Innovazione nei Balcani occidentali, in cerca di stelle
Sostenere lo sviluppo di imprese giovani e innovative nei Balcani occidentali. È questo l’obiettivo del programma Star Venture della Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo. Ne abbiamo parlato con Dejan Tonić, coordinatore regionale del programma
Che cos’è il programma Star Venture?
Il programma Star Venture è stato ideato dalla Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo sulla base della nostra esperienza a lungo termine negli accordi di finanziamento azionario e negli investimenti in imprese in rapido sviluppo, da un lato, e delle nostre attività quotidiane con la nostra filiale di consulenza per le piccole imprese, dall’altro. Il programma è stato concepito per le imprese in fase iniziale che hanno il potenziale per crescere rapidamente e per attrarre investimenti.
Quali strumenti utilizzate per fornire supporto alle imprese innovative nei Balcani occidentali?
Il nostro primo obiettivo è ovviamente quello di sostenere direttamente le startup ad alto potenziale: le migliori vengono selezionate attraverso bandi aperti e ammesse al programma. Dopo la selezione offriamo loro il miglior strumento di diagnosi aziendale fornito dal Cambridge Institute for Manufacturing per valutare le loro esigenze, per poi aiutarle attraverso consulenti locali ed esperti internazionali. Oltre al sostegno diretto alle imprese innovative, il programma Star Venture sostiene anche gli “acceleratori” partner e lo sviluppo dell’ecosistema nella regione dei Balcani occidentali.
Per finanziare le buone idee utilizziamo fondi di donatori: finora siamo stati sostenuti dal Lussemburgo e dalla "WB EDIF Western Balkans Enterprise Development & Innovation Facility", finanziata dall’UE. Forniamo consulenti che aiutano le giovani imprese a migliorare la loro pianificazione, la raccolta di fondi, la formazione al marketing per i loro dipendenti e persino a garantire l’assistenza tecnica per l’adattamento dei loro prodotti.
A questo si aggiunge il mentoring: nel nostro database abbiamo circa 400 professionisti con una solida esperienza e disposti a condividere la loro esperienza e le loro conoscenze con le startup selezionate.
L’innovazione è un elemento chiave per essere selezionati nel programma?
L’innovazione deve essere una parte essenziale delle imprese che intendiamo sostenere, innovazione almeno a livello nazionale o meglio nella regione dei Balcani occidentali: devono offrire ai loro mercati qualcosa di nuovo, qualcosa di diverso rispetto alla concorrenza. E, perché no, un potenziale di crescita nel mercato globale.
Non siamo alla ricerca di principianti assoluti, ma di coloro che hanno già una certa trazione, che hanno dimostrato di aver testato con successo il loro prodotto, con qualcuno che lo sta acquistando da almeno un anno o due.
È possibile fare un ritratto generale delle imprese innovative nei Balcani occidentali? Vede dei tratti comuni che possono essere identificati?
Le conoscenze tecniche dei fondatori di startup nella regione sono indiscutibili: le persone che avviano nuove imprese nei Balcani occidentali sanno sicuramente quello che fanno. La visione di come creare un determinato prodotto o servizio è sicuramente qualcosa di comune a tutte le startup locali. Dall’altro lato, le cose sono meno chiare quando si tratta di trovare un mercato per i loro prodotti. Chi comprerà il prodotto? Chi lo pagherà e lo trasformerà in un business? Spesso queste domande rimangono senza risposta.
Questo è un grosso problema, perché molti aspiranti imprenditori pensano di farcela da soli e poi falliscono perché si tratta di un compito impossibile. Non è facile espandersi e troppo spesso le imprese hanno solo una prospettiva locale molto limitata. Con la concorrenza in continua crescita, però, o si va a livello internazionale o si fallisce a livello locale.
Per la maggior parte delle startup della regione è difficile costruire un team forte e impegnato in grado di portare la propria attività al livello successivo. Si tratta di una questione complessa: spesso le startup hanno difficoltà a trovare un buon sviluppatore di business o un manager delle risorse umane capace di aiutare a espandersi oltre le capacità del fondatore o dei fondatori iniziali. Fortunatamente ci sono ancora molti esempi di imprese che superano questa "malattia infantile" e vanno avanti: riescono a trovare partner e supporto, gestiscono i rischi legati alla crescita e alla fine hanno successo.
Quando parliamo di innovazione nelle giovani imprese dei Balcani occidentali, parliamo di settori economici specifici?
In generale, nella regione percepiamo che il potenziale maggiore risiede nell’industria informatica, ma anche nell’agroalimentare. Nell’agro-business i grandi operatori svolgono le proprie attività di R&S e sviluppano soluzioni internamente, mentre il settore IT è ancora affidato a piccoli team, startup che cercano di farsi strada nel mercato. In genere, le soluzioni basate sulla tecnologia sono il 95% di tutte le richieste che riceviamo.
E le differenze tra i diversi paesi della regione?
In realtà, le differenze dipendono dalle dimensioni del mercato dei singoli paesi. La Serbia è sicuramente leader nella regione. Credo che le differenze dipendono anche dal flusso di investimenti, dalla capacità di attrarre investitori stranieri. Da questo punto di vista, la Serbia è seguita molto bene dal Kosovo e dalla Macedonia del Nord, che stanno sviluppando internamente il loro ecosistema, un progresso promosso dalle organizzazioni locali di sostegno alle imprese. Più ce ne sono, maggiore è il successo. Le cose si stanno sviluppando un po’ più lentamente in Albania e sicuramente ancora più lentamente in Montenegro e Bosnia Erzegovina.
Le particolarità dei mercati locali derivano anche dall’esposizione a diversi accordi con i donatori. In Serbia, ad esempio, ci sono ovunque molti programmi per sostenere le imprese in vari modi, sia da parte delle ONG che dell’amministrazione pubblica. Ci sono fondi disponibili e le imprese qui si sentono in qualche modo viziate, perché possono aspettarsi un sostegno al 100%. Nel resto dei Balcani occidentali, quello che si può sperare di solito è solo una sorta di cofinanziamento o di condivisione dei costi…
Anche la fuga dei cervelli è un fattore che priva le giovani imprese dei Balcani occidentali di professionisti di valore per costruire team di lavoro efficaci?
Credo che il concetto di "fuga dei cervelli" sia meno applicabile nell’ambito delle startup innovative, soprattutto quelle gestite da giovani. Vedo una tendenza seguita dalla maggior parte delle startup della regione: una volta raggiunto un certo livello di sviluppo, stabiliscono immediatamente un ufficio nei paesi più sviluppati a cui si rivolgono. Così, con un piede, sono già fuori dalla regione. E non si può fare nulla per impedirlo, perché il mercato è aperto.
D’altra parte, il sostegno fornito a queste imprese – che mantengono ancora la spina dorsale delle loro attività nei Balcani occidentali – aiuterà sicuramente il loro sviluppo. Forse otterranno un investimento attraverso il loro ufficio di Delaware negli Stati Uniti, ad esempio, ma saranno in grado di assumere centinaia di persone se questa crescita potrà essere sostenuta qui, a livello locale. E credo che anche le amministrazioni locali stiano iniziando a capirlo.
Ma in generale, vede la perdita di persone qualificate come una minaccia per lo sviluppo della regione?
Credo che se non iniziamo a investire nell’istruzione di questi giovani, la fuga dei cervelli diventerà inevitabile. Negli ultimi due anni, il numero di esperti informatici è cresciuto rapidamente nei nostri paesi. E non si tratta di un successo del sistema educativo nazionale, ma di un successo delle iniziative private, poiché la maggior parte di questi giovani esperti viene creata attraverso accademie private che hanno riconosciuto le esigenze del mercato in crescita e stanno creando nuova forza lavoro in questo settore. Se non riescono a trovare una realizzazione alle loro competenze e aspettative sul mercato del lavoro locale, non ci si può aspettare che rimangano qui.
Pensa che i paesi dei Balcani occidentali abbiano una strategia chiara quando si tratta di promuovere e sostenere l’innovazione?
Direi che ci sono molte strategie, ma non c’è messa a terra di queste strategie. Si può creare la migliore strategia del mondo, ma se non si fa un buon piano d’azione e non si lavora giorno per giorno, mese per mese, anno per anno, per cambiare davvero il sistema complessivo – che va dall’istruzione, alle qualifiche, alla tassazione – si è destinati a fallire. A volte sembra che il vecchio sistema sia ancora qui, e che sia rimasto immutato negli ultimi 40 o 50 anni. In generale, i governi e le istituzioni dei Balcani occidentali hanno poca o nessuna idea di quante nuove imprese innovative ci siano e di cosa fare con loro. E questo è un problema significativo per tutti gli attori che cercano di sviluppare l’ecosistema.
Quanto è facile o difficile nei Balcani occidentali per le nuove imprese ottenere finanziamenti?
È molto difficile: spesso è la sfida più grande, che deriva principalmente dal conservatorismo delle istituzioni bancarie rispetto al liberalismo delle startup. Le banche che operano nella regione tendono a essere estremamente conservatrici in questo senso – con forse qualche buona eccezione che ha creato linee di finanziamento speciali per le imprese in fase iniziale. È molto difficile per queste imprese innovative nella regione perché l’intero contesto è troppo vecchio e troppo arcaico rispetto alle loro esigenze: non è solo l’ammissibilità e le esigenze che devono essere sincronizzate, ma anche la velocità di elaborazione, la velocità del processo decisionale.
Qual è il ruolo e il contributo degli acceleratori, che sono così importanti quando si tratta di creare un ambiente di supporto?
Direi che l’entusiasmo di chi ha fondato questi acceleratori, circa sette, otto anni fa, è ciò che ha fatto nascere l’intero ecosistema. Prima di allora, non c’era modo di confrontare la nostra regione con aree come il sud-est del Mediterraneo, paesi come l’Egitto, la Giordania, la Tunisia, dove la cultura dell’investimento in startup risale ad almeno 30 anni fa. Qui nei Balcani occidentali, non è più vecchia di sette o otto anni, e il ruolo più importante per questo – come ho detto – è stato svolto dagli incubatori.
Dieci anni fa, se si chiedeva ai giovani della regione se avrebbero voluto gestire un’attività in proprio o lavorare a tempo pieno per un’agenzia governativa, probabilmente il 95% di loro avrebbe scelto lo stato, perché lo sentiva come un impiego sicuro. Ora le cose stanno cambiando e l’intero spirito imprenditoriale è nato da questi acceleratori. Il loro contributo maggiore è la promozione di questi valori e per noi che abbiamo a che fare con startup in una fase successiva, questo è il miglior imbuto, la migliore “pipeline” che si possa avere.
Fanno tutti questi screening preliminari, cercano, sostengono e mettono alla prova queste startup. E quelle che passano attraverso questi programmi sono ottimi candidati per noi. È così che otteniamo degli ottimi partner.
La sfida più grande è che il 90% degli acceleratori dipende ancora dai fondi dei donatori e non è autosufficiente, non opera come entità commerciale e non offre i propri servizi in cambio di denaro, facendo pagare le startup. La nostra missione è quindi quella di aiutarli a diventare autosufficienti perché i donatori se ne andranno, quando i Balcani occidentali raggiungeranno, si spera, un certo livello di sviluppo e non avranno più bisogno dei loro finanziamenti.
In base alla sua esperienza nei Balcani occidentali, quali sono le caratteristiche delle startup di successo? Come si distinguono da quelle di scarso successo?
È molto difficile dare una risposta in questo caso, perché ci sono così tanti fattori che rendono una certa impresa di successo in prospettiva: finché non diventa di successo non si può sapere se lo sarà o meno. Ma poi, una volta che lo diventano, si può capire dalla loro storia cosa li ha portati al successo. Ma nella fase di scelta o di individuazione delle caratteristiche che separano i più promettenti da quelli che non lo sono, direi che il punto chiave è la loro conoscenza del settore. Si tratta di aziende che iniziano l’attività con competenze tecniche, certo, ma che conoscono anche il mercato, l’applicabilità delle cose che fanno, il prodotto che realizzano, il servizio che forniscono. La conoscenza e il senso di dove le cose stanno andando, la capacità di prevedere la crescita futura separano coloro che hanno maggiori possibilità di successo da coloro che non ne hanno.
E poi, naturalmente, c’è un pizzico di fortuna. Conosco molte persone brillanti con buone idee, ma forse qualcuno è stato più veloce di loro e hanno fallito. Le grandi idee devono essere accompagnate dal giusto tempismo e, quando ciò accade, una nuova stella inizia a brillare.
Questo materiale è pubblicato nel contesto del progetto "La mobilità del capitale umano dei e dai Balcani: quando l’innovazione riesce a frenare la fuga di cervelli" cofinanziato dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale (MAECI). Il MAECI non è in alcun modo responsabile delle informazioni o dei punti di vista espressi nel quadro del progetto. La responsabilità sui contenuti è unicamente di OBC Transeuropa. Vai alla pagina del progetto
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