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In avaria

Lo scorso 6 febbraio l’avaria e l’incendio di una nave turca di fronte alla costa istriana. E il rischio di un disastro ecologico. Le autorità croate – denunciano le associazioni ecologiste – erano del tutto impreparate

27/02/2008, Drago Hedl -

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La Croazia non era preparata ad affrontare l’incidente della nave turca "Und Adriyatik", andata in fiamme lo scorso 6 febbraio di fronte alla costa istriana, a 13 miglia a ovest di Rovigno.

Fortunatamente l’avaria della nave turca si è conclusa senza gravi conseguenze ecologiche e senza un considerevole inquinamento del mare. Questo grazie soprattutto alla concomitanza di circostanze favorevoli più che al successo dell’intervento di soccorso. L’impreparazione della Croazia si è mostrata non solo nella mancanza di equipaggiamento e la scarsa preparazione delle squadre dei vigili del fuoco a spegnere incendi in mare aperto, ma anche per l’incredibile ritardo con cui hanno raggiunto il luogo dell’incidente. C’è voluto più di qualche ora dalle prime segnalazioni dell’incidente (l’incendio è scoppiato attorno alle 4 di mattina del 6 febbraio) perché le prime unità di soccorso arrivassero dalla Croazia. Per giorni si è tenuto nascosto che un aereo dlla guardia costiera italiana, qualche ora prima che la segnalazione arrivasse alla guardia costiera croata, era già informato dell’avaria della nave turca.

Tale sconcertante valutazione, del tutto diversa da quelle rilasciate dalle autorità croate sull’avaria della "Und Adriyatika", è stata resa nota dall’organizzazione non governativa "Eko-Kvarner". Il suo presidente, Vjeran Piršić, ha scritto una lettera aperta al premier croato Ivo Sanader, in quanto ritiene che la Croazia deve essere decisamente più preparata per poter affrontare tali avarie marittime nell’Adriatico. Questa volta si è trattato di una nave turca di 193 metri proveniente da Istanbul e diretta a Trieste che trasportava 200 camion, due tonnellate di fiammiferi e alcune tonnellate di lubrificante, e nei cui serbatoi vi erano circa 800 tonnellate di combustibile; l’episodio è avvenuto al confine tra le acque territoriali croate e la zona ittico-ecologica di protezione (ZERP).

Le autorità croate hanno voluto usare questo dato per confermare l’importanza di una decisione sulla ZERP. Così il giorno successivo all’incidente, mentre la barca ancora bruciava a poca distanza dalla costa, il ministro per il Mare e il Traffico Božidar Kalmeta ha dichiarato: "Questa volta abbiamo dimostrato di saper controllare la zona ittico-ecologica di protezione. La nave è ancorata e abbiamo adottato le misure necessarie. Il proprietario verrà risarcito. Nel caso di inquinamento ecologico, ma speriamo che così non sia, la Croazia si farà carico anche di questo".

Le autorità hanno subito rigettato le affermazioni sul fatto che siano state necessarie sette ore prima che si chiamassero in aiuto i rimorchiatori. Secondo le spiegazioni di Branko Bačić, segretario al ministero per il Mare e il Traffico, dal momento in cui alle 5,04 è arrivata la richiesta di aiuto inviata dalla nave turca, la Centrale nazionale per il recupero e le ricerche in mare alle 5,25 aveva già trasmesso l’informazione a tutti i rimorchiatori e al Servizio navale pubblico (JPS), l’unico in Croazia equipaggiato per questo tipo di interventi. La prima nave da rimorchio ha raggiunto la nave turca alle 7,45, e alle 8,15 è uscito dal porto anche il rimorchiatore, che alle 10,20 era sul posto per domare le fiamme. A causa delle condizioni metereologiche, l’aereo è potuto intervenire per spegnere il fuoco solo alle 12,15. Due navi rimorchio del Servizio navale pubblico hanno ricevuto la richiesta alle 11 e sono arrivate da Fiume alle 18,45.

Rappresentanti dell’impresa Servizio navale adriatico, che hanno inviato tre delle loro navi per domare l’incendio, affermano che al Comando di intervento della regione istriana hanno valutato per ore se chiamare le navi da rimorchio italiane o croate, fino a decidersi per quelle croate, ma solo alle 11,42. Si è constatato anche in tutta la Croazia non è stato possibile trovare 2 km di eco- boe con cui si sarebbe dovuto circondare la nave per prevenire l’inquinamento in caso di fuoriuscita di nafta.

Le associazioni ecologiche che costantemente mettono in guardia su possibili avarie nell’Adriatico, viste le centinaia di navi che vi navigano quotidianamente e le 1800 navi cisterna che ogni anno approdano nei porti croati, sostengono che la Croazia non è preparata ad intervenire in simili incidenti, tantomeno se una tale avaria avesse conseguenze imprevedibili.

Gli esperti fanno notare che la Croazia, invece di insistere sull’approvazione della ZERP, a causa della quale è entrata in serio conflitto con Bruxelles al punto di vedersi bloccare i negoziati di adesione all’Unione Europea, dovrebbe insistere sulla protezione ecologica dell’Adriatico e sul proprio equipaggiamento per situazioni come quella della nave turca Und Adriyatik. Per questo, affermano, potrebbe ottenere significativi finanziamenti da parte dell’UE.

Una simile constatazione, mentre la nave turca ormai fuori pericolo era pronta per essere trainata dai rimorchiatori nel porto italiano di Trieste, è stata rilasciata anche dal presidente croato Stjepan Mesić. Questi ha dichiarato che l’insistenza di Zagabria per l’approvazione della zona ittico-ecologica di protezione ZERP potrebbe avere delle "conseguenze rovinose" per la prospettiva europea della Croazia.

"Non si tratta della parte ecologica della ZERP, questa parte può continuare a funzionare", ha detto Mesić. "Riguardo alla pesca, è nostra regolamentazione vedere se e a chi applicare la ZERP. Possiamo impegnarci su questo punto oppure diremo: approveremo la ZERP così com’è e dell’UE non ci interessa".

Così, l’avaria della nave turca a poca distanza dalle coste croate ha aperto una polemica non soltanto sulla preparazione del paese ad affrontare possibili incidenti ecologici, ma anche su quanto sia intelligente l’insistere di Zagabria sull’approvazione della zona ittico-ecologica, quando è evidente che le possibilità che la ZERP venga approvata sono davvero limitate.

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