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Infermiere bulgare in Libia: stritolate dalla Ragion di Stato

Sono rinchiuse in un carcere libico, condannate a morte. La Bulgaria sperava in pressioni UE nei confronti di Gheddafi per risolvere la questioni. Ma le priorità di alcuni Paesi europei sembrano tutt’altre.

19/10/2004, Redazione -

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Durante il processo

Lo scorso maggio cinque infermiere bulgare ed un medico palestinese sono stati condannati a morte da una corte libica. L’accusa? Aver volontariamente infettato con il virus dell’AIDS 426 bambini ricoverati presso l’ospedale dove lavoravano.
Secondo quanto ha denunciato, tra le varie organizzazioni anche Amnesty International, ai sei condannati sarebbero state strappate delle confessioni con l’uso della tortura. La stessa Amnesty ha invitato il governo libico a rivedere il processo.
Ora la Libia si sta aprendo all’occidente. L’Unione Europea nel settembre scorso ha deciso di seguire l’indicazione dello scorso anno dell’Onu, revocando le sanzioni economiche così come l’embargo degli armamenti. Negli stessi giorni gli USA hanno formalmente messo fine all’embargo commerciale alla Libia, per ricompensarla della rinuncia alle armi di distruzione di massa, ma hanno lasciato in vigore alcune sanzioni legate alle misure anti-terrorismo.
In queste settimane di aperture nei confronti dello Stato nordafricano la diplomazia bulgara ha tentato di sottolineare le gravi violazioni dei diritti umani dei bulgari imprigionati. Tutte le diplomazia europee sembrano convinte del fatto che le 5 infermiere bulgare ed il medico palestinese altro non sarebbero che capri espiatori che il regime di Gheddafi sta dando in pasto all’opinione pubblica per coprire condizioni di igiene drammatiche negli ospedali libici.
Ma la ragion di Stato e gli interessi dei singoli Stati europei nei confronti della Libia sembrano prevalere. In un recente viaggio a Tripoli il cancelliere tedesco Gerard Schroeder si è concentrato quasi esclusivamente sui rapporti economici tra i due Paesi senza nominare nemmeno il caso delle infermiere bulgare e del medico palestinese.
Non molto più attenta alla questione è stata l’Italia, tra i Paesi europei più attivi a spingere per la revoca delle sanzioni nei confronti della Libia senza condizionare questa posizione al rispetto dei diritti umani nel Paese. L’Italia è in questo periodo al fianco della Libia affinché quest’ultima si impegni maggiormente per contrastare l’immigrazione clandestina verso le coste italiane e questa è senza dubbio la priorità.
"Il processo è una questione che riguarda la magistratura" ha dichiarato recentemente al Corriere della Sera il Primo ministro libico Shukri Ghanim "e la politica non interferirà". Il Primo ministro ha poi ribadito che il diritto è stato applicato in modo corretto e che "vi sono più di 400 bambini infettati dal virus dell’AIDS e dei quali 40 sono già morti".
In queste settimane le cinque infermiere bulgare ed il medico palestinese sono sempre più soli.

Vedi anche:
Libia: 5 infermiere bulgare condannate a morte

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