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In fuga dai regimi: Romania, trampolino per i tedeschi dell’est

All’inizio degli anni ’60, una delle missioni degli ufficiali della STASI era quella di sorvegliare i cittadini della Germania dell’est che passavano un lungo periodo di tempo in Romania

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Quando abbiamo lanciato quest’inchiesta su chi tentava di fuggire dal regime comunista in Romania, ci è risultato subito evidente che nelle nostre indagini avremmo dovuto includere non solo cittadini romeni, ma anche cittadini di altri paesi comunisti che attraversavano la Romania nel tentativo di fuggire in Occidente. La maggior parte di loro proveniva dalla Germania dell’est. Quelli che non ce l’hanno fatta sono registrati fra i documenti dei servizi segreti della Repubblica democratica tedesca (STASI) o della Repubblica socialista di Romania (Securitate).

La sorveglianza

All’inizio degli anni ’60, una delle missioni degli ufficiali della STASI era quella di sorvegliare i cittadini della Germania dell’est che passavano un lungo periodo di tempo in Romania, fossero turisti, studenti o professionisti. La STASI aveva l’obiettivo di neutralizzare tutti i tentativi di utilizzare la Romania e la vicina Jugoslavia come passaggio verso l’ovest, spiega il ricercatore Georg Herbstritt.

Fra l’altro, gli informatori della STASI hanno riportato che alcuni cittadini della Germania orientale chiedevano ai cittadini romeni di aiutarli ad attraversare illegalmente la frontiera verso l’Occidente, dalla Jugoslavia o da Istanbul, in Turchia.

Georg Herbstritt, insieme allo scrittore romeno Stejarel Olaru, ha pubblicato un libro molto interessante dal titolo "STASI e Securitate", che approfondisce i rapporti fra le due polizie segrete e conferma il fatto che uno dei maggiori problemi politici della Repubblica democratica tedesca era il desiderio dei suoi cittadini di fuggire in Occidente.

Nei primi 12 anni dalla separazione della Germania, cioè dal 1949 al 1961 (quando fu eretto il muro di Berlino), oltre 2,5 milioni di persone fuggirono da Berlino Ovest nella Germania occidentale. Tuttavia, la costruzione del Muro cambiò tutto per chi voleva fuggire dalla Germania comunista.

Molti lettori hanno chiesto, perché 800 tedeschi dell’est hanno cercato di scappare attraverso la Romania? Non erano già ad un passo dalla Germania occidentale?

Ecco perché

Il muro di Berlino aveva bloccato la via di fuga: era ben custodito e i tentativi di scappare finivano tragicamente. Naturalmente, questo non fermò completamente i tentativi di scavalcare il muro, ma portò le persone a ideare nuove vie di fuga.

Per i tedeschi dell’est la Romania, con il Danubio e il Mar Nero come confini, sembrava una via perfetta. Immaginavano anche che altre frontiere non fossero severamente controllate come le loro.

Si sbagliavano.

I confini della Romania diventarono la zona più insanguinata dell’area comunista dell’Europa dell’Est, vista la grande quantità di cittadini romeni morti mentre tentavano di fuggire dal paese: un numero immensamente superiore a quello delle vittime del muro di Berlino.

Dei circa 800 tedeschi dell’est che cercarono di fuggire attraverso la Romania, solo 250 riuscirono a raggiungere l’Occidente e solo alcuni furono uccisi.

Cooperazione

La IX Divisione della STASI collaborava con la Securitate romena. Quest’ultima inviava tutta la documentazione relativa ai tedeschi dell’est arrestati in Romania e successivamente consegnati allo stato tedesco. Che fossero catturati dalle autorità jugoslave o romene, secondo gli accordi fra gli stati comunisti i disertori dovevano sempre essere rimandati al loro paese d’origine.

Un caso importante

Stefan Appelius, un ricercatore tedesco che studia il rapporto fra la STASI e la Bulgaria comunista, ha trovato documentazione su molti casi di disertori della Germania orientale catturati in Romania.

"La rotta romena come via di fuga dalla Germania orientale era ben nota. Nell’estate del 1981, persino il nipote del vice capo dello STASI, Markus Wolf, 22 anni, cercò di raggiungere l’Europa occidentale attraverso questa rotta. Il giovane studente di medicina finì in carcere, ma questo non fa che dimostrare quanto comune fosse la speranza di trovare una via meno pericolosa verso l’Occidente fra i cittadini dell’Europa orientale, fossero essi romeni, cecoslovacchi, tedeschi dell’est o russi.

Questa speranza si rivelò fatale per molti. Rintracciare tutti i crimini commessi su questo lungo e invisibile muro tra i paesi comunisti è un’impresa molto difficile e richiede molto tempo. Si tratta di valutare i singoli eventi e ricercare i collegamenti diretti fra vittime e colpevoli. Siamo solo all’inizio di questo enorme compito di documentare la fuga dei tedeschi dell’est sul confine occidentale della Romania. Questo anche perché le autorità romene e bulgare hanno punti di vista differenti su come elaborare i dati", afferma Stefan Appelius.

Scontento

Questi ricercatori tedeschi – come del resto noi giornalisti romeni – sollevano un grave problema: "I documenti non vengono correttamente presi in considerazione, ma spesso sono semplicemente ignorati. La burocrazia ostacola ulteriormente l’accesso ai registri, trasformandoli in scogliere irraggiungibili per un ricercatore tedesco. A volte viene negata la stessa esistenza dei documenti, anche se indagini informali dimostrano che sono in archivio".

"Un inviato del governo federale tedesco si recò in Romania e in Bulgaria poco dopo il 1989, per indagare ufficialmente sulla sorte dei cittadini tedeschi dell’est scomparsi o uccisi in questi due paesi. Tornò a mani vuote, con dati irrilevanti che presentavano erroneamente la Romania come non responsabile. È per questo che rimane la necessità di identificare correttamente fatti e documenti. Si può supporre che la corretta valutazione di fatti e documenti in archivio, sia in Romania che in Bulgaria, farebbe luce sul destino di molti giovani tedeschi dell’est uccisi alle frontiere tentando di scappare", spiega Appelius, che si occupa in modo particolare degli attraversamenti illegali dei confini bulgari ad opera dei tedeschi dell’est.

Bulgaria

Non si cercava di fuggire solo dalla Romania comunista. La Bulgaria detiene il record di vittime fra i tedeschi dell’est in fuga.

Si dice che la Germania orientale pagasse lo stato bulgaro per ogni esecuzione al confine dei suoi cittadini che cercavano di fuggire attraverso la Jugoslavia o la Grecia.

Né la Bulgaria né la Romania hanno fornito un resoconto accurato delle persone uccise dalle guardie, sulle loro frontiere, durante il regime comunista.

Gli abitanti del luogo parlano di vittime di molte nazionalità: tedeschi dell’est, polacchi, cecoslovacchi, ungheresi, e anche romeni che cercavano di raggiungere l’Occidente attraverso la rotta Bulgaria-Jugoslavia.

L’archivio della STASI mostra che, per ogni tedesco dell’est che cercava di passare il confine romeno-jugoslavo, otto utilizzavano il confine bulgaro e dieci quello ungherese. All’epoca, il confine bulgaro con la Turchia e la Grecia era fortemente sorvegliato, poiché questi due paesi appartenevano all’area capitalista.

Esca mortale

Al confine, la fine del territorio bulgaro era contrassegnata da cartelli in lingua tedesca: "Achtung Grenzzone!"

A partire dagli anni ’50, la Bulgaria aveva confini ben sorvegliati, con una zona limitata di 15 km di larghezza all’interno del suo territorio. Due chilometri all’interno del confine, era stata eretta una recinzione alta tre metri. Doveva sembrare l’ostacolo finale sulla via della libertà, ma in realtà era uno stratagemma: un cavo elettrico inviava un segnale alla casa delle guardie di frontiera e ai soldati di pattuglia.

Come nel caso della Romania, la maggior parte degli abitanti dei villaggi di frontiera bulgara collaborava con i servizi di intelligence. Come in Romania, la propaganda bulgara dipingeva i disertori come "terroristi e spie occidentali", alimentando una vera e propria psicosi contro di loro.

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