Infermiere bulgare: negoziare o no?
Continua la drammatica vicenda delle infermiere bulgare accusate ingiustamente di aver causato un’infezione di AIDS e condannate a morte in Libia. In Bulgaria ci si divide sulla posizione che dovrebbe assumere il nuovo governo
Di Albena Shkodorova – IWPR
Traduzione a cura di Osservatorio sui Balcani
Mentre le cinque infermiere condannate a morte con l’accusa di aver deliberatamente infettato 400 bambini di sangue infetto del virus HIV aspettano la sentenza dell’appello, in patria l’opinione pubblica è divisa su come il nuovo governo guidato dai socialisti dovrebbe gestire la crisi.
Alcuni affermano che il governo dovrebbe prendere in considerazione le richieste della Libia di compensazioni pagate alle famiglie delle vittime, dato che altri sforzi si sono rivelati sino ad ora inutili.
Altri invece sottolineano che eventuali negoziazioni con i genitori dei bambini ammalatisi di AIDS sono impossibili dato che questi ultimi non hanno una rappresentanza unitaria, alcuni sarebbero pronti a negoziare mentre altri continuano ad insistere affinché le donne vengano giustiziate.
Kristiana Vulcheva, Nasya Nenova, Snezhana Dimitrova, Valentina Siropulo e Valya Chervenyashka sono state condannate a morte nel maggio del 2004 in seguito ad un epidemia di AIDS scatenatasi a Benghazi, città della Libia orientale. Un altro bulgaro, il medico Zdravko Georgiev, è stato condannato a quattro anni di carcere e poi rilasciato anche se è impossibilitato a lasciare il Paese. Attualmente vive presso l’Ambasciata bulgara di Tripoli.
Esperti internazionali hanno portato la loro testimonianza durante il processo sostenendo che le infezioni sono state causate da scarse condizioni d’igiene presso l’ospedale e che in ogni caso si erano propagate prima dell’arrivo dell’equipe medica bulgara. Circa 50 pazienti sono sino ad ora morti, e questo ha scatenato la rabbia in Libia. I giudici libici hanno fatto propria la posizione del governo che ha fin dall’inizio affermato che le infermiere ed il medico bulgaro stavano complottando contro lo stato libico sotto la guida della CIA e dei servizi segreti israeliani, il Mossad.
Sulla questione sono intervenuti anche Stati Uniti ed Unione europea con propri appelli che però non hanno ad ora dato alcun risultato, anche se fonti diplomatiche bulgare assicurano che i contatti continuano in vista della seduta del prossimo 15 novembre della Corte suprema. Gli analisti affermano che se la Corte suprema confermasse la sentenza potrebbe allora essere impossibile salvare le infermiere.
La Libia però è senza dubbio interessata a superare il suo isolamento internazionale e porre termine ad un processo che si trascina oramai da più di sei anni ed ha quindi insistito sul tema delle compensazioni fin dal primo giorno di lavoro del nuovo governo in Bulgaria.
Il ministro degli esteri Ivailo Kalfin però ha rifiutato il pagamento definendolo "danaro insanguinato", confermando in questo modo la posizione del suo predecessore che temeva che l’accettazione di compensazioni sarebbe stato una implicita ammissione della colpa. Ha inoltre argomentato che anche nel caso si riuscisse ad arrivare ad un accordo con i parenti delle vittime questo non sarebbe garanzia del rilascio delle infermiere. Vladimir Chukov, esperto del mondo arabo che ha seguito da vicino la vicenda, ritiene invece che il governo stia commettendo un errore.
Ha infatti affermato che la Bulgaria dovrebbe negoziare con i parenti e non perdere tempo nel cercare di dimostrare l’innocenza delle infermiere. Affidarsi al sistema giudiziario bulgaro o alla comunità internazionale – con le sue numerose e diverse priorità – sarebbe a suo avviso un errore, afferma Chukov aggiungendo poi che la relazione speciale che esiste tra i socialisti bulgari ed il governo libico non sarà comunque d’aiuto.
Un’eventuale negoziazione aumenterebbe a suo avviso la possibilità che alle infermiere venga inflitta una pena minore e potenzialmente possano essere trasferite in un carcere bulgaro.
Mirolyuba Benatova, giornalista di bTV, ha un’opinione del tutto contraria. A suo avviso infatti anche se la Bulgaria decidesse di negoziare non è chiaro con chi lo dovrebbe fare dato che i genitori delle vittime sono divisi in merito a cosa vogliono. Chi è coinvolto nella questione è lo stato libico e non i genitori delle vittime, opinione condivisa anche da Zdravko Georgiev.
"Queste persone i genitori non hanno mai ritenuto noi fossimo colpevoli. Per anni è venuta gente a trovare le infermiere per dare loro supporto. Vi sono rappresentanti dello stato che li stanno indottrinando" ha affermato in un’intervista a Balkan Crisis Report, BCR.
"Il mondo intero sa che siamo innocenti, e questa è la cosa che conta di più per me".
Chukov ritiene che le cittadine bulgare sono in una situazione molto pericolosa. "Gheddafi non farà mai un passo indietro" ha affermato "è fiero della giustizia libica ed è convinto sia la migliore possibile, è una questione di orgoglio nazionale".
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