Infrastrutture: i Balcani colmeranno il gap?
Infrastrutture insufficienti o obsolete, stati senza risorse che non possono finanziare grandi progetti. Un rapporto FMI segnala un’impasse, senza individuare soluzioni possibili
(Pubblicato originariamente da Danas , selezionato e tradotto da Le Courrier des Balkans e OBCT)
Il livello di reddito medio dei sei paesi dei Balcani occidentali (Albania, Bosnia Erzegovina, Kosovo, Macedonia, Montenegro e Serbia) corrisponde al 30% di quello dell’Unione europea. Non solo siamo in ritardo, ma il gap si riduce molto lentamente: del -12% dal 2000 ad oggi, con una stagnazione quasi totale dall’inizio della crisi economica mondiale nel 2008. Un ritardo che è possibile spiegare in gran parte con la mancanza di infrastrutture stradali, ferroviarie o energetiche e con il cattivo stato di quelle esistenti.
In febbraio il Fondo monetario internazionale (FMI) ha reso pubblico, a proposito, un rapporto sottolineando che le carenze nelle infrastrutture stradali limitano in modo considerevole l’accesso dei produttori e consumatori dei Balcani occidentali ai mercati sia internazionali che nazionali. Anche la scarsa affidabilità delle strutture di approvvigionamento energetico e idrico avrebbe contribuito, secondo l’FMI, a ridurre le capacità produttive, scoraggiando gli investitori esteri. Secondo il Rapporto sulla competitività mondiale per gli anni 2016/2017 il posizionamento medio dei paesi della regione è attorno all’85mo posto su 138 paesi presi in considerazione.
Investimenti pubblici in infrastrutture avrebbero effetti rilevanti sia nel corto che nel lungo termine. Potrebbero infatti garantire un innalzamento immediato della domanda attirando investitori stranieri. Più a lungo termine determinano un aumento dei livelli di produzione direttamente correlato all’efficacia dei progetti infrastrutturali stessi. Infine, se i finanziamenti a questi progetti sono equilibrati, è possibile che non impattino in modo negativo sul livello del debito pubblico. Ciononostante se le istituzioni sono deboli, se i governi sono poco efficaci e se la corruzione causa spese inutili e scelte sbagliate di utilizzo delle risorse pubbliche, i costi di queste infrastrutture possono divenire rilevanti.
Raccomandazioni FMI
Il documento dell’FMI si focalizza sulla buona gestione dei progetti infrastrutturali e formula una serie di raccomandazioni. Gli autori del rapporto rilevano che progetti per i quali esistono finanziamenti internazionali rimangono irrealizzati mentre a volte i governi dei Balcani insistono nel mettere a budget progetti attualmente irrealizzabili. Si sottolinea inoltre che a volte entrano in concorrenza tra loro istituzioni pubbliche diverse e comunque queste ultime si coordinano tra loro sempre in modo insufficiente. Viene sottolineato che anche il coordinamento tra autorità centrale e autorità locali è troppo debole.
Anche quando il quadro legislativo è adeguato, spesso non viene rispettato e non esiste alcuna procedura di monitoraggio e controllo delle performance finanziarie dei progetti e dei programmi di investimento delle istituzioni pubbliche. Gli autori del documento dell’FMI concludono affermando che la scelta sui progetti infrastrutturali dovrebbe essere “meglio protetta” dalle influenze politiche.
Ciononostante, dal 2007, si può notare un’accelerazione degli investimenti pubblici nella regione, spesso a seguito di iniziative internazionali, pur rimanendo lo stato delle infrastrutture pubbliche deficitario e ben al di sotto della media europea, in particolare strade e ferrovie, queste ultime all’abbandono da anni. Ad eccezione di Serbia e Bosnia Erzegovina, tutti i paesi dell’area hanno problemi di approvvigionamento energetico.
Per quanto riguarda le infrastrutture i Balcani occidentali si situano attorno al 50% della media europea. In questo contesto la messa meglio sarebbe la Serbia, con un ritardo di -30% rispetto alla media Ue mentre fanalino di coda è l’Albania con un -70%. Un ritardo che i paesi dei Balcani occidentali hanno anche rispetto ai paesi dell’Europa centrale o ai paesi baltici. Gli investimenti attuali sono insufficienti per colmare il gap.
Rischio indebitamento
Negli ultimi 15 anni gli investimenti infrastrutturali dei paesi della regione sono stati in media del 6% del Pil. Una media che può portare ad errori di valutazione dato che ad esempio la Serbia è in fondo alla lista e mette a disposizione solo il 3% del suo Pil per investimenti infrastrutturali mentre la Bosnia è in cima alla classifica dedicandovi l’8%. Anche se il valore capitale degli investimenti infrastrutturali è raddoppiato in 15 anni, a questo ritmo servirà aspettare 33 anni affinché i Balcani occidentali raggiungano l’attuale livello Ue.
Nei fatti, la possibilità di investire sono limitate dall’alto livello di debito pubblico di tutti i paesi della regione. Bosnia Erzegovina e Macedonia sono in parte risparmiati dal problema, ma in Serbia, Albania e Montenegro il debito pubblico supera il 65% del Pil e questo rende questi paesi fragili secondo i parametri del FMI. “I paesi troppo indebitati avranno problemi a finanziare il loro progetti infrastrutturali senza adeguamenti fiscali”, sottolineano gli esperti del FMI che si interrogano anche sulle possibilità di ricorso a partenariati pubblico-privato.
Il documento conclude che il settore bancario e il risparmio nazionale di questi paesi sono ancora troppo deboli per finanziare progetti infrastrutturali dai costi elevati e che comunque il credito rappresenta la sola e unica fonte di finanziamento malgrado il rischio congenito di aumentare il debito pubblico. E per il FMI non si può che guardare alle istituzioni finanziarie internazionali.
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