In macerie l’amicizia tra Turchia e Armenia
A Kars nell’estremo est della Turchia, a due passi dalla frontiera armena, sorgeva la Statua dell’Umanità, monumento all’amicizia tra i due Paesi. Ora è stata smantellata e al suo posto forse si ergerà un monumento al formaggio
La Statua dell’Umanità di Kars, che doveva celebrare l’amicizia tra il popolo turco e quello armeno, è stata definitivamente smantellata a maggio, dopo tre anni di polemiche e senza mai essere stata definitivamente completata. Un atto allo stesso tempo concreto e simbolico, che dimostra come il riavvicinamento tra la Turchia e l’Armenia, gridato ai quattro venti dopo l’accordo del 2009 per la riapertura del confine, sia ancora lettera morta.
Kars si trova nell’estremo est della Turchia, a due passi dalla frontiera chiusa. È la città dove il premio Nobel turco Orhan Pamuk ha ambientato «Neve», un romanzo che racconta come lo spirito della Turchia contemporanea sia ancora oggi vittima di pulsioni opposte, una che guarda all’occidente e l’altra che si oppone alla perdita di identità che da questo deriva. A Kars, città dell’est povero, questo dilemma si vive quotidianamente, così come gli effetti della costruzione di un’identità nazionale turca che è sempre stata un nodo spinoso nei rapporti con la vicina Armenia: la frontiera chiusa nel 1993, a sostegno dell’Azerbaijan nella questione del Nagorno-Karabakh, ha significato un impoverimento generale della zona, che viveva di scambi commerciali dei suoi prodotti tipici, come il formaggio.
La Statua dell’Umanità, anche nota come Statua dell’amicizia turco-armena o Statua della pace, era la testimonianza di un movimento trasversale che preme per una riconciliazione con la vicina Armenia, e che va ben oltre la tradizionale contrapposizione tra nazionalisti e progressisti. Il sindaco che approvò il progetto tre anni fa, Naif Alibeyoğlu, era stato eletto nelle fila del partito di Erdoğan, l’AKP; ma la polemica sorta con i nazionalisti ha fatto sì che la sua candidatura non venisse ripresentata per un secondo mandato. Il sindaco successivo, Nevzat Bozkus, anche lui AKP, si è invece schierato per lo smantellamento del monumento.
Il monumento è composto da due statue, due figure umane stilizzate, alte trenta metri, ricavate da imponenti blocchi di marmo. Posta sulla cima di una delle alture che cingono città, la Statua dell’Umanità poteva essere vista anche dall’Armenia, poiché il monumento ideato dall’artista Mehmet Aksoy voleva simboleggiare anche una riconciliazione tra i due popoli dopo il genocidio armeno del 1915.
È proprio questo aspetto che ha fatto infuriare i nazionalisti, che negano il genocidio. E hanno così lanciato una campagna per demolire il monumento, accusato di essere esteticamente brutto e di rappresentare una spesa inutile. I sostenitori dell’iniziativa di Alibeyoğlu hanno invece precisato che la spesa non era eccessiva, e che ad ogni modo stanziare altri fondi per smantellare l’opera significava sprecare altro denaro pubblico.
A gennaio 2011 è intervenuto sulla questione il premier Erdoğan, in visita a Kars. Erdoğan ha definito la statua una “mostruosità”, dichiarando che oltretutto l’opera sorgeva accanto a un santuario islamico e questo era inammissibile. A quel punto il destino del monumento era segnato: a maggio sono cominciati i lavori di smantellamento. Al suo posto dovrebbe sorgere un parco, secondo alcuni membri dell’AKP locale, oppure il monumento sarà rimpiazzato – ironia della sorte – con un monumento al formaggio locale, il Kashar, per il quale Kars è famosa. Quando ha saputo di questa ipotesi, lo scultore Mehmet Aksoy ha ironizzato che è un’iniziativa perfettamente in linea con i dignitari dell’AKP, che “pensano solo a ciò che possono mangiare”.
In molti hanno contestato le dichiarazioni di Erdoğan, tra cui l’ex ministro della cultura Mehmet Ercan Karakaş, che ha dichiarato che la statua non era né strana né brutta, come sostenuto dal Primo ministro. L’ex sindaco Naif Alibeyoğlu, intervistato dalla televisione turca, ha rigirato alle politiche di Erdoğan l’accusa di “mostruosità”. Il monumento all’Umanità, secondo Alibeyoğlu, avrebbe dovuto controbilanciare i due memoriali del genocidio, quello armeno di Yerevan e quello turco di Iğdır – in ricordo di una strage di cittadini ottomani – che raccontano una storia opposta e contraria, in entrambi i casi sorretta dal senso di rivalsa e vendetta. “Abbiamo provato a mandare un messaggio di umanità a questo mondo di militanti contrapposti, che ha smarrito i valori umani”, ha dichiarato Alibeyoğlu. Ora di quel messaggio non restano che le macerie della rimozione.
L’artista Mehmet Aksoy, dal canto suo, ha detto che il gesto di Erdoğan è comparabile a quello dei talebani afgani quando hanno distrutto i due giganteschi Buddha di Bamiyan. “Erdoğan passerà alla storia come il primo leader a distruggere un monumento per la pace”, ha commentato.
Nel frattempo il settimanale tedesco Der Spiegel ha riportato l’iniziativa di Adnan Oral, proprietario di un ristorante nel centro di Berlino, che si è offerto di raccogliere fondi per trasportare l’opera di Aksoy nella capitale tedesca perché venga ricostruita. Intervistato dal settimanale, alla domanda su come sia possibile trasportare privatamente una statua tanto grande, Oral, di origine turca, ha risposto: “Se comparate questo problema al destino del popolo armeno, non è così difficile”.
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