiede alcun impiegato, a riprova del fatto che diversi imprenditori hanno probabilmente intrapreso la via della delocalizzazione solo come espediente per evitare il regime fiscale greco.

I dati regionali a disposizione confermano le suddette tendenze: tra il 2010 ed il 2018 è stata la regione di Sofia ad essere destinataria dell’85% degli investimenti diretti esteri greci. Questi ultimi, inoltre sono partiti in prevalenza dalla regione di Atene: è da lì infatti che è partito l’82% degli investimenti destinati alla Bulgaria. Infine circa il 12% degli investimenti diretti esteri greci verso la Bulgaria approda in regioni che confinano direttamente con la Grecia.

Le restrizioni dovute alla pandemia in corso e l’incertezza economica conseguente hanno rappresentato una battuta d’arresto repentina a questo trend, della durata e dalle ripercussioni ancora incerte. Al fine di fornire una chiave di lettura aggiuntiva sui possibili risvolti futuri di questo ingente flusso di investimenti, gli studiosi hanno deciso di intervistare un campione significativo di imprese che operano in Bulgaria.

Secondo gli intervistati l’attrattiva principale per gli investimenti greci in Bulgaria è costituita da un ambiente istituzionale più favorevole ed efficiente, tanto in termini di tassazione quanto in termini di stabilità politica ed economica. Anche la vicinanza con la Grecia ed il costo inferiore delle materie prime giocano un ruolo di fondamentale importanza in questa scelta. L’emergere della crisi pandemica sembra aver avuto un impatto più negativo negli investimenti meno recenti, in particolare in quelli superiori ai 5 anni, e nei confronti delle piccole e medie imprese operanti nelle zone più periferiche. Sebbene le aziende intervistate lodino le tempestive misure adottate da Sofia per contrastare il COVID-19 e il suo impatto sull’economia, la maggior parte di queste si esprime pessimisticamente riguardo ad una ripresa degli investimenti greci in Bulgaria nel breve termine. Ciò suggerisce, dunque, prudenza nel ritirare gli aiuti pubblici all’economia, almeno fino a quando il flusso di ordini e clienti non torni ad essere comparabile a quello del periodo pre-pandemico.

Dalle interviste raccolte emerge quindi con chiarezza il ruolo giocato dalle incertezze legate alla crisi pandemica nella riduzione degli investimenti greci in Bulgaria, mentre il loro ritorno ai livelli precedenti al 2020 – se mai dovesse verificarsi – appare come un’ipotesi piuttosto remota, difficilmente raggiungibile nel breve periodo. Accanto a ciò, come sottolineato in apertura da Nicolas Rossignol – Capo unità per le evidenze territoriali e le attività di sensibilizzazione del programma europeo ESPON – risulta evidente come si renda sempre più necessario elaborare ed analizzare un nuovo set di statistiche da affiancare ai tradizionali dati agglomerati a livello nazionale, poiché questi ultimi tendono a trascurare la specificità di singole aree geografiche contigue tra loro ed il loro particolare interscambio di beni, persone e risorse.

Il programma europeo di ricerca applicata ESPON – cofinanziato dal Fondo si sviluppo regionale europeo e all’interno del quale il caso studio descritto si inserisce – si pone l’obiettivo proprio di ovviare a questa carenza, fornendo ai decisori politici locali un elemento di comprensione della realtà innovativo e meglio tarato. L’intento è quello di promuovere una nuova comprensione delle dinamiche europee su base regionale, in modo da fornire delle lenti differenti attraverso le quali interpretare la complessità europea con maggior accuratezza.

ESPON

ESPON (in italiano Osservatorio in Rete sull’Assetto del Territorio Europeo) è un programma dell’UE volto alla creazione di una rete europea di ricerca applicata, con lo scopo di sostenere le politiche di coesione e di sviluppo territoriale in Europa. Attraverso la sua attività, ESPON elabora e rende fruibili analisi, dati e statistiche sulle tendenze territoriali, indispensabili tanto per una comprensione capillare della complessità europea quanto per poter intervenire con coscienza di causa nell’ambito della cooperazione territoriale. Dall’economia alla società, dalle migrazioni all’ambiente, il programma si prefigge di fornire ai decisori politici locali nuovi strumenti interpretativi, in grado di favorire uno sviluppo territoriale armonioso delle diverse regioni europee.

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