Intervista con Ramush Haradinaj, premier del Kosovo
Pubblichiamo la traduzione italiana dell’intervista con Ramush Haradinaj, nuovo premier kosovaro, raccolta dal settimanale di Sarajevo DANI
di Elvira Jahic, pubblicata sul settimanale di Sarajevo DANI, 18 dicembre 2004
Traduzione di Ivana Telebak
Ramush Haradinaj, il nuovo premier del Governo kosovaro, ha 36 anni ed è tuttora studente di Legge all’Università di Pristina. Capo dell’Alleanza per il futuro del Kossovo, la terza forza politica nella regione, ex guerrigliero dell’Esercito di liberazione del Kosovo. Le lacune dell’istruzione nel suo caso non significano nulla: si comporta come un premier che sa quello che vuole – cioè la soluzione definitiva dello status del Kosovo. Dani pubblica l’intervista andata in onda nella trasmissione Onestamente parlando della BHT1 (Tv bosniacoerzegovese, ndt.).
DANI: Signor Haradinaj, come vede il futuro del Kosovo nella situazione in cui la maggior parte dei Serbi kosovari non vuole accettare i risultati delle elezioni locali, e la Belgrado ufficiale non vuole accettare la sua elezione a premier, mentre la NATO rimane ferma sulla decisione che non ci saranno cambiamenti delle frontiere dei paesi dell’Europa sud orientale?
HARADINAJ: Posso dire che esiste un dialogo interno, esistono dei Serbi che partecipano al governo, tranne a livello politico dove esiste una certa resistenza. Ma posso provare che in tutti i ministeri esiste un notevole numero di Serbi che lavorano a vari livelli. Siamo in fase di trattativa con i Serbi kosovari affinché prendano parte al governo e al parlamento. Come sapete, un piccolo partito di Serbi kosovari fa già parte del parlamento e noi lavoreremo in modo che si possa progredire su questa questione. Abbiamo un’agenda sugli standard del Kosovo e dei piani concreti su come agire per raggiungere anche la minoranza serba. Quando si tratta di Belgrado, siamo molto aperti al dialogo, che è iniziato come un dialogo tecnico, ed io sono aperto verso i contatti politici con i funzionari di Belgrado.
DANI: Come vede allora il futuro del Kosovo?
HARADINAJ: Il futuro del Kosovo, in armonia con la volontà politica del popolo kosovaro, è il Kosovo indipendente. Noi lavoriamo in questa direzione, ed io sono convinto che sarà ultimata l’anno prossimo, in accordo con la comunità internazionale, e lavoriamo in modo intensivo affinché ciò avvenga con l’approvazione dei nostri vicini e dei Paesi della regione.
DANI: Ma la NATO rimane ferma sulla decisione di non consentire alcuna modifica delle frontiere dei paesi dell’Europa sud orientale?
HARADINAJ: Noi come stato del Kosovo funzioniamo all’interno delle frontiere note come le frontiere del Kosovo. Accettiamo e sosteniamo la decisione di non modificare le frontiere. Così, anche per quel che riguarda il Kosovo, bisogna accettare e sostenere questa posizione.
DANI: Ha detto che è pronto a trattare con Belgrado, ma la Belgrado ufficiale sembra non sia pronta a trattare con lei, una tale situazione porta alla destabilizzazione del Kosovo?
HARADINAJ: Come sapete, in Kosovo è in corso un processo di creazione di una società che sarà pronta a dirigere solo se stessa. Esiste una forte spinta verso tale direzione. Crediamo e siamo convinti che l’anno prossimo sarà ultimato lo status finale del Kosovo, con la realizzazione e l’applicazione della volontà politica del popolo kosovaro. Noi ci prepareremo per le trattative con la comunità internazionale sullo status finale. Siamo aperti al dialogo con Belgrado su tutti quegli aspetti che sono negli interessi di entrambi, ma non sullo status finale. Si tratta del diritto proprio di noi Kosovari e faremo in modo di ottenerlo. Siamo aperti ai contatti con Belgrado, ma come vicini, come paese confinante, che consente ai Kosovari di avere coi cittadini della Serbia il vantaggio delle buone relazioni di due paesi confinanti.
DANI: Come commenta l’annuncio dell’accusa del Tribunale dell’Aia contro di lei?
HARADINAJ: Non vorrei giudicare. Credo che la maggior parte delle accuse sia stata prodotta dal precedente governo di Belgrado. Io ho fatto il mio dovere come cittadino e noi kosovari, come società, risponderemo sempre ai nostri doveri davanti alla giustizia internazionale e davanti al Tribunale dell’Aia. In tal modo cerchiamo di favorire la pace e la stabilità, non solo in Kosovo ma anche nella regione.
DANI: La NATO ha detto che se all’Aia dovesse essere sollevata l’accusa contro di lei, in Kosovo potrebbero verificarsi nuovi disordini e violenze. Crede che esista un reale pericolo?
HARADINAJ: Non voglio speculare su ciò. Come ho già chiarito, svolgerò i miei doveri da cittadino e da leader politico responsabile, per il bene del Kosovo. Certo, ciò influirebbe sul processo politico, ma non vorrei più speculare su questa questione.
DANI: Ha detto che lavorerà al programma dello stato del Kosovo indipendente, internazionalmente riconosciuto e che tale processo inizierà entro la fine del 2005?
HARADINAJ: Siccome l’anno prossimo è molto importante per noi, abbiamo già un’agenda concreta sugli standard: non solo come nostra prova sui risultati che abbiamo intenzione di raggiungere, includendo la minoranza serba, assicurando la libertà di movimento, rafforzando il processo del ritorno, sviluppando la decentralizzazione, ma anche come prova della nostra scelta per una società democratica del Kosovo, dello stato di tutti i suoi cittadini. Entro la fine dell’anno prossimo, le trattative sullo stato finale saranno ultimate. In tale periodo ci si aspetta la creazione di rapporti dinamici nella regione, con tutti gli stati della regione, nel riconoscere lo status del Kosovo.
DANI: Come commenta la tesi spesso ripetuta che la soluzione dello status del Kossovo è legata con lo status dell’entità bosniaco erzegovese della Repubblica Srpska?
HARADINAJ: Noi lavoriamo all’applicazione dei nostri diritti, includendo anche anche i diritti politici. Siamo convinti che la soluzione dello status finale del Kosovo contribuirà a risolvere la questione dell’intera regione, a completare le questione aperte. Siamo interessati ai buoni rapporti con tutti i Paesi vicini. Non vorremmo che la nostra situazione sia collegata alle altre questioni della regione balcanica, perché vogliamo credere che il nostro ruolo sia di contribuire, anche noi, alla pace e alla stabilità della regione.
DANI: In che modo le piacerebbe vedere il Kosovo fra due o tre anni?
HARADINAJ: La nostra scelta è un Kosovo democratico, uno stato indipendente, "un nostro" nella regione, nei buoni rapporti con i Paesi vicini e i Paesi della regione. Aggiungerei inoltre – nei buoni rapporti con la Bosnia ed Erzegovina! Un Kosovo che contribuisce non solo a se stesso ma anche alla regione, che si avvicina alle integrazioni nella UE e nella NATO. Noi ci vediamo come parte dell’Europa e parte dell’organizzazione NATO. Vorrei aggiungere di non avere alcuna illusione su quanto dovremo lavorare, come Paese che è uscito dalla guerra, che attraversa il periodo di transizione, ma ci dedichiamo al nostro lavoro e ce la faremo. Credo che i Bosniaci, i quali, prima di noi, hanno passato anche loro la guerra, capiscano che abbiamo bisogno di amici ovunque, in tutti i Paesi di tutto il mondo, di amici che sosterranno il Kosovo in questo importante periodo.
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