Incontro tra Armenia e Azerbaijan: pochi progressi per il Nagorno Karabakh
Il segretario di Stato americano Antony Blinken ha dichiarato che Armenia e Azerbaijan hanno compiuto ulteriori progressi verso un accordo di pace nei tre giorni di colloqui ospitati a fine giugno dagli Stati uniti, tuttavia non cessano le tensioni nel territorio conteso del Nagorno Karabakh
A inizio giugno a Chisinau, in Moldavia, il primo ministro armeno Nikol Pashinyan aveva annunciato che i ministri degli Esteri armeno e azerbaigiano, Ararat Mirzoyan e Jeyhun Bayramov, si sarebbero incontrati nuovamente ad Arlington, in Virginia, il 12 giugno. Tuttavia, ha avuto luogo solo il 27 giugno l’incontro facilitato dal Segretario di Stato americano Antony Blinken. Baku aveva chiesto un rinvio la settimana prima della visita del presidente turco Recep Tayyip Erdoğan, fresco di rielezione, in programma il 12-13 giugno.
Nonostante il rinvio, inizialmente c’era stata qualche speranza che l’incontro facilitato la scorsa settimana negli Stati uniti potesse portare ad una svolta significativa, arrivando subito dopo l’incontro del mese scorso tra il presidente azerbaigiano Aliyev e il primo ministro armeno Pashinyan al vertice politico europeo di Chisinau. Infatti, l’8 giugno scorso, alti ufficiali armeni in uniforme sono arrivati nella capitale dell’Azerbaijan per una riunione dei comandanti dei servizi di guardia di frontiera della Comunità degli Stati indipendenti.
Tali speranze hanno però avuto vita breve. Il 15 giugno, le forze armene hanno sparato contro un gruppo di soldati azerbaigiani che avevano issato la loro bandiera nazionale ad un’estremità del ponte Hakari che ora ospita il checkpoint di Baku all’inizio del corridoio Lachin, il collegamento strategico tra l’Armenia e ciò che resta dell’ex regione autonoma del Nagorno Karabakh che attraversa il territorio sovrano dell’Azerbaijan temporaneamente e apparentemente sotto il controllo delle forze di pace russe.
Secondo Yerevan i soldati stavano tentando di attraversare il territorio armeno, ma Baku nega. In effetti, il video dell’incidente sembra mostrare che i tentativi di issare la bandiera dell’Azerbajian sono avvenuti sul ponte che Baku ha costruito per deviare il Corridoio Lachin, come da dichiarazione di cessate il fuoco del 2020.
In mancanza di un confine adeguatamente delimitato, tali incidenti sono inevitabili. Eppure, gli attivisti dell’opposizione in Armenia hanno anche criticato Yerevan per aver aperto il fuoco sui soldati azerbaigiani, sostenendo che non sono stati sparati colpi di avvertimento e che l’unico risultato di un simile incidente è stata la chiusura del checkpoint di Lachin e l’imposizione di quello che ora può essere probabilmente considerato un vero e proprio blocco.
Sebbene il 25 giugno il Comitato internazionale della Croce Rossa (CICR) abbia ripreso il trasferimento di pazienti tra Armenia e Karabakh, e siano aumentati anche i voli in elicottero del contingente di mantenimento della pace russo, quest’ultimo sviluppo aveva già esasperato la situazione sempre più vulnerabile in cui si trova Stepanakert. Tuttavia, le fotografie del Segretario di Stato americano Antony Blinken che cammina disinvolto con un vivace Bayramov e Mirzoyan il 27 giugno hanno almeno attenuato tali preoccupazioni.
Durante la notte, però, il peggio doveva ancora venire con gli scontri sulla linea di contatto in Karabakh che hanno provocato la morte di quattro soldati di etnia armena. Le autorità de facto di Stepanakert, ancora contrarie ai negoziati tra Yerevan e Baku, hanno chiesto alle delegazioni armene di abbandonare immediatamente i colloqui. Il governo armeno, tuttavia, ha ignorato tali appelli. Il presidente del Parlamento armeno Alen Simonyan ha chiesto retoricamente quale sia l’alternativa ai negoziati, in un chiaro riferimento alla possibilità di rinnovate ostilità su larga scala in Karabakh o sullo stesso confine tra Armenia e Azerbaijan.
Tuttavia, nonostante ciò, i tre giorni di colloqui non hanno portato a grandi progressi, almeno di pubblico dominio, anche se Blinken ha riconosciuto che le parti hanno raggiunto un accordo su una serie di questioni. Tuttavia, ha ammesso Blinken, le questioni principali rimangono ancora in sospeso, senza tuttavia fornire dettagli.
Si ritiene tuttavia che una di queste questioni riguardi i diritti e la sicurezza della popolazione armena del Karabakh all’interno dell’Azerbaijan.
Il mese scorso, i media russi avevano riferito che gli Stati uniti avevano tentato di "fare pressioni" sulle autorità de facto affinché negoziassero con Baku su un terreno neutrale, cosa confermata questa settimana. Il 2 luglio l’ex ministro de facto della Difesa Samuel Babayan ha criticato la mancata cooperazione del Karabakh in un’intervista a Radio Free Europe/ Radio Liberty’s Armenia Service. Ad ulteriore conferma, in un’intervista del 3 luglio alla televisione pubblica armena, l’ambasciatore degli Stati uniti a Yerevan, Lynn Tracy, ha affermato che Washington "crede e spera" che tali diritti possano essere garantiti all’interno dell’Azerbaijan.
"Penso che tutti capiscano che in alcuni casi più ci si avvicina a raggiungere un accordo, più diventa difficile, perché per definizione le questioni più difficili vengono lasciate alla fine", ha detto Blinken nelle osservazioni trasmesse in diretta. "Ma apprezzo molto lo spirito di schiettezza, apertura, franchezza che tutti hanno mostrato. Questa è la via, in ultima analisi, per raggiungere la comprensione reciproca e poi un accordo".
Questo ha naturalmente incoraggiato gli analisti di Yerevan contrari ad un accordo di pace, che preferirebbero un nuovo status quo piuttosto che un accordo negoziato, dato che nessun attore internazionale vede il futuro del Karabakh come qualcosa di diverso da una parte dell’Azerbaijan. Altri, invece, ritengono che non ci si potesse aspettare molto di più dai colloqui di Arlington, visti più che altro come un ulteriore passo verso il prossimo incontro tra Aliyev e Pashinyan, in programma il 21 luglio a Bruxelles con la facilitazione del presidente del Consiglio europeo Charles Michel.
Nel frattempo, però, Baku scalpita mentre la leadership de facto del Karabakh rimane contraria al dialogo diretto tra le parti. Analisti armeni e azerbaigiani ritengono che, a meno di una svolta o almeno segni di progressi tangibili verso una soluzione negoziata entro la fine dell’anno, Baku potrebbe lanciare un’operazione di "antiterrorismo" contro ciò che considera gruppi armati illegali operanti sul suo territorio.
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